L’Azienda Usl della Valle d’Aosta ha approvato il nuovo regolamento per la libera professione intramoenia dei medici dipendenti. Dopo la delibera – spiega una nota da via Guido Rey – sono in via di ridefinizione le tariffe libero professionali pagate dal cliente della Libera professione, in modo tale da garantire che la stessa non gravi sui costi pubblici.
Tariffe in rialzo
“Le vecchie modalità organizzative e di calcolo della tariffa non consentivano una piena compensazione dei costi rilevati dall’azienda – spiega il Direttore generale Usl Massimo Uberti – e visto che non è possibile che la Libera Professione sia finanziata dai contribuenti attraverso il Servizio sanitario pubblico, abbiamo proceduto prima di tutto ad operare una forte spending rewiew sui costi sostenuti dall’Azienda Usl, riorganizzando il servizio, e successivamente ad effettuare una revisione delle tariffe sostenute dall’utente per la prestazione, in rialzo, mantenendo invariato l’onorario del medico. È utile ricordare come una parte importante della tariffa (oltre il 20%) non vada né a beneficio del medico, né a coprire i costi di erogazione del servizio, ma sia assorbito dalla tassazione (IRAP) o da prelievi percentuali dovuti, previsti contrattualmente e definiti da specifiche leggi nazionali”.
Il processo di revisione della tariffazione – chiude la nota aziendale – è in fase di svolgimento. Al termine di questo lavoro, e prima della loro applicazione, saranno rese note le nuove tariffe.
Il sindacato medico: “Un aumento voluto dall’Azienda per ripianare il debito”
Interpellato a riguardo, Riccardo Brachet Contul, dirigente medico e segretario regionale del sindacato Anaao Assomed, parte da un principio: “La libera professione intramoenia è un diritto del cittadino sancito dalla legge che gli dà la possibilità di scelta di usufruire di una prestazione sanitaria aggiuntiva o sostitutiva a pagamento attraverso il medico o dirigente sanitario che presta servizio come dipendente dell’ospedale pubblico. Il disavanzo segnalato dall’Azienda e creatosi negli anni non è assolutamente imputabile ai medici che svolgono la Lpi la quale, oltretutto, consente all’Azienda di avere introiti aggiuntivi correlati alla tassazione e al fatto che i pazienti non vanno poi a farsi curare altrove. Bisogna altresì tenere conto dei periodi di blocco delle attività sia istituzionali che Lpi legate all’emergenza Covid, che di certo è un fattore che chi esegue controlli e indagini dovrebbe tenere conto”.
Poi specifica: “Se la Lpi è considerata per Azienda e Regione meramente un costo causato dall’utilizzo delle strutture e spazi e strumentazione aziendali/pubbliche, non si capisce perché in questi anni l’Azienda, in concerto con la Regione, non si sia organizzata per trovare soluzioni meno costose come hanno fatto altrove. Già in questi anni la tassazione delle prestazioni eseguite in Lpi era molto elevata e non competitiva per i medici rispetto a chi lavora nel privato. Come sindacato e sindacati ci siamo opposti da tempo chiedendo invece una detassazione”.
Non solo: “Auspichiamo quindi – aggiunge Brachet – che la Regione ora emani al più presto direttive condivise e si impegni con l’Azienda per risolvere la questione in modo diverso dal penalizzare gli utenti e tassare ulteriormente e significativamente i medici, demotivandoli ancora e spingendoli ad andare altrove. Auspico che Azienda e Regione facciano al più presto un chiaro, esaustivo e trasparente comunicato stampa e di informazione rivolto alla popolazione spiegando bene tutte le cause che hanno portato al disavanzo e che l’aumento delle tariffe che ne consegue è voluto e determinato dall’Azienda e che corrisponde solo a una ulteriore tassazione delle future prestazioni per il ripianamento del debito che, di certo, non sono stati i medici a determinare”.
Una risposta
Mi sembrano già elevate…