Strage Erba, di nuovo in aula: dalle liti al delitto si ripercorre il ‘film dell’orrore’

Nell'aula del Tribunale di Milano si celebra la seconda udienza del processo d'Appello per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006.
News Nazionali

Milano, 19 marzo (Adnkronos) – Dalle liti fino alla strage. Così nell'aula del Tribunale di Milano, dove si celebra la seconda udienza del processo d'Appello per la strage di Erba, l'accusa sta ripercorrendo tutti i contrasti che hanno portato alla strage dell'11 dicembre 2006 quando, sotto i colpi di spranghe e coltelli, morirono Raffaella Castagna, il figlio Youssef, di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Si salvò, solo perché creduto morto, il marito Mario Frigerio, super testimone del processo di primo grado che ha portato l'ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi.

Il procuratore generale Nunzia Gatto è partita dalle prime querele tra la famiglia Castagna e i coniugi Romano fino alla citazione davanti al giudice di pace fissata due giorni dopo la strage. In aula l'accusa ha mostrato le foto della 'palazzina del ghiaccio' di via Diaz in cui è avvenuto il delitto, sui video sono andate in onda le foto degli appartamenti ormai macchiati di sangue mentre sono state oscurate le immagini con i corpi delle vittime. Tensione e dolore sui visi dei famigliari delle vittime, mentre Olindo e Rosa non hanno mostrato apparentemente nessuna reazione.

L'accusa è ripartita dalla sera dell'11 dicembre 2006 quando, pochi minuti prima delle 20, avviene il quadruplice omicidio e poi arrivano i primi soccorritori che si trovano "in un film dell'orrore" spiega il procuratore Gatto. C'è spazio anche per ricostruire tutta la dinamica dell'aggressione e la morte del piccolo Youssef e la sua "manina tenera che ha colpi da difesa. Questo bambino -sottolinea l'accusa- ha tentato di difendersi". Youssef è morto "perché piangeva perché -racconterà Rosa nella sua confessione- dava fastidio e aumentava il mal di testa".

Poi, in aula vengono escluse tutte le piste alternative e tutte le vie di fuga: dai tetti, al terrazzino della famiglia Castagna non c'è una sola impronta che porti fuori dalla corte di via Diaz. Il sangue resta all'interno della corte e porta fino "alla lavanderia dei coniugi Romano che dista trenta passi dall'uscita dalla 'palazzina del ghiaccio'". Per l'intera mattinata l'accusa continuerà a rispondere, colpo su colpo, ai motivi d'appello della diesa, poi la parola passerà alle parti civili.

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