La fuga dei medici, Anaao lancia l’allarme: “Situazione valdostana inquietante”

A dirlo Riccardo Brachet Contul, dirigente medico e segretario del sindacato medico: "Nel 2020 abbiamo avuto un’uscita di 41 medici su circa 320. Nella seconda ondata Covid ne abbiamo persi 9, la media è fra le peggiori d'Italia".
Sanità

“Negli ultimi 3 anni il Servizio sanitario nazionale ha perso quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità al 100%”.

È impietoso il quadro nazionale che emerge dallo studio realizzato dal sindacato medico Anaao Assomed sulla situazione del Sistema sanitario italiano. Il report cerca di capire anche le cause di questa emorragia: “Anche i medici sono vittime del fenomeno meglio noto con l’espressione Great Resignation, il significativo aumento delle dimissioni, che vede un numero crescente di persone in numerosi ambiti lavorativi lasciare il loro impiego. Le cause che portano a questa drastica decisione sono le più svariate: dal burnout, alla ricerca di un posto che preservi il proprio benessere, al desiderio di poter avere la possibilità di gestire le giornate di lavoro difendendo il work-life balance. Complice dell’innesco di questo meccanismo è stata sicuramente la pandemia che ha nettamente peggiorato le condizioni di lavoro negli ospedali”.

“Evidenza recente”, prosegue lo studio Anaao condotto da Carlo Palermo, Chiara Rivetti, Pierino Di Silverio e Costantino Troise, è “il fenomeno delle dimissioni dagli ospedali, con i medici che decidono di abbandonare il tanto ambìto e prestigioso posto a tempo indeterminato”.

Lo “stallo” del 2020

E mentre il 2020 ha visto la riduzione di licenziamenti e abbandoni dovuto all’arrivo della prima ondata pandemica – “per non abbandonare i colleghi proprio durante la peggiore crisi sanitaria dell’ultimo secolo”, si legge nel documento –, nelle ondate successive “i medici hanno lavorato sempre nella stessa approssimazione e improvvisazione organizzativa della primavera 2020. Letti, professionalità e persone riconvertiti a seconda delle necessità, senza alcuna condivisione delle decisioni. Operatori spostati come pedine, un nome in una casella, non di rado vuota, causa infezione da Sars-CoV-2”.

Numeri alla mano, “i dati del 2020 e del 2021, tratti dal database Onaosi, confermano il persistere di una quota importante di licenziamenti (da 2000 a 3000) che si aggiungono alle uscite per pensionamento”. E dunque, prosegue lo studio Anaao “nel 2021, riprende la grande fuga”, ovvero “2.886 medici ospedalieri, il 39% in più rispetto al 2020 ha deciso di lasciare la dipendenza dal SSN e proseguire la propria attività professionale altrove”.

Anzi, “nel 2021 la media nazionale dei medici dipendenti che hanno deciso di licenziarsi è stata del 2,9%, percentuale abbondantemente superata dalla Calabria, 3.8%, e dalla Sicilia, 5.18%. La Lombardia, che era già oltre la media italiana nel 2020, aumenta ancora i suoi dimessi del 43%. La Liguria in un anno triplica i medici che si dimettono, la Puglia passa dal 2.04% al 3.29 %”.

Pensionamenti e licenziamenti in Italia
Pensionamenti e licenziamenti dei medici in Italia

Cosa dovrebbero fare le Aziende sanitarie?

 Le Aziende sanitarie – prosegue il report Anaao – dovrebbero “incominciare a dare concrete risposte al disagio crescente che da tempo denunciamo”. Ovvero:

  • gli orari di lavoro non sono “umani” e le condizioni di lavoro sono insicure anche in riferimento agli utenti;
  • la flessibilità nell’organizzazione del lavoro è scarsa, in assenza di innovativi strumenti di welfare aziendale, in particolare considerando il processo di progressiva femminilizzazione della professione;
  • gli stipendi non sono in linea con i contratti di lavoro sottoscritti e con le norme di legge;
  • non vengono valorizzate le conoscenze e le competenze dei propri professionisti nei processi di “governo clinico” delle attività;
  • non sono garantiti per i medici dipendenti percorsi di carriera e opportunità di crescita, esigenze che non si riesce ad accontentare.

A questo si aggiunge la necessità di “procedere alla rapida stabilizzazione del precariato” e ad “un cambiamento radicale nella formazione post-laurea. Occorre, in pratica, anticipare l’incontro tra il mondo della formazione e quello del lavoro, oggi estranei l’uno all’altro”.

L’uscita “inquietante” dei medici valdostani

Oltre i numeri del report, colpisce il grafico allegato, nel quale la Valle d’Aosta svetta nel 2020 per percentuale di licenziamenti sul totale dei medici dipendenti del Servizio sanitario rispetto al 2019.

