"Per Renzi, questa riforma combinata con la nuova legge elettorale è un win-win, cioè vince in ogni caso: perché se alle prossime elezioni prevalgono loro hanno la maggioranza alla Camera e al Senato, ma se perdono hanno lo stesso la maggioranza al Senato e ci ostacoleranno in ogni modo". È il deputato Manlio Di Stefano il primo a introdurre questo tema, quello più toccato durante il primo appuntamento italiano del Treno Tour del Movimento 5 Stelle.
Questa sera, una decina tra parlamentari, europarlamentari e consiglieri regionali e comunali hanno incontrato circa 200-250 persone, sotto un leggero nevischio, in piazza Chanoux ad Aosta, per sostenere il No alla prossima consultazione referendaria del 4 dicembre. Domani saranno a Chivasso, Novara e Monza.
Anche il deputato Alessandro Di Battista e prima il collega Carlo Sibilia, con il senatore Vito Crimi a fargli da leggio, hanno insistito sul fatto che la riforma costituzionale Renzi-Boschi, combinata con l'Italicum, sia nata per cercare di impedire una possibile vittoria del loro partito.
Il problema starebbe nella debolezza, almeno per ora, del 5 Stelle a livello territoriale. Questa condizione, in un Senato composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 persone scelte dal presidente della Repubblica, li vedrebbe ora come ora svantaggiati. "Con il Sì il Pd avrebbe una maggioranza di 57 senatori, 28 sarebbero del centro-destra e al 5 Stelle andrebbero solo 5 senatori", ha sottolineato prima Sibilia. "Noi che probabilmente siamo il primo partito in Italia ci ritroveremmo in minoranza", sostiene Di Battista.
Il deputato romano è intervenuto per ultimo al comizio, dopo essere stato in collegamento con la trasmissione di La 7 Piazza Pulita, di Corrado Formigli. Durante il suo interventi finale ha ricordato i punti che, a suo dire, sarebbero i più richiesti dall'elettorato per una eventuale riforma scritta dal suo movimento: "Abolire l'immunità parlamentare, togliere il pareggio di bilancio in Costituzione e introdurre il vincolo di mandato".
Quest'ultimo punto, che obbligherebbe un parlamentare a dimettersi nel caso in cui cambiasse partito, è il più controverso, soprattutto perché proposto da una formazione che ha avuto a che fare, nel corso di questa legislatura, con molte espulsioni di suoi parlamentari. Le altre proposte a cinque stelle sono i soliti cavalli di battaglia: dimezzamento del numero di eletti in Parlamento, dei loro stipendi e abolizione dei vitalizi ai politici.
Sono stati tanti gli altri argomenti, tutti per forza di cose sfiorati, trattandosi di un comizio. Ad esempio, tra i più gettonati, il tema della maggiore rapidità delle leggi con il nuovo sistema di bicameralismo non più paritario, che i grillini negano. "Ci saranno 11-12 modi differenti per fare le leggi, questo porterà solo più caos", afferma Di Battista. Un mantra, ripetuto da quasi tutti è che "In Italia non servono più leggi, ma buone leggi". Crimi quindi smentisce la lentezza delle attuali due Camere: "Si fa già una legge ogni quattro giorni – sostiene – ben 391 nell'ultima legislatura".
Questa riforma non piace proprio al 5 Stelle e a seconda dell'intervento sarebbe stata scritta dalla governance europea, dalla banche e società finanziarie, una su tutti la JP Morgan, da Angela Merkel o dagli Stati Uniti. A proposito degli States, è curioso, tra i molti interventi, il continuo parallelo con la vittoria di Donald Trump: "La stampa snob non ha saputo raccontare cosa succedeva in quel paese – ha spiegato il deputato Roberto Fico – così come è successo con noi nel 2013".
"Che Trump si faccia un partito e poi vediamo se vince", ha scherzato Crimi, parafrasando la sfortunata frase che il democratico Piero Fassino pronunciò nei confronti dei non ancora nati 5 Stelle. "Gli analisti ora si lamentano che Trump ha vinto con i voti delle donne non laureate, ma come si permettono? – ha commentato Di Battista – le donne non laureate vanno bene solo quando votano Obama".