Il tono non è accusatorio, ma è fermo. Le lettere inviate all’Assessore alla Sanità Roberto Barmasse – due, una firmata dagli infermieri dei reparti Covid 1-2-3-4 e 5 del “Parini”, l’altra da infermieri e Oss del Covid-2 – sono state scritte “al fine di migliorare le condizioni di lavoro degli operatori” e “assicurare la sicurezza degli utenti” ricoverati.
La prima ondata e la seconda
“Nel corso dell’emergenza Covid della scorsa primavera – si legge in entrambe le lettere -, seppure in condizioni di forte stress, ancora inconsapevoli della gravità della pandemia e pieni di forza e di buona volontà, abbiamo potuto lavorare e fare affidamento su di un organico che permetteva un rapporto paziente-operatore di 5-6:1. Questa seconda ondata, da molti preannunciata, ha colto tutti totalmente impreparati principalmente per ciò che concerne la carenza di personale, come esposto dalla FNOPI che da un rapporto del 2020 calcola la carenza nazionale di infermieri pari a n. 50.000. Il concorso per titoli ed esami per la copertura di n. 83 infermieri bandito dall’Ausl della Valle d’Aosta e appena conclusosi ne è un esempio emblematico”.
Poi si è tentato di correre ai ripari: “Solo dal 1° novembre l’azienda Ausl della Valle d’Aosta sta assumendo i 64 infermieri risultati idonei al concorso tanto atteso da mesi – si legge ancora -, numero insufficiente in una situazione di ‘normalità’ e ancor meno in una situazione di emergenza come questa che sta piegando un intero sistema. Quello che possiamo constatare è che nei mesi passati si è fatto molto poco per incrementare il personale”.
La notte tra il 29 ed il 30 ottobre
La lettera degli operatori dei reparti Covid 1-2-3-4-5 racconta un aneddoto: “La notte del 29/10 è stata complessa (2 infermieri + 1 OSS per 26 malati non è fattibile), tutt’altra cosa rispetto alla prima ondata di COVID, in cui un infermiere assisteva al massimo 6 pazienti. Abbiamo fatto quattro ricoveri uno dopo l’altro, tra cui: due totalmente dipendenti, una soporosa e una disorientata t/s ed agitata che ha chiamato ogni 15-20 minuti. Il tutto senza aver ancora avuto tempo per rilevare un parametro agli altri pazienti. Abbiamo concluso il primo giro di parametri alle 2.30 circa. Nel frattempo abbiamo avuto un decesso e ci sono stati problemi con la chiamata al necroforo e la vicina di letto molto ansiosa”.
Non solo: “Nella notte, una paziente ha avuto una crisi dispnoica importante e diversi pazienti, nelle 2 sale erano agitati e poco gestibili, alcuni hanno richiesto contenzione e continui passaggi nelle stanze visto l’alto rischio di caduta – si legge ancora -. Abbiamo riscontrato inoltre difficoltà anche per il personale medico che deve gestire diversi reparti, oltre che per i ricoveri anche per la semplice terapia AB. Per la terapia ci vorrebbe un protocollo per uniformare le terapie domiciliari (i farmaci scarseggiano e molta terapia personale non l’abbiamo fisicamente in reparto). Per quanto riguarda la notte del 29/10 i campanelli hanno suonato senza sosta fino alle 3 circa, con una sola ora di pausa. La situazione si presenta surreale e pericolosa sia per i pazienti sia per gli operatori. Vista l’esperienza della prima ondata, anche nella turnistica si riusciva ad avere più ‘stacco’ per recuperare la stanchezza. Capiamo l’emergenza e la carenza del personale, ma pensare di fare 5 turni di fila in queste condizioni non è auspicabile”.
“In queste condizioni non è possibile garantire la sicurezza del paziente e tanto meno dell’operatore. I pazienti anche se momentaneamente stabili, possono peggiorare rapidamente, molti sono disorientati con necessità costante di supervisione per il mantenimento dei presidi per l’ossigenoterapia, altri ancora sono terminali, altri ancora ansiosi per la situazione che stanno vivendo”.