L’allarme a livello locale lo lancia Riccardo Brachet Contul, dirigente medico e segretario regionale del sindacato Anaao Assomed: “La situazione valdostana è sovrapponibile al 100 percento con quella italiana. In generale, i medici cercano orari flessibili e maggiore autonomia professionale. Lo svilimento dei dirigenti è esattamente quello che capita in Valle”.

La ricetta non è a breve termine: “Serve un serio cambiamento – aggiunge Brachet –, sburocratizzare il nostro lavoro e renderlo più autonomo, poter decidere gli investimenti invece di dare il tutto in mano ad altri. Sono dinamiche che sono sfuggite di mano. In Valle la situazione stride perché l’ospedale è medio-piccolo e ci si affida a cooperative che però non danno continuità assistenziale, l’abbiamo già visto. Dall’altro c’è un aumento incredibile delle liste d’attesa”.

Percentuale di licenziamenti nel 2020 e 2021 sul totale dei medici dipendenti del SSN al 2019 nelle singole Regioni o Province autonome

Brachet, commentando i numeri valdostani, non usa mezzi termini: “Per la Valle d’Aosta è stata inquietante la prima ondata 2020. Abbiamo avuto un’uscita di circa il 13%, pari a 41 medici su circa 320. Oltre a quello, invece, nella seconda ondata ne abbiamo persi 9, circa il 3%. Anche la media tra 2020 e 2021 è inquietante, fa 8,5 medici l’anno, tra i valori peggiori d’Italia”.

La fuga non si ferma, e le soluzioni non saranno a breve termine: “Con il nuovo Direttore generale e l’Assessore si sta muovendo qualcosa, anche riguardo le indennità, ci sono confronti. Gli elementi per contrastare il fenomeno c’è. Ma non sarà semplice perché sono manovre almeno a medio termine. Molti vanno in altre regioni e soprattutto in Svizzera, anche nella sanità privata, dove si lavora parecchio ma guadagnando nettamente di più”.

Problema nel problema: “La questione in Valle – chiude Brcahet – è che la sanità pubblica rimarrebbe ‘un po’ smilza’ ma resta comunque l’ospedale pubblico. Qui non ci sono numeri sufficienti per il privato. Se i pazienti dovranno sempre più rivolgersi al privato per delle prestazioni complesse questo significherà andare fuori regione. I cittadini dovrebbero preoccuparsi”.

8 risposte

  1. Il problema è che in Valle d’Aosta, come nel resto d’Italia, si è voluto privilegiare e far lavorare sempre di più le strutture private, quelle non hanno liste di attesa e li i medici guadagnano di più, si sfruttassero meglio le strutture sanitarie pubbliche sarebbe meglio per tutti…..ma a quel punto non lavorerebbero più i privati, per cui non si farà mai.

  2. L’obbligatorietà vaccinale e la presa di coscienza che non si può esercitare la professione medica secondo scienza e coscienza , per cui un professionista che dovrebbe curare con le sue competenze si trova obbligato ad eseguire line guide e protocolli sanitari deliranti, dettati senza nessuna razionalità. Questo ha fatto si che scapassero.

  3. Io invece mi domando: qual è l’appeal valdostano/aostano che dovrebbe spingere i medici a restare? Un posto asfittico e senza particolari attrattive culturali e di crescita muove alla fuga e non all’accoglienza!

  4. qual e’ il problema? comunque moriremo di fame a causa dell’embargo contro la russia e il conseguente fallimento di buona parte delle imprese italiane. i sopravvissuti moriranno a causa degli effetti collaterali del vaccino. a sto punto cosa serve la sanita’ pubblica, se comunque le elites han deciso di sterminarci.

  5. Non vedo l’obbligo vaccinale tra le possibili cause di licenziamento volontario. Mi pare un dato da considerare.
    In Svizzera oltre a pagare meglio e ad avere orari molto più flessibili, vaccinarsi è una scelta, anche per i sanitari. Gli anticorpi naturali sono considerati, come per ogni altra malattia, alla pari del vaccino.
    Dati tutt’altro che secondari perché, esattamente come la maggiore flessibilità degli orari, ci parlano di una visione completamente diversa della sanità.

    1. Ni. Io stesso ho scritto ciclicamente sull’argomento. Molti operatori sanitari che hanno scelto di non vaccinarsi hanno fatto il Covid e sono rientrati con un “pass” di guarigione. Da ciò che so io non è proprio una causa percentualmente importante per abbandonare la professione, dai dati che ho io, ovviamente. Ma magari – visto che lei dice che siano “tutt’altro che secondari” – non è così. Posso vedere qualche numero, per incrociarli con quelli in mio possesso? Se vuole, ovviamente.
      Grazie,
      LV

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