Anziani ma anche giovani e genitori preoccupati: ecco chi si è rivolto al servizio di supporto psicologico

Oltre al servizio di supporto telefonico o via Skype, attivato da una decina di giorni, la struttura di psicologia dell'Usl è, attraverso il nucleo dell'emergenza, a fianco degli operatori sanitari, dei positivi al covid e dei loro familiari.
meri madeo
Società

All’inizio erano soprattutto gli anziani, gli over 65 anni, i più colpiti dal virus, ma negli ultimi giorni si sono aggiunti i giovani, ragazzi dai 17 ai 23 anni, che stanno iniziando a riflettere sull’evento, e anche i genitori degli adolescenti e preadolescenti preoccupati per alcune manifestazioni aggressive che la reclusione forzata, spesso passata di fronte ad uno schermo, sta attivando.

Sono state circa una settantina le chiamate ricevute, nella prima settimana di operatività, dal  servizio di ascolto e supporto psicologico attivato dalla Struttura Semplice Dipartimentale di Psicologia dell’AuSL Valle d’Aosta in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi Valle d’Aosta e l’Associazione Psicologi per i Popoli Vda. Numeri ancora poco indicativi dei bisogni della popolazione. “La linea è una sola e in diversi ci fanno notare che hanno provato a contattarci trovando sempre occupato” racconta Davide Perrone.

La maggior parte delle chiamate è arrivata da donne con un’età media di 65 anni. “Manifestano soprattutto ansia e paura, con elementi depressivi anche moderati”. Paura che è anche uno dei vissuti, assieme al senso di frustrazione e incertezza, di chi oggi si trova in quarantena forzata perché positivo o ancora in attesa di conoscere l’esito del tampone.

“Negli ultimi giorni stanno però anche aumentando le chiamate dei giovani, che manifestano paure rispetto all’evento Covid-19”. Ragazzi dai 17 ai 23 anni, ma anche qualcuno nella fascia 15 – 19 anni.

“Fanno domande sul momento difficile, chiedono per quanto tempo potrà durare questa situazione, iniziano a riflettere sull’evento covid-19. Nonostante le possibilità offerte dai social, la solitudine fisica inizia a esser forte e hanno delle oscillazioni di umori, ogni tanto pensieri strani e bizzarri”.

Assieme ai giovani al servizio hanno iniziato a rivolgersi anche i loro genitori. “Alcuni sono molto preoccupati e riferiscono che dopo aver passato tanto tempo davanti al computer i loro figli manifestano atteggiamenti aggressivi con tratti persecutori. Chiusi a casa sono obbligati a fare i conti psichici con se stessi e magari emergono degli aspetti prima latenti. Sono dei fenomeni di scompenso, non psichico, ma che potrebbero arrivare a esserlo se si continua ancora a stare in casa per tanto tempo”.

Il servizio di ascolto e supporto psicologico, raggiungibile al numero 0165/544508, è attivo dalle ore 9 alle 12 e dalle 14 alle 17 dal lunedì al venerdì. In un ambulatorio ad hoc uno psicologo dell’Azienda Usl, a turno, risponde al telefono o alla video chiamata via Skype. “E’importante vedere un viso, un dottore che ti parla e ti può tranquillizzare, peraltro con la videochiamata si possono usare anche tecniche diverse” racconta la dirigente del servizio Meri Madeo.

Il primo contatto di 15 minuti circa è una sorta di triage. “Il nostro obiettivo è quello di mitigare lo stress che sta vivendo quella persona, attenuare l’impatto emotivo scaturito da questo evento e aiutare la persona a riprendersi e a ritornare in una sua vita routinaria quotidiana, anche se domiciliare, sentendosi protetta” prosegue Madeo. “Chiediamo loro come stanno vivendo,  cerchiamo di normalizzare e validare le reazioni emotive. Spieghiamo loro che la paura è un meccanismo normale, cerchiamo di attivare le risorse e la resilienza. Cosa o chi gli è stato utile in queste settimane? Li aiutiamo a recuperare dalla memoria episodica degli eventi che hanno avuto buon esito”. Nel ricordare poi loro alcuni consigli su come affrontare il virus (lavarsi spesso le mani ecc), gli psicologi guidano le persone a stabilizzare le emozioni con alcune tecniche di respirazione e a valorizzare gli aspetti positivi della giornata, cercano di valorizzare le buone azioni.
La chiamata si può concludere, se vengono riscontrate alcune criticità, con l’invio del soggetto agli psicologi di libera professione per un  supporto nel breve tempo, se invece la situazione è più complessa agli ambulatori di Morgex, Donnas e Chatillon, che continuano ad essere operativi e a seguire i propri pazienti, o ancora al
l’Associazione Psicologi per i Popoli Vda. Nei casi più gravi la segnalazione arriva direttamente allo Struttura complessa di Psichiatria che si farà carico il giorno seguente di contattare telefonicamente il soggetto segnalato.

