La colonna sonora è di quelle fastidiose: un martello pneumatico in un cantiere del Municipio di Aosta accompagna, nell'atmosfera rétro del Caffè Nazionale, il cantiere dell'ALPE. Guido Dondeynaz non è scaramantico, perché si presenta alla "prima" in gilet e cravatta viola. O forse vuole dare omaggio alle proteste del web e al "popolo del No B. day".
ALPE vedrà la luce sabato 27 febbraio, e come formazione autonomista, riformista e ambientalista vuole crearsi spazio nel centro-sinistra, iniziando dalla fusione tra Renouvau Valdôtain, Vallée d'Aoste Vive e Verdi alternativi, e puntando ad aprirsi alla società. Per questo motivo, oltre a molti fuoriusciti dal PD, cercherà di coinvolgere nel suo primo anno di vita persone estranee ai partiti, «per far loro verificare con mano se il nostro progetto è realmente diverso, se è davvero un soggetto nuovo e non la somma di tre partiti, come è successo in passato», spiega Dondeynaz. Il congresso fondativo sarà quindi tra dodici mesi.
Un cantiere aperto, per zittire gli scettici: ALPE, secondo i promotori, non sarà la solita minestra riscaldata, né tantomeno la proverbiale pappa pronta. «In questi mesi abbiamo creato un quadro in cui muoverci, ora lavoreremo agli incarichi interni e ai progetti concreti».
Il quadro, come nei migliori auspici, è variopinto. In sala si vede la tecnologia – nessuna cartella stampa, ma moderne chiavette USB – e c'è "Il fatto quotidiano" di Padellaro e Travaglio. Fuori, c'è una campagna di pubblicità virale non piaciuta al Palazzo, tanto che il Presidente della Regione – mai nominato dai presenti con nom et prénom – ha intimato e diffidato ALPE dall'uso politico della Carte Vallée sui propri cartelloni, il cui slogan era "Una Valle cattiva con i buoni".
«L'autonomia va riempita di partecipazione»: nell'anno zero dell'ALPE è la società civile, che al tavolo dei portavoce assume la forma e il volto di Piero Floris, a dettare tempi e temi del nuovo soggetto politico. Di nomi e di alleanze è presto per parlare, l'unica certezza saranno le primarie, a metà aprile: «Sono uno strumento del PD, le prendiamo a prestito da loro – spiega Gianpaolo Fedi, coordinatore uscente dei Verdi – quelle del PD sono le persone più vicine a noi politicamente, e ci piacerebbe molto riuscire a collaborare».
Il galletto del simbolo, è quello ormai noto: ha accompagnato gli elettori sulla scheda elettorale alle politiche 2006 e 2008 e delle europee 2009, e l'obiettivo è di sfruttare l'attesa di cambiamento che, in una parte dell'elettorato, trasmette. Questa volta però il galletto è girato: «Dà le spalle alla destra e guarda a sinistra», spiega Dondeynaz. A guardare il simbolo, sembrerebbe il contrario, ma i cinque portavoce spiegano che bisogna dargli le spalle. «Speriamo di non fare la fine dei segnavento sui tetti, che girano in base all'aria che tira», ironizzano in sala.