“Tra sicurezza e immigrazione si può leggere un nuovo modello di Stato, una democrazia moderna non può non fondarsi sul rapporto tra l'istituzione centrale e quelle locali, ovvero i sindaci”. Così ha aperto il suo intervento stamane, a Palazzo regionale, il Ministro dell'Interno Marco Minniti, per l'ultimo giorno della Scuola per la Democrazia. Un discorso lungo e articolato rivolto ai giovani amministratori provenienti da tutta Italia che, per tre giorni, hanno lavorato e si sono confrontati all'interno della nona edizione dell'evento formativo organizzato dal Consiglio regionale e da 'Italiadecide' di Luciano Violante.
Sicurezza, immigrazione, e una panoramica internazionale. Questi i temi toccati dal Ministro nel suo intervento: “Il punto cruciale – ha spiegato Minniti – non è 'aprire' o 'chiudere' ma 'governare' i fenomeni migratori e non inseguirli, l'unica cosa che può fare una democrazia. Bisogna separare nettamente le parole emergenza e immigrazione, affrontarla il fenomeno in termini emergenziali è un errore catastrofico. È un fenomeno strutturale, non emergenziale e che va affrontato. Su questo si gioca la differenza tra riformismo e populismo”.
Snodo su cui Minniti si concentra è la Libia, e qui il Ministro si lega al “tema” dell'incontro, ovvero all'importanza degli amministratori locali: “Il 95% dei flussi arrivati dall'Africa sono passati dalla Libia, e non c'è un libico tra loro, è un classico paese di transito e ci dice cos'è il traffico di esseri umani. In questi mesi vediamo una diminuzione dei flussi, ed in questo è stato fondamentale il patto con il governo libico con due obiettivi: governare la frontiera marittima, e siamo intervenuti per rafforzare guardia costiera libica che ha salvato più di 16mila persone e alla quale abbiamo fornito motovedette e formazione. Poi abbiamo avuto un incontro con 14 sindaci delle principali città della Libia interessate dal traffico degli umani. Loro ci hanno detto che questa, purtroppo, è stata per un po' di tempo l'unica 'industria' in Libia che ha funzionato. Serviva quindi sviluppare, aprire della attività ed avere della 'buona moneta' che scaccia quella 'cattiva'”.
La chiave duplice, per Minniti, è quella dell'accoglienza “diffusa” e dell'integrazione: “L'accoglienza diffusa è l'unico modello che lega due diritti: quelli di chi accoglie e quelli di chi è accolto. È fondamentale ascoltarli entrambi, e nell'equilibrio tra i due c'è il cuore di una democrazia. L'accoglienza diffusa serve per superare i grandi centri di accoglienza che non sono la 'via maestra' per l'integrazione. Il mio obiettivo è questo, arrivare all'accoglienza diffusa sul territorio e chiudere i grandi centri”.
E, sull'integrazione: “Su questo tema – spiega ancora Minniti – si giocherà il futuro delle comunità del mondo nei prossimi 15 anni. Il paese che integra meglio è quello che costruisce un futuro più sicuro, basta guardare l'Europa degli ultimi due anni: gli attacchi terroristici non sono stati compiuti da chi viene dalla Siria o dall'Iraq, ma dai figli di una mancata o non giusta integrazione. Noi abbiamo siglato un patto con le maggiori associazioni che rappresentano l'Islam italiano, spiegando che la base è quella dei valori costituzionali che dicono che loro sono italiani e musulmani. Un atto strategico fondamentale, perché porta al reciproco riconoscimento che non avviene per un'imposizione di legge e che chiede loro quattro impegni: che le moschee siano luoghi pubblici e aperti, che per ogni moschea sia noto il nome dell'imàm che officia le funzioni, che i sermoni si facciano in italiano e che i finanziamenti, italiani ed esteri, per una nuova moschea siano resi pubblici”.