“È stata un’esperienza indimenticabile per me e per tutte le persone che mi hanno accompagnata. La condivisione con le amiche è una cosa che non si può spiegare. Non ci sono pregiudizi né pena nei miei confronti. Tutti mi trattano per quello che sono e io non sono la mia malattia“. Mentre scrive con il suo puntatore oculare, Laura Lazzoni – che da anni convive con la sclerosi laterale amiotrofica – ha negli occhi quel mare che le è sempre appartenuto e che venerdì scorso ha potuto rivedere insieme alle sue amiche. Come due anni fa, Laura ha viaggiato in ambulanza dalla microcomunità di Hône, dove risiede da un po’ di tempo, alla spiaggia di Varazze, in Liguria, grazie alla presenza non retribuita di quattro infermiere, di cui due abilitate al soccorso, e due volontarie del soccorso. La trasferta è stata offerta dai volontari del soccorso della Val d’Ayas.
“Il mare ha sempre fatto parte della mia vita, perché mio papà era toscano e tutta la parentela viveva in una collina di Massa. La sensazione che ho quando vedo il mare è di tranquillità e serenità”, spiega Laura, che è nata ad Aosta nel 1969 e ha raccontato la sua storia nel libro “La mia vita secondo me. Prima e dopo la Sla”, edito da Edizioni Pedrini. Mamma di due figli, nel 2014 ha iniziato a fare i conti con i sintomi della sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che a poco a poco addormenta i muscoli fino a farti sentire “prigioniero del tuo corpo ma con una mente pensante”. Ironia e schiettezza sono sue fedeli alleate: “Fanno parte del mio essere e mi hanno sempre aiutato a prendere la vita con leggerezza anche nei momenti più difficili come questi lunghi anni – scrive -. Non credo sarei arrivata così lontano se non mi fossi presa in giro. La mia forza sono i miei ragazzi che ho visto crescere fin qui e un’altra cosa che non faccio mai è parlare e pensare alla malattia. Ho imparato a viverla in terza persona, sembra assurdo ma è quello che mi salva”.
La sua riconoscenza è per chi ha reso possibile tutto questo. “Noi lo facciamo volentieri ma è più quello che riceviamo in cambio che quello che diamo – dice Giuseppe Obert, presidente dei volontari del soccorso della Val d’Ayas che hanno finanziato la trasferta -. Oltre al soccorso e ai trasporti secondari, quando riusciamo ci occupiamo anche di queste esperienze a servizio della comunità. I soldi che ci permettono di finanziarle arrivano dalla generosità della persone della Val d’Ayas e dal 5×1000″.
Un gesto semplice che diventa prezioso. Perché, come dice Laura, “non bisogna mai dare niente per scontato“. Essere malati? “Può succedere a chiunque – scrive – e solo quando ci sei dentro ti accorgi del valore che ha una passeggiata, far festa bevendo birra a fiumi, mangiare una semplice pizza Margherita, cantare a squarciagola con i miei ragazzi”. Ma Laura, al mare, ci è tornata.