Oltre a lavorare in rete, servizi, associazioni e professionisti si confrontano periodicamente per poter anticipare le esigenze della popolazione. “Stiamo cercando di trovare delle soluzioni preventive. Se ad esempio due genitori, positivi al covid-19 devono essere ricoverati e non hanno una rete familiare intorno, chi si prenderà cura dei loro figli? Stessa cosa per le persone disabili. Ogni giorno  valutiamo delle complessità psico sociali di questo tipo, con la consulenza scientifica dell’Emdr Italia”. 

A supporto degli operatori sanitari, dei pazienti positivi al Covid-19 e dei loro familiari, anche di chi in questi giorni sta vivendo il dolore di un lutto, ci sono gli psicologi dell’emergenza.

Attivi sette giorni su sette, 24 ore su 24, vengono coinvolti tramite il centralino dell’ospedale oppure dai responsabili dei reparti. Per gli operatori sanitari sono invece disponibili tutti i giorni alle 12.45 nella sala riunioni al IV Piano del Parini.

“A medici, infermieri e Oss viene chiesto di funzionare in maniera normale quando a tutti gli altri soggetti la richiesta è invece di non funzionare in modo normale – spiega Jacopo Albarello –  Già questo è un elemento di stress notevole, non tanto per l’operatore quanto per il cervello umano. Oltre alla fatica, i sentimenti oscillano fra la rabbia e l’impotenza. Si trovano a far fronte ad un rapporto costante con la morte, ma anche con un ospedale che è stato totalmente destrutturato, si lavora in nuovi reparti, con nuovi colleghi per 12/14 ore. Una volta rientrati a casa si è distrutti e si crolla a dormire, è come se non si riuscisse mai a staccare del tutto. C’è poi la paura e il timore di poter contagiare i propri familiari.”

Agli operatori sanitari viene chiesto in questa fase dell’emergenza di essere dei messaggeri nel rapporto fra degenti e familiari, ma anche dei traghettatori. “In ogni reparto c’è chi si fa carico di questo ruolo. C’è chi chiede loro di far vedere al parente una foto, portare una dedica, mostrar loro un cartello, trasmettere un messaggio e in alcuni casi anche di dar loro l’ultimo saluto e accompagnare la persona alla morte. In casi estremi è capitato che facessero entrare un familiare per dar l’estremo saluto, ma è rarissimo ed è sempre una scelta del reparto”. Agli operatori sanitari è stato fornito una sorta di vademecum su come e con quali parole comunicare ai parenti e degenti le cattive notizie, dalla positività al virus, fino al decesso. Dopo queste comunicazioni entrano in campo gli psicologi dell’emergenza.
“Quello che facciamo non è una semplice chiamata, ma è un percorso terapeutico.  – spiega ancora Albarello – Ci si fa carico personalmente di tutti i soggetti che contattiamo, mettendoci in ascolto, dando spazio alle emozioni delle persone: dallo shock, all’incredulità, dall’impotenza fino anche alla rabbia per non esser potuti stare vicini al proprio caro. Le persone sono confuse, bramano qualunque informazione possibile”.

Gli psicologi dell’emergenza sono entrati in contatto anche con alcuni pazienti ricoverati.
“In tanti hanno però il casco, ed è difficile per loro ascoltare e vedere. Riusciamo a intervenire con i pazienti coscienti che hanno la possibilità di parlare.” Il loro vissuto è quello di un isolamento nell’isolamento. “Sentono la mancanza fisica dei familiari, sono soli e non hanno nessuno se non il reparto”.

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