Si è tenuto ieri, 5 luglio, alla Skyway Monte Bianco il convegno “Edilizia, mobilità e sviluppo nel Nord Ovest”, che tra i molti temi sul tavolo non poteva non menzionare i lavori di risanamento della volta previsti per il Traforo del Monte Bianco, in partenza con una prima chiusura dal 4 settembre al 18 dicembre 2023. Hanno aperto i lavori Laurent Visini, presidente Sezione Edile Confindustria Valle d’Aosta, e il presidente della Regione Renzo Testolin, seguiti da relatori di spicco tra cui il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Edoardo Rixi e la neoeletta presidente Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Federica Brancaccio.
Ad emergere dagli interventi è stato il sostanziale accordo degli enti e delle istituzioni rappresentate sulla necessità di puntare sullo sviluppo edile e infrastrutturale del Nord Ovest e, per quanto riguarda il Traforo Monte Bianco, di spingere il lato francese ad un accordo per la realizzazione della seconda canna tanto dibattuta. “L’analisi dei costi e dei benefici del raddoppio la facciamo in 5 minuti”, ha declamato Rixi, “il problema vero è politico. Vorrei far capire che non vogliamo imporre nulla ai francesi, ma vogliamo trovare una sinergia di gestione dell’arco alpino occidentale. Bisogna capire le necessità del lato francese, però quello che è inspiegabile è pensare di lavorare 18 anni sul tunnel creando un disagio enorme per poi trovare lo stesso prodotto, con il rischio che veicoli come i camion elettrici o a idrogeno non potranno neanche utilizzarlo”. Ha riecheggiato Brancaccio: “Mi pare che qui si è tutti d’accordo: il problema si sposta sul piano delle relazioni internazionali”.
I saluti istituzionali
Invitati dalla moderatrice Filomena Greco, giornalista del Sole 24 Ore, a guardare al futuro del Nord Ovest dal punto di vista della mobilità, dell’edilizia e delle infrastrutture, i primi due ospiti hanno fatto il punto della situazione regionale e italiana su questi temi. “L’edilizia è ancora in una fase positiva di mercato”, ha introdotto Visini, “arriviamo da un periodo di crescita grazie al Superbonus e stiamo procedendo con il Pnrr in tempi stretti. Il grande problema di adesso è come mantenere la stabilità del settore dopo questa abbuffata, soprattutto vista la mancanza di persone che lavorano in campo edilizio: abbiamo passato anni in cui si sfioravano le 4000 persone, ora ne contiamo solo 2200”.
Ricollegandosi a questi temi, il presidente della Regione Testolin ha sottolineato l’impegno dell’amministrazione regionale nel pensare al dopo 110 e Pnrr, per creare dei presupposti di rilancio dell’efficientamento energetico. Su quello che ha definito “l’elefante nella stanza”, Testolin è stato chiaro: “Abbiamo lavorato per trasmettere la necessità di questa via di comunicazione e di avere un raddoppio. La chiusura del Traforo ci preoccupa e ci preoccupa anche che non possa essere concluso il discorso del tunnel del Gran San Bernardo. Sono contento della presenza del viceministro che ieri ha fatto dei sopralluoghi al Gran San Bernardo, cosa che indica che almeno per quanto riguarda la transfrontalierità con il versante svizzero non si deve temporeggiare per poter avere un allungamento delle concessioni”.
Gli scenari futuri dell’edilizia e delle infrastrutture del Nord Ovest
Sono seguite tre relazioni tecniche che hanno fornito ai presenti alcuni dati sulla situazione nazionale e nordoccidentale riguardo ai temi del convegno.
Flavio Monosilio ha presentato i risultati di analisi svolte dalla Direzione Affari Economici, Finanza e Centro Studi Ance sull’andamento del settore edilizio nelle varie regioni italiane durante gli ultimi due anni. Monosilio ha mostrato come dopo l’anno della pandemia è seguito un rimbalzo che in regioni come il Piemonte è stato molto importante: “Questo dinamismo si spiega anche con l’ottimo comportamento degli investimenti in costruzioni, che hanno rappresentato 1/3 della crescita del PIL”. Si tratta ora di guardare al futuro per continuare questo stato di salute, nonostante la società italiana sia in profondo cambiamento: “La demografia penalizza il paese e il settore: le giovani coppie erano il bacino principale di clientela per le imprese di costruzione”.
