La crociata a difesa del crocifisso impegna per oltre tre ore i consiglieri di Aosta

Il crocifisso torna a scaldare l'aula del consiglio di Aosta. Ieri, mercoledì 25, il piano regolatore è stato approvato in 35 minuti, la mozione per il crocifisso è stata dibattuta per più di tre ore, tra parolacce e insulti che volavano nell'aula.
Il consiglio comunale di Aosta
Politica

La cristianità finalmente è salva e può tirare un sospiro di sollievo. E' andata a buon fine la "crociata" del consiglio comunale aostano in difesa di un simbolo di "solidarietà e fratellanza" quale è il crocifisso. Molti non l'avevano capito, forse la loro attenzione era stata distolta da mille piccole quisquiglie, come il fatto di vedere i negozi che chiudono o gli operai della Cogne e di molte altre industrie valdostane costretti alla cassa integrazione. insomma distratti dalla crisi globale.

Ma meno male che gli eletti aostani sono intervenuti, riportando chiarezza nelle priorità dell'attuale consiglio comunale del capoluogo. Prima il crocifisso, poi, se c'è tempo, gli altri problemi. A sostegno di questa tesi, tra l'ironico, il provocatorio e l'allibito, ci sono gli orari, ovvero la tempistica: 35 i minuti che l'assemblea ha dedicato alla discussione del piano regolatore della città, 3 ore e 15 minuti alla mozione con la quale il consiglio invita scuole e comunità a promuovere la presenza del crocifisso. Si è iniziato a dibattere il tema alle 9 e 15 minuti per arrivare alla votazione alle 24 e 35. Questione di priorità. Il problema di Aosta è il crocifisso, ora lo sanno tutti.

Raccontare il consiglio comunale di Aosta a chi non lo segue non è mai facile, e in particolare non è facile raccontare l'ultimo consiglio. La campagna elettorale la fa ormai da padrona. Ma forse c'è un modo per fare intuire al grande pubblico come si svolge un consiglio aostano. C'è uno spettacolo conosciuto e amato da molti, in scena proprio in questi giorni: lo Charaban, spettacolo in patois che mette in ridicolo vizi e virtù dei valdostani. L'unica differenza sta nel biglietto, assai più salato quello del consiglio, molto più amara la risata.

La mozione del crocifisso ha avuto qualche lato positivo. In primis ha fatto sentire ai presenti la voce di molti consiglieri che non intervengono quasi mai. Tutti avevano un'opinione in merito, tutti un'esperienza da raccontare. Il piano regolatore è tema assai meno appassionante. I tecnici ci lavorano da quattro anni e mezzo, in gioco c'è il futuro della città. Ma è un argomento ostico, bisogna studiare. Liquidato in 35 minuti.
Il crocifisso invece ha scaldato gli animi.

Se quasi tutti si sono trovati d'accordo sul fulcro della mozione, i dissapori sono nati in seguito a un comportamento del presidente del consiglio, Renato Favre, che, accortosi della mancanza del crocefisso in aula ha deciso di recuperare quello della vecchia aula e appenderlo, senza consultare nessuno, prima ancora che si discutesse la mozione. Tonino Zafettieri (Pd) a proposito ha parlato di "situazioni di dispotismo che non portano da nessuna parte". Iris Morandi (AostaViva) è per la laicità dello stato e si è chiesta "per conto di chi e a nome di chi qualcuno si è arrampicato sin lì per affiggere il crocefisso. C'è un padrone di quest'aula? Se c'è batta un colpo". Enrico Bich (Pd) ha denunciato una "bieca strumentalizzazione del crocifisso e l'atto di violenza fatto ieri in consiglio (l'affissione a insaputa di tutti del crocifisso ndr). Certo questo è pochissima cosa rispetto alla caccia all'immigrato nella cattolicissima Brianza".

Ettore Viérin è invece sceso in campo in difesa del presidente Favre tanto che i maligni parlano di un asse sempre più evidente fra i due. "Presidente – ha detto rivolgendosi a Mario Vietti, che presiedeva in quel momento l'assemblea – pensavo di essere io l'artefice delle tensioni in quest'aula ma ho sentito il vicesindaco dire ‘fascista, sarebbe da sputargli in faccia' rivolgendosi a Favre". Vietti conferma di aver sentito le imprecazioni, ma non sa a chi si riferisse Guglielminotti Gaiet, che da parte sua, dice che non ce l'aveva con nessuno in particolare. Come alle elementari, "professore, lui ha detto una parolaccia".

L'autonoma decisione di posizionare il crocifisso in aula è stata vista come provocazione in modo quasi trasversale, tanto che Ezio Riccio, capogruppo dell'Union (uno dei firmatari della mozione) ha lasciato l'aula prima della votazione. Favre è infine intervenuto "presidente è vero che il vicesindaco ha detto quelle cose" ha chiesto a Vietti, per poi chiamare in causa gli articoli 49 e 41 del regolamento dove si parla di offesa personale e insulti. Alle 24.35 la votazione, la mozione è passata. Solo sei i voti contrari. Il crocifisso è salvo.

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