Carico di lavoro da un lato, mancanza di tutela dall’altro, come scrivono infermieri e Oss del Covid-2: “Ad oggi il reparto Covid 2 è inteso ad alta intensità assistenziale di cura ma è stato mantenuto lo stesso rapporto utente/organico dei reparti covid a bassa intensità. In queste condizioni non è possibile garantire la sicurezza degli utenti né è tutelata la nostra professionalità. Molti utenti sono impauriti, disorientati, con necessità costante di supervisione per il mantenimento dei presidi; altri sono in fase terminale, soli in una stanza senza la vicinanza dei loro cari e nel più totale sconforto”.
Problemi di personale, problemi di materiali che mancano
Ai problemi di carenza di personale si aggiunge quello della tutela. Infatti, nella lettera del personale del reparto Covid-2 si legge: “Gli operatori in turno della durata di 8 ore spesso non riescono a sospendere il lavoro né per una fisiologica ed umana breve pausa né per il necessario cambio dei dispositivi di protezione individuale, come da indicazioni dell’OMS. Tutto ciò avviene a causa dell’elevato carico di lavoro, caratterizzato dall’assistenza di pazienti critici e complessi, dai numerosi trasferimenti di pazienti da altre realtà Covid e dai ricoveri dal pronto soccorso/tenda, con conseguente perdita di concentrazione ed attenzione. Assentarsi dai reparti Covid prevede dei tempi lunghi che comprendono la svestizione e la vestizione, percorsi non brevi per raggiungere anche solo i servizi”.
Ma uno dei problemi “chiave” è anche nei materiali. Nella lettera, infatti, si legge ancora: “Segnaliamo inoltre la carenza di materiale sanitario, come ad esempio pompe per la nutrizione parenterale ed enterale, bombole di ossigeno, flussimetri, caschi c-pap, maschere total face e la scadente qualità di molti prodotti. L’approvvigionamento di materiale avviene in alcuni casi tramite il prestito di altri reparti, con conseguente perdita importante di tempo”.
Decisioni già prese
La conclusione è dura: “Siamo professionisti – scrivono dai cinque reparti – e come tali sarebbe opportuno conoscere, ascoltare ed accettare le nostre considerazioni, invece che tutto venga deciso a priori dall’alto e a noi non resta che adeguarsi”.
Infermieri e Oss del Covid-2 aggiungono: “Senza il personale infermieristico l’ospedale non avrebbe la forza di rimanere in piedi e noi come categoria siamo al limite fisico e soprattutto psicologico”.
L’Assessore Barmasse: “L’infezione tra il personale è una delle criticità”
Le lettere sono arrivate sulla scrivania dell’Assessore alla Sanità Barmasse che, in conferenza stampa, ha spiegato – in riferimento proprio alle lettere -: “C’è una carenza di personale, dovuta anche al numero di infermieri positivi. Il concorso dell’Usl ha permesso di assumere nuovo personale, ma è ovvio che il problema dell’infezione tra il personale è una delle criticità. A volte l’infezione non è stata presa in ospedale, ma è un problema perché il personale va sostituito e questa carenza non ci aiuta”.
Dai dati forniti da Barmasse in conferenza stampa, ad oggi risultano positivi 9 medici, 42 infermieri, 3 Ots, 1 ostetrica, 4 fisioterapisti e 4 tecnici.
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Vista la gravità della situazione non sarebbe il caso di assumere il personale sanitario indifferentemente dalla conoscenza del Francese? Grazie
All’ultimo concorso per l’assunzione di 83 infermieri, si sono presentati 119 candidati. Nelle varie prove, francese, scritto, prova pratica, orale, sono state eliminate 53 persone, pari al 44%, di cui 12, il 10%, all’ultima prova. Alla fine sono entrati in graduatoria 66.
Praticamente tutti i partecipanti erano infermieri che già lavoravano all’USL con contratti di lavoro somministrato, che hanno lavorato (e studiato per il concorso) in pieno lockdown, che lavorano ancora adesso in ospedale, indipendentemente dall’esito del concorso.
Vedi delibera dell’AUSL Valle d’Aosta n 352 del 19/10/2020.
Il fatto si commenta da solo.
La popolazione dovrebbe sapere con quale pivellaggine e menefreghismo viene reclutato il personale sanitario, a partire dall’ufficio preposto, che nel migliore dei casi non risponde al telefono oppure si nega con scuse arroganti. Le mobilità interregionali ed i concorsi vengono sostituiti da contratti farlocchi con agenzie interinali. Mi chiedo inoltre quale sia il ruolo dei sindacati in uno sfascio del genere.