Cristina Manara ha quindi presentato il Rapporto Oti, elaborato dall’Osservatorio Territoriale Infrastrutture, che monitora anno dopo anno lo stato di avanzamento delle grandi opere infrastrutturali. Anche da parte sua uno sguardo al futuro: “Il fatto che entro 10 anni verrano completate 52 opere in Italia ci deve mettere in senso positivo in allarme per preparare il sistema logistico e lavorare nei tempi per capire lo stato dell’arte, in modo che sia adeguato agli standard europei e con infrastrutture davvero competitive a livello globale”.
Giancarlo Bertalero, dell’Alpine Traffic Observatory, ha quindi condotto il pubblico in un viaggio attraverso i principali valichi e tunnel europei. “La Svizzera e l’Austria sono immerse nelle Alpi e hanno per questo una politica di difesa diversa dalla politica italiana, francese e di altri paesi europei, che hanno le Alpi come unico confine terrestre e hanno quindi bisogno di tunnel e valichi permeabili e fluidi”. Bertalero ha fatto notare come “tutti i tunnel o hanno raddoppiato o sono in fase di raddoppio, solo ed esclusivamente per motivi di sicurezza. Nel 1999, l’anno dell’incidente del Traforo Monte Bianco, il Tauern ha avuto lo stesso incidente e ha deciso di raddoppiare”.
La tavola rotonda
Nel suo intervento, il viceministro Rixi ha elencato i diversi argomenti a sostegno del raddoppio: “La direttiva 2004/54/CE del Parlamento Europeo è nata dopo l’incidente del Traforo del Monte Bianco e ha costretto tutti i paesi europei a modificare le gallerie. Paradossalmente ora abbiamo difficoltà a trovare accordi stabili con il lato francese sul tema della seconda canna. Con questa non si vogliono aumentare i volumi: il tunnel deve avere volumi stabili, non si può prevedere un aumento dei mezzi pesanti, ma occorre adeguare le caratteristiche del tunnel, innanzitutto per dividere i flussi di traffico ed evitare frontali in galleria, cosa che mantenendo una sola canna non possiamo escludere”.
“Poi – ha aggiunto – perché con la transizione energetica avremo sempre più camion elettrici e ad idrogeno, la cui percorrenza nell’attuale tunnel è impossibile. Poi oggi si formano code sia sul versante valdostano sia a Chamonix: un’ora e mezza di coda in inverno fa sì che i motori accessi emettano emissioni. In un momento in cui puntiamo alla transizione energetica e a un cambio di paradigma nel trasporto, l’unico tunnel interamente europeo che non verrebbe adeguato è proprio il Traforo del Monte Bianco, da dove era partito tutto il problema della sicurezza. Lavorare 18 anni per riavere lo stesso prodotto di adesso senza alcun miglioramento di trasporto e di sicurezza pre-incidente non avrebbe senso e anche dal punto di vista economico sarebbe più oneroso. Ne stiamo discutendo con la Francia, speriamo da qua a settembre di risolvere”.
Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, che non ha potuto partecipare al convegno per motivi di lavoro, ha fatto eco alle parole di Rixi in un videomessaggio: “La chiusura del Traforo sarà un danno per l’economia del Nord Ovest e dell’intera Italia. Dobbiamo lavorare perché ci sia un ripensamento e una modifica dei tempi”.
Mirko Nanni, amministratore delegato Sitmb (Società Italiana del Tunnel del Monte Bianco), ha sottolineato la complessità di un’infrastruttura che richiede un amalgama di norme, dal momento che è gestita da una concessionaria francese e una italiana. Dopo aver descritto alcuni dettagli dei lavori di manutenzione previsti, anche Nanni ha perorato la causa della seconda canna: “Attualmente in Valle il pensiero di avere disponibile o in rampa di partenza una seconda canna significa poter rivedere il piano di rinnovamento del traforo, che potrebbe procedere nella manutenzione straordinaria e ordinaria e spostare verso la doppia canna il traffico. La seconda canna non vuol dire però un aumento del traffico circolante: la Torino-Lione, in apertura nel 2032, dovrebbe assorbire il 20% del circolante attraverso il Monte Bianco. Quello di rischiare di aumentare traffico è un falso problema”.
