Accoglienza ucraini, quel senso di abbandono delle famiglie ospitanti
Una mobilitazione straordinaria della società civile, di famiglie e di associazioni.
Sull’emergenza Ucraina in prima linea al momento sembra esserci soprattutto il volontariato, quello organizzato, ma anche quello inteso come iniziativa privata, gratuita e spontanea.
Ne è una testimonianza l’accoglienza dei 300 profughi arrivati finora nella nostra regione. Se la maggior parte ha trovato ospitalità presso contatti diretti, una minoranza, una sessantina circa, è stata alloggiata nelle case messe a disposizione a titolo gratuito dai valdostani.
Uno slancio solidale importante – in 66 avevano risposto alla ricognizione effettuata dalla Regione per un totale di 250 posti letto offerti – che oggi si scontra con la sensazione di essere stati abbandonati dalle Istituzioni. Mancanza di coordinamento fra gli enti coinvolti nell’emergenza, ma anche l’impressione di doversi fare carico da soli di situazioni complesse e delicate.
La testimonianza di alcune famiglie ospitanti
“Ho dovuto girare due giorni fra uffici per capire da solo quali documenti fossero necessari alle persone che accolgo” la testimonianza di una famiglia valdostana, che ha messo a disposizione la propria casa. “Il problema è che i vari servizi non si parlano e si rimpallano. Per il momento ho fatto il conto di 15 ore, due giorni di ferie prese nel disbrigo delle pratiche”. Tempo ma anche spese, non preventivate, anche perché non chiaramente esplicitate nell’avviso pubblicato dall’Amministrazione regionale. “Tutte le utenze, gas e luce, ma anche la spesa quotidiana. Inizialmente mi era stato detto dalla Protezione civile che avrebbero fornito loro dei pacchi alimentari, ma in due settimane è arrivato un solo pacco di “secchi”. Messi di fronte alla richiesta di farsi carico a 360° dell’accoglienza, le famiglie valdostane hanno attivato le proprie reti di parenti e amici per chiedere loro un sostegno economico, mentre alcune hanno avviato dei crowdfunding.
“Abbiamo un alloggio sfitto che abbiamo ereditato. Vogliamo aiutare queste persone ma senza mettere in difficoltà la nostra famiglia” la testimonianza di un’altra coppia valdostana ospitante. “Sono state attivate numerose raccolte fondi, anche da parte di enti pubblici, ma al momento non abbiamo capito quale sarà la destinazione di questi soldi, per questo abbiamo chiesto agli amici di aiutarci nel pagare le utenze della casa e le spese quotidiane delle persone accolte”.
Se, come conferma il Presidente della Regione Erik Lavevaz “allo stato attuale non sono previsti rimborsi per coloro che hanno dato la disponibilità di alloggi per ospitare i rifugiati che arrivano in Valle d’Aosta”, a livello nazionale è arrivata martedì scorso con un’ordinanza della protezione civile un contributo di sostentamento ai profughi che abbiano trovato autonoma sistemazione (300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi, a cui si aggiungono 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni.) Difficile al momento capire se il contributo sarà rivolto anche a chi un alloggio l’ha trovato per il tramite della Protezione civile.
La stagione turistica estiva si avvicina e l’accoglienza interessa in alcuni casi seconde case o piccole strutture ricettive come B&B, sulle quali insistono già prenotazioni. Michel e Viviane hanno aperto le porte delle loro attività a profughi ucraini con i quali avevano un contatto diretto, ex clienti della struttura in un caso, amici di amici in un altro. Se entrambi hanno ricevuto “un aiuto per aiutare” da parte di amici e conoscenti, Michel sta avendo anche il sostegno del proprio comune e di un’associazione di volontariato “che oltre a fare la spesa pagano il pellet”.
Per entrambi con l’arrivo della stagione turistica, con prenotazioni già da mesi confermate, l’auspicio è che possano essere individuate altre soluzioni per queste persone.
“Seguiamo l’evolversi della situazione – dice ancora il Presidente della Regione – perché è chiaro che questa soluzione di prima ospitalità non potrà essere permanente”.
L’8 marzo il Ministero chiedeva alle Regioni di implementare i posti Cas
Al momento però Piazza Deffeyes ha scelto di non percorrere altre strade, non solo seguite da altre regioni, ma anche previste da una circolare inviata dal Ministero dell’Interno alle prefetture l’8 marzo scorso con la quale, nel definire il modello dell’accoglienza, si stabiliva un primo rafforzamento della rete di accoglienza con l’implementazione di circa 5mila nuovi posti per i Cas, i centri di accoglienza straordinaria e di 3mila per la rete Sai (sistema accoglienza e integrazione). Una strada che anche il Forum del terzo settore aveva caldeggiata alla Regione di seguire per sfruttare le competenze maturate in questo campo da alcune realtà del territorio. A tre settimane da quella circolare il Presidente della Regione, da noi interpellato, spiega che le strutture di prefettura stanno lavorando ad un nuovo avviso per il reperimento di nuovi posti di accoglienza sul territorio valdostano, che siano inseriti nel circuito CAS. “Il bando verrà pubblicati in tempi stretti” promette Lavevaz.
Qualcosa si muove anche per la Rete Sai, che in Valle d’Aosta coinvolge i comuni di Saint-Vincent, Saint-Rhémy-en-Bosses, Champorcher e da ultimo Aosta. Proprio il capoluogo regionale si prepara a mettere a disposizione due appartamenti per i profughi ucraini.
Ulteriori risposte potrebbero poi arrivare dagli avvisi che la Protezione civile si prepara ad emanare sull’accoglienza diffusa, sistema complementare ai Cas, che andrà a interessare enti del Terzo settore, Centri di servizio per il volontariato, associazioni e enti religiosi riconosciuti.