Confidi Cts può tirare un sospiro di sollievo. Non dovrà, infatti, restituire all’Amministrazione regionale i 5,7 milioni di euro di contributi regionali accantonati e non utilizzati. O almeno, non dovrà restituire quelli effettivamente utilizzati per sostenere le piccole e medie imprese locali.
Il punto a capo sulla vicenda lo metto oggi la Corte Costituzionale nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 10-bis, della legge regionale 2/2010, che prevede la restituzione dei fondi rischi in caso di fusione tra i Consorzi garanzia fidi con Confidi operanti o aventi sede al di fuori del territorio regionale.
La questione era stata portata all’attenzione della Corte Costituzionale nell’ambito del giudizio in corso al Consiglio di Stato. Nel 2016 la Regione aveva chiesto al Confidi Cts di restituire, dopo la fusione con l’omologo piemontese, 5,7 milioni di euro accantonati e non utilizzati.
“Posto dunque che – come esattamente sostenuto dal consorzio valdostano costituito in questo giudizio – l’intervenuta sua fusione con altro confidi avente sede fuori dalla Valle d’Aosta non ne esclude necessariamente la continuità operativa nell’area regionale, – spiega la Consulta – in vista della quale ha ottenuto (prima della fusione) il contributo regionale al fondo rischi, restano di conseguenza ingiustificati e privi di ragionevolezza la restituzione di tale contributo e il parallelo divieto della sua utilizzabilità «per la concessione di nuove garanzie», imposti dalla normativa denunciata come effetto, automatico ed immediato, dell’operazione di fusione”.
Per la Corte Costituzionale la Regione ha “comunque, diritto di chiedere in restituzione il contributo erogato al fondo rischi di confidi valdostano che acceda a operazioni di fusione con confidi esterno, nel caso in cui, al termine dell’anno finanziario, ne risulti la mancata utilizzazione per le finalità di sostegno alle PMI locali, attraverso le certificazioni del collegio sindacale”.
Il Consiglio di Stato, prima di sollevare la questione di legittimità costituzionale, aveva sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado – che aveva dato invece ragione all’Amministrazione regionale – subordinandola però alla “prestazione di una garanzia di importo corrispondente al capitale richiesto in restituzione ed ai relativi accessori”.