“Bocciare non serve”. La dispersione scolastica in Valle? Colpa di una scuola troppo selettiva

21 Maggio 2014

La scuola valdostana è troppo selettiva e con la bocciatura facile. Sarebbe questa la causa dell’alta dispersione scolastica registrata nella nostra regione: il 21,5 % dei giovani fra i 18 e i 24 anni, a fronte del tasso previsto a livello europeo del 10 e di una media nazionale del 17,6%. A dirlo è il Piano d’interventi per il miglioramento e il potenziamento delle politiche scolastiche, varato dalla Giunta regionale.

I dati sulla scuola valdostana delineano un quadro impietoso e la Regione deve correre ai ripari. A rischio infatti ci sono i fondi dell’Unione europea per il 2014/2020. Il contenimento della dispersione scolastica, attraverso un piano strategico, rientra infatti tra le condizioni per l’utilizzo dei fondi relativi all’obiettivo istruzione.

Alta dispersione scolastica e il tasso di diplomati più basso d’Italia
Secondo i dati Istat, relativi al 2011/2012, il tasso di abbandono scolastico alla fine del biennio delle scuole superiori in Valle d’Aosta era del 13,7% a fronte di una media nazionale del 7,3% e di una media delle province autonome di Trento e Bolzano pari al 3,9%. Gli allievi bocciati durante le scuole medie raggiungono il 16,3% mentre nella scuole superiori il 37,79% contro una media nazionale del 27,6 %. Più di un alunno su tre, quindi, quando entra nella scuola superiore, ha già accumulato almeno un anno di ritardo.
La nostra Regione risulta poi quella con il tasso di diplomati più basso d’Italia. (Per 100 diciannovenni residenti è del 57,2%, di molto inferiore alla media nazionale). Pochi diplomati e tra l’altro con i voti di maturità più bassi, rispetto ai loro coetanei di altre regioni. Quasi la metà dei diplomati, il 46,4 %, nel 2011/2012 si attesta su votazioni basse (da 60 a 70/100) mentre la fascia dell’eccellenza (da 91 a 100 e lode) raggiunge solo il 6%.

La dispersione scolastica, spiega la Struttura regionale per la Valutazione (SREV) che ha elaborato i dati, “ha sicuramente molteplici cause: la difficoltà della scuola a tenere e rimotivare gli studenti problematici, in particolare maschi; l’attivazione proprio nel 2011 dei corsi biennali di qualifica che hanno spostato studenti dalla scolarità classica alla formazione professionale, l’attrattività precoce del mondo del lavoro, che, tradizionalmente, riusciva ad assorbire anche i più giovani.” Ma a spiegare meglio il fenomeno, secondo gli uffici regionali, è “la selezione scolastica che appare senza dubbio la più importante perché è quella che determina gli altri elementi di sofferenza come il ridotto tasso di diplomati ed una troppo scarsa diffusione dell’eccellenza nei risultati conseguiti dagli studenti valdostani agli esami di Stato.“

Criteri di valutazione troppo selettivi dei docenti
In Valle d’Aosta si boccia quindi troppo e questo “non è quasi mai utile al recupero dello studente”. A dirlo è anche l’Ocse in uno studio che ha mostrato come i paesi dove si boccia di meno o per nulla, come la Finlandia, sono quelli che ottengono i punteggi più alti nei test di profitto delle indagini internazionali.
Insomma la colpa non è della preparazione degli alunni ma dei criteri di valutazione dei docenti, troppo selettivi. A confermarlo sono i test Pisa dove gli studenti valdostani ripetenti ottengono punteggi più alti dei propri coetanei di altre regioni nelle stesse condizioni.

Le azioni strategiche per arginare il fenomeno
Cosa fare quindi per invertire la rotta? Il piano varato dalla Giunta mette in fila una serie di azioni tra cui: l’arricchimento e diversificazione dell’offerta formativa nella direzione di un miglioramento e potenziamento della filiera professionale dell’istruzione secondaria; la personalizzazione della didattica in tutti i gradi di scuola, fondamentale per promuovere il successo formativo, il miglioramento delle competenze chiave degli allievi, curando ad esempio la formazione e la professionalità dei docenti e dei dirigenti scolastici. In particolare, spiega lo studio, bisogna pensare la formazione dei giovani in termini non più di accumulazione di conoscenze bensì di sviluppo di competenze. E in questo senso va rafforzata la collaborazione formativa fra scuole e mondo del lavoro ma anche con le famiglie.
Perché alla fine dei conti “un anno supplementare di formazione comporta dei costi, non solo per l’allievo e la sua famiglia, ma anche per la società, se si considerano gli oneri derivanti dal ritardo dell’entrata dell’allievo nel mercato del lavoro”.

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