Beirut e il suo cuore ferito nel racconto della valdostana Lianna Badamo

17 Agosto 2020

Una situazione tesa, un paese a un bivio storico tra la classe dirigente del passato e la possibilità di cambiare le proprie sorti in un momento molto incerto e difficile, è quello in cui opera Lianna Badamo, cooperante di Courmayeur, a Beirut per lavoro e a pochi km dall’esplosione che a inizio agosto ha fatto piombare la nazione in uno stato di agitazione e paura.

L’esplosione avvenuta al porto di Beirut la settimana scorsa ha causato 178 morti e circa 6.000 feriti. Il momento è molto drammatico per la città e il paese, già allo stremo per la crisi e l’instabilità politica, scosso da proteste e scontri dallo scorso ottobre e alle prese con un aumento di casi di Covid-19. Al momento dell’esplosione mi trovavo in casa – racconta Lianna -, al nono piano di un condominio a circa 4 km dal porto di Beirut, abitato da famiglie libanesi. Ho sentito una scossa, simile ad un terremoto e dopo pochi secondi un boato molto forte. Mi sono precipitata giù dalle scale incrociando sui pianerottoli i miei vicini spaventati e arrivando all’entrata ho notato che la porta di vetro era in frantumi e vari edifici intorno erano stati danneggiati. All’inizio nessuno aveva idea di cosa fosse accaduto. La prima cosa a cui ho pensato è che fosse esplosa una bomba nel quartiere. Poi le notizie hanno iniziato a circolare e ho subito inviato un messaggio alla mia famiglia in Italia per comunicare loro che stavo bene, prima che le informazioni sull’accaduto venissero diffuse a livello mondiale”.

Lianna Badamo a Beirut

La cooperante valdostana dipinge un quadro della nazione a metà tra la distruzione e la speranza riposta nei giovani e in una nuova classe dirigente:I primi giorni dopo l’esplosione sono stati molto concitati: molti colleghi e amici hanno subìto danni ai loro appartamenti, ma per fortuna nessuno è stato ferito in modo grave. L’ufficio della mia organizzazione è stato danneggiato ed è tuttora inagibile. Nonostante questo, a meno di 48 ore dall’incidente, è stata costituita un’unità di risposta all’emergenza e team specializzati stanno conducendo una valutazione rapida nelle zone colpite per identificare le necessità più urgenti e fornire assistenza alla popolazione”.

Beirut dopo l’esplosione

Se la società civile e le organizzazioni hanno risposto subito al grido d’allarme, lo stesso non si è verificato per gli enti governativi, molto in ritardo rispetto allo stato di emergenza, segnale di un paese che ha al suo interno delle difficoltà insormontabili nell’immediato: “Le molteplici dimostrazioni di solidarietà da parte dei giovani libanesi e stranieri, venuti in soccorso alla popolazione colpita dall’esplosione, fanno sperare che la città possa superare questo momento critico. Il governo libanese invece ha reagito lentamente all’emergenza, dopo forti pressioni internazionali e richieste dei manifestanti, ad una settimana dall’esplosione, il Primo Ministro ha annunciato le dimissioni dell’esecutivo e le contestuali elezioni anticipate, aprendo così la strada ad un possibile stallo politico”.

Beirut dopo l’esplosione

Dopo una laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Torino, Lianna entra in contatto con il mondo della cooperazione, grazie ad un professore universitario con esperienza in progetti di sviluppo: “Sono sempre stata interessata ad un percorso lavorativo che mi desse l’opportunità di viaggiare e confrontarmi con contesti e culture diversi; la mia prima esperienza all’estero è stata nel 2005 in Ecuador, dove ho svolto la tesi di ricerca“. Grazie a questo volontariato sul campo, la valdostana decide di intraprendere una carriera internazionale, parte prima per la Spagna, dove collabora con un’organizzazione umanitaria nel settore salute e immigrazione e successivamente torna in Ecuador. Il lavoro che svolge in Libano è rivolto in particolar modo ai rifugiati, ambiente familiare a Lianna, che nel 2008 inizia a lavorare con un’organizzazione umanitaria nel campo dell’assistenza a rifugiati e sfollati e con cui collabora prima in sud America e ora nel Medio Oriente.

Beirut dopo l’esplosione

In un Libano colpito al cuore, nel porto della città, con un’esplosione che ha distrutto case e palazzi nel raggio di km, Lianna continua il suo lavoro a favore dei più deboli e degli invisibili: “Mi occupo del programma di assistenza legale a rifugiati siriani e palestinesi. Offriamo orientamento e consulenza legale gratuiti ai rifugiati, in particolare riguardo alla registrazione di eventi vitali, quali nascite e matrimoni, permessi di soggiorno ed aspetti legati ad alloggio e questioni abitative. Attraverso i servizi che offriamo promuoviamo i diritti dei rifugiati e supportiamo le comunità che li accolgono”.

Beirut dopo l’esplosione

Il lavoro delle Ong non si ferma, nemmeno in un momento tragico come quello che Beirut sta vivendo da ormai quasi due settimane (l’esplosione è avvenuta il 4 agosto n.d.r), ma anzi continua incessante nella speranza di ricostruire insieme alle giovani generazioni una nazione più giusta e un sistema politico più trasparente, cosa non da poco in un paese dalla storia e dal presente travagliati: “Il Libano ha una storia molto travagliata, i segni e le conseguenze della guerra civile che ha scosso il paese dal 1975 al 1990 sono ancora visibili; è stato ed è tuttora al centro di intricati interessi geopolitici regionali, dovuti alla sua posizione geografica, affacciata sul mediterraneo e confinante con la Siria ed Israele. Lo Stato necessita di riforme strutturali e di una nuova classe politica che abbia a cuore gli interessi del proprio popolo. Probabilmente le nuove generazioni saranno quelle capaci di promuovere un cambiamento e la formazione di una società civile organizzata che possa generare nuovi leader“. 

Beirut dopo l’esplosione

In una nazione dal futuro incerto, rimane una certezza la resilienza del suo popolo, ma “è pur vero che, ad oggi, molti riportano che questo evento, frutto di anni di negligenza e corruzione, ha messo a dura prova la nota capacità libanese di fronteggiare le avversità”, ed è così che la società libanese fa fronte a quello che verrà, così come Lianna e la sua Ong: “Riguardo al mio lavoro, il motto della mia organizzazione è stay and deliver. Operiamo in contesti difficili in molte aree del mondo e l’intenzione è di rimanere in Libano finché necessario, continuando ad offrire assistenza alla popolazione libanese e rifugiata, contribuendo per quanto possibile agli sforzi di ripresa del paese”.

Beirut
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