Andrea Pompele, un valdostano guida di safari e manager di un campo tendato “a cinque stelle”
In quanti hanno sempre sognato di avere il coraggio di lasciare tutto e partire? Andrea Pompele è uno di questi, ma lui quel coraggio l’ha avuto davvero e oggi vive in Africa, dove ogni mattina si sveglia al ruggito dei leoni. Lasciata la Valle d’Aosta, Andrea si laurea presso la facoltà di biologia dell’Università degli Studi di Parma: nel percorso triennale si specializza in etologia e, durante quello magistrale, in ecologia. Il mondo del lavoro non gli permette però di dare il giusto spazio alla sua preparazione nelle scienze naturali e così, per mantenersi, accetta un’occupazione in una multinazionale farmaceutica. Insieme ai trent’anni, arriva puntuale una crisi esistenziale, che lo porta ad armarsi di coraggio e a decidere di abbandonare la sicurezza economica per inseguire le sue reali passioni. Andrea fa così i bagagli e acquista un biglietto aereo per la Namibia, dove intraprende un percorso, superato poi con successo, per diventare guida di safari fotografici. Un cambio di vita importante, perché Andrea lascia in Italia tutte le sicurezze e le sue abitudini: “Non è stato semplice abituarmi e all’inizio mi ha aiutato fare rientro a casa con una certa frequenza. Con l’occasione, ho smesso anche di guardare la televisione e posso dire che a dieci anni di distanza non mi manca per niente”. Qualche tempo più tardi, un’amica, titolare di un diving center a Marsa Alam in Egitto, gli propone di raggiungerla per guidare un progetto che prevede la divulgazione scientifica, in tema di fauna marina e barriera corallina, a coloro che fanno immersioni. Andrea accetta questa nuova sfida e, durante la sua permanenza sulle rive del Mar Rosso, forma gli istruttori subacquei del centro.
Terminata questa esperienza, Andrea decide di tornare nel cuore dell’Africa, questa volta in Tanzania, nel Parco nazionale del Ruaha, dove inizia a gestire un campo tendato di un safari. Una realtà autentica, basti pensare che, in questo luogo, non è disponibile l’elettricità ma solo candele e lampade a olio. “Questo periodo è stato per me altamente formativo – racconta – in quella zona è presente una popolazione di elefanti molto florida e il territorio è ancora selvaggio e non molto conosciuto. Durante la mia permanenza, ho formato alcune guide locali e ho avuto l’occasione di maturare delle skills che si sono rivelate, in seguito, molto utili”.
Andrea diventa guida di walking safari e si trasferisce a nord del paese, nel Parco nazionale del Serengeti (che nella lingua delle popolazioni masai locali significa “pianura sconfinata”), un luogo maggiormente conosciuto e turistico che ospita milioni di animali. La nuova società per la quale inizia a lavorare gli offre la possibilità di avviare un nuovo campo tendato, ma questa volta a “cinque stelle”. Questa lussuosa struttura offre ai turisti un soggiorno unico: gli animali sono presenti tutt’intorno e, spesso, anche all’interno degli spazi. Un’occupazione eccezionale, ma molto faticosa: Andrea, infatti, oltre ad essere manager del centro, si occupa della formazione e della gestione delle guide. “Sono il primo a svegliarmi al mattino e l’ultimo ad andare a dormire, lavoro sette giorni su sette, per tre mesi consecutivi”. Nell’intervallo di un mese tra i trimestri di lavoro, Andrea ne approfitta per viaggiare ed esplorare aree ancora incontaminate del continente nero, oltre a coltivare la sua passione per la fotografia.
Guardando al futuro, Andrea non si pone degli obiettivi: “il mondo cambia in fretta, abbiamo visto quanto accaduto con il Covid e con l’attuale guerra in Ucraina. Se dovessi dire oggi dove mi vedo tra cinque anni, dovrei inventare. Di sicuro voglio rimanere in Africa: mi piacerebbe sviluppare nuovi prodotti per la clientela e magari un giorno investire in un mio campo. Qui ho trovato la mia dimensione, le persone che vengono in questo luogo ascoltano con attenzione le mie spiegazioni e ciò mi consente di mettere in pratica la mia preparazione accademica, dandomi molta soddisfazione”.
Andrea non ha alcuna intenzione di fare rientro in patria, anche perché la specializzazione maturata sarebbe difficilmente sfruttabile: “in Africa non devo fare compromessi tra il mio desiderio di avventura e di modernità. Oggi per me tornare indietro è difficile, se non impossibile”.