Roma, 25 nov. – (Adnkronos) – L’Unione europea ha commesso ‘un grande errore di valutazione’ a non coinvolgere la Russia nel processo di associazione dell’Ucraina che avrebbe dovuto essere sottoscritto a Vilnius nei prossimi giorni. ‘In questa situazione, nessuno si è posto il problema di avviare consultazioni con Mosca, certo non sul diritto dell’Ucraina a firmare questo o un altro accordo -è un paese sovrano e può fare ciò che vuole- ma sulle conseguenze economiche della firma, in Ucraina e probabilmente anche per la Russia’, ha spiegato in una intervista all’Adnkronos, Konstantin Kosachev, il responsabile della Rossotrudnichestvo, l’agenzia russa da cui dipendono gli affari della Csi e gli istituti di cultura all’estero, e che cura il nuovo sforzo di Mosca per promuovere il ‘soft power’ all’estero.
‘La nostra valutazione è che l’economia dell’Ucraina è troppo debole per competere con quella dell’Ue. Ma se Kiev raggiunge conclusioni differenti, noi le rispetteremo. Tutti però devono capire che se l’accordo viene firmato, accadranno una serie di cose: non si tratta di hard power, di pressioni, è solo economia e la necessità di proteggere i nostri interessi come fanno tutti’, ha aggiunto, ricordando che ‘la Russia ha un accordo i libero scambio con l’Ucraina, e questo significa che non abbiamo dogana e su quasi tutti i prodotti non viene applicato alcun dazio, e che quando i beni dell’Ue entreranno in Ucraina i prodotti ucraini, che non andranno certo nei paesi europei, inizieranno a essere esportati in Russia a danno dei nostri produttori’.
‘Abbiamo spiegato a Kiev che il problema non è politico ma economico: se aprono i loro confini all’Ue, noi dobbiamo chiudere i nostri. Loro hanno capito che la questione doveva essere riconsiderata. Non so cosa accadrà in futuro, ma il fatto è che hanno deciso di prendere una pausa per fare i conti che non avevano fatto fino a ora’, sottolinea.
In ogni caso, sono proprio i paesi della Comunità degli stati indipendenti, come l’Ucraina, a cui è diretto in via ‘prioritaria’ il nuovo impegno di soft power della Russia. Da qui a tre anni, sugli undici nuovi centri di cultura che Mosca aprirà all’estero, altri nove lo saranno nei paesi dell’estero vicino, gli altri due in Turchia e in Romania, spiega Kosachev. Già in tutti i paesi ex sovietici, eccetto i Baltici, Georgia e Turkmenistan, c’è un centro di cultura, in Ucraina tre, in Kazakhstan due.
Quest’anno verrà aperto un secondo centro di cultura in Bielorussia, e un altro, il terzo, in Kazakhstan. Il prossimo anno, un altro ancora in Ucraina e poi altri due in Azerbaigian e in Armenia. E poi, l’anno successivo, un altro in Tagikistan e un altro in Kirghizistan, spiega Kosachev, alla cui agenzia il Cremlino ha deciso di quintuplicare i fondi da qui al 2020, anche se, come ha precisato oggi da Roma, dove ha preso parte insieme al ministro degli esteri Sergei Lavrov al forum di dialogo italo russo organizzato alla Farnesina, queste promesse e la volontà politica che sicuramente esiste poi dovranno fare i conti con i vincoli del bilancio russo.
‘Si tratta più di una ripensamento del nostro approccio’, ha detto, anticipando la definizione entro l’anno di una strategia complessiva. ‘Ma lo strumento del soft power è oramai diventato uno strumento essenziale della politica estera russa’, afferma.