Si è tornati al settore delle costruzioni con la presidente ANCE Piemonte Valle d’Aosta Paola Malabaila, che ha evidenziato la necessità di nuovi fondi per il settore delle costruzioni per poter applicare le direttive Green: “Noi dovremo evolverci, ma per farlo dovremo avere l’aiuto dello Stato. Non è semplice chiedere ai condomini spese di riqualificazione energetica, tanto è vero che gli incentivi del Superbonus hanno facilitato gli interventi. Diversamente, questo grande piano di riqualificazione energetica verrebbe meno o sarebbe ridotto. Poi abbiamo un patrimonio immobiliare complicato, fatto spesso di palazzi storici su cui mancano ancora le autorizzazioni per intervenire”.
Il presidente Fédération BTP – Savoie David Gandaubert ha delineato la situazione francese del settore delle imprese: “Per ora tutto va bene, siamo usciti dal Covid, dalla crisi dei materiali e dall’aumento dei costi di costruzione. Siamo in una regione che ha una congiuntura migliore del resto della Francia: l’economia della Savoie è buona e la demografia è positiva. Per ora quindi tutto va bene, ma vediamo che la crisi è davanti a noi: gli aiuti fiscali per sviluppare le costruzioni potranno fermarsi, dobbiamo avere visibilità per investire ma ad oggi non ce l’abbiamo”. Sulla Torino-Lione, Gandaubert ha fatto notare che gli oppositori che manifestano contro i cantieri non provengono dalla Savoia, dove l’80% della popolazione è a favore del tunnel, ma sono esterni e ostili al progresso: “Non ha alcuna logica. Il tunnel è un’evidenza, bisogna finirlo e adesso le cose stanno rientrando in ordine”.
L’importanza di lavorare insieme è stata sottolineata dall’assessore Opere pubbliche e infrastrutture della Regione Piemonte Marco Gabusi: “Se la logistica sta rendendo il Piemonte centrale è per scelte importanti, non del Piemonte ma dell’Europa e dell’Italia, di cui stiamo vedendo ora gli sviluppi. Queste infrastrutture da sole sono inutili, bisogna lavorare insieme con le regioni confinanti”. L’intervento di Emanuele Ferraloro, Presidente Ance Liguria, ha dato invece speranza di successo anche in momenti di crisi: “Genova si è presa una medaglia di disonore con il crollo del Ponte Morandi. I danni sono stati ingenti soprattutto per il porto, con una perdita di circa 1 miliardo e mezzo di euro nei due anni di chiusura. In tempi quasi record però siamo riusciti a ricostruire l’infrastruttura, cosa che ci insegna che quando vogliamo le cose le sappiamo fare”.
È tornato al Traforo il presidente di Confindustria Valle d’Aosta Francesco Turcato: “La chiusura non riguarda solo la Valle d’Aosta ma tutte le regioni limitrofe e addirittura tutta l’Italia. Noi come Confindustria abbiamo voluto portare attenzione già un anno fa a una problematica che allora non era ben compresa. La realtà dei fatti di oggi è che il Traforo chiuderà. Noi spingemmo per la seconda canna e adesso continuiamo a non essere smentiti su questa soluzione. Abbiamo aperto un ufficio a Bruxelles sulla tematica: l’idea è di continuare quanto fatto, portando la discussione a livelli extra nazionali”.
Dopo un commento sul Traforo, Federico Brancaccio, primo Presidente nazionale Ance in visita in Valle d’Aosta, ha concluso i lavori soffermandosi sulle prospettive future del settore edilizio. “Abbiamo dichiarato ovunque che il Superbonus apparteneva a una stagione emergenziale per dare uno shock positivo al paese, ma nessuno di noi ha mai pensato di avere a vita quel tipo di misura. Adesso bisogna lavorare a nuove proposte e creare un tavolo di tecnici senza ingerenze politiche in modo da dare una mano al governo per stabilire quanto vuole stanziare nella riqualificazione energetica. Bisogna dire che il Superbonus ha davvero sostenuto il paese e fatto ripartire il nostro settore che era già devastato e non so come avrebbe affrontato altrimenti la crisi”.
Un invito generale a guardare al futuro, dunque, come quello rivolto in chiusura da Rixi: “Cosa è mancato negli scorsi dieci anni? Perché non si è fatto come il Frejus? Non bisogna guardare al passato ma al futuro, a cosa dobbiamo fare adesso”.