Da Berlusconi, a Saint-Vincent, è arrivato solo un messaggio scritto: "Neanche una telefonata, sarà per la spending review", ironizza Emilio Albertario, caporedattore del Tg2 e moderatore del primo incontro della ormai consueta tre giorni dei democristiani del Pdl, organizzata dall’ex ministro Gianfranco Rotondi. "Mi appello all’unità di tutti i moderati – scrive l’ex presidente del Consiglio – solo così dal 1948 siamo stati la maggioranza in Italia".
Silvio Berlusconi, quindi, persegue nell’apertura a Udc e Fli, un orientamento, il suo, che ha caratterizzato tutta quest’ultima settimana. Poi sfodera i vecchi classici: "Mettere in campo un programma a sostegno di famiglie e imprese, elezione diretta del presidente della Repubblica, più poteri al premier, con maggiore possibilità di usare decreti legge e di sfiduciare i propri ministri".
Sul palco, il confronto è avvenuto attorno alla legge elettorale e agli ultimi fatti di cronaca giudiziaria che hanno investito la politica. Si è scelto di partire, però, da un tema piuttosto originale, se non altro nel titolo: "1946 – 2013, da Giannini a Grillo, l’antipolitica dell’uomo qualunque". Anche questo, a dirla tutta, è attualità, se si considera che nei sondaggi elettorali il Movimento 5 Stelle si contende col PdL il posto di secondo partito per espressioni di voto degli italiani, attorno al 18%.
Per l’ex ministro Giorgia Meloni "Grillo non fa antipolitica, perchè chi organizza consenso e idee fa politica". Differente, sempre secondo Meloni, è il giudizio sul procuratore di Palermo Antonio Ingroia: "L’antipolitica è un magistrato che sale sul palco durante una manifestazione sindacale e critica lo Stato". "Dopo i tecnici il prossimo governo lo faranno i magistrati", fa poi eco Albertario, accantonando per un attimo il suo ruolo di moderatore.
Sulla legge elettorale e generalmente sulle prospettive future si è andati in ordine sparso: per il vicecapogruppo al Senato Gaetano Quagliariello ci vogliono le preferenze, ma vanno bene anche piccoli collegi uninominali, per Osvaldo Napoli "visti gli ultimi fatti avvenuti in Lazio e Lombardia le preferenze non si possono proporre", mentre per Meloni sì: "Io ne metterei tre, ma van bene anche due, come si è deciso l’altro ieri in Senato".
Quest’ultima, inoltre, spinge per le primarie a tutti i livelli: "si devono fare per scegliere il candidato presidente della regione Lazio e pure per le liste delle elezioni nazionali, nel caso non si riesca a sostituire il Porcellum". In tema primarie, poi, Napoli dispensa consigli al pubblico: "Se volete votare a quelle del centrosinistra non votate Renzi, votate per Vendola, vedete come esplodono ancora di più".
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, invece, è drastico: "Bisogna azzerare il PdL, cambiare facce, simbolo, nome". Il taglio della nuova ‘creatura’, poi, strizza l’occhio alla platea cattolica: "Il nostro baricentro è la dottrina sociale della chiesa – afferma Alemanno – è lì il punto dove ci si ritrova". Anche Meloni, del canto suo, non è entusiasta dell’esperienza nel PdL: "Avevamo un partito del 38% e lo abbiamo gestito come uno del 5%".
Il dramma, però, si consuma col j’accuse finale del senatore Mauro Cutrufo, rivolto in zona Cesarini a Quagliariello: "In 19 anni non sono riuscito a bucare lo schermo del partito, allora vuol dire che il mio ruolo è inutile, perchè non c’è dibattito interno e se fai una proposta per far rientrare l’Italia dal debito pubblico arrivano i nostri soloni che ti dileggiano".