Ore e ore passate ad osservare il cielo della Valle d’Aosta. Stelle, pianeti e tanti perché, quelli dei bambini curiosi a cui non sempre è semplice trovare una risposta. “Da piccola volevo fare l’astrofisica e probabilmente per i miei genitori ero insopportabile. Li riempivo di domande su ogni cosa”, racconta Eleonora Pariset, 24 anni, di Villeneuve.
Crescendo, all’astrofisica ha preferito la fisica. Dal liceo scientifico Bérard di Aosta è volata prima all’Università La Sapienza di Roma, dove lo scorso ottobre si è laureata in fisica delle particelle, e poi a Boston per il dottorato al Massachusetts Institute of Technology (Mit).
È ancora al liceo quando – dopo una breve esperienza all’Osservatorio astronomico di Saint-Barthélémy, a Nus – entra per la prima volta al Cern di Ginevra. “Sia alle medie che alle superiori ho avuto la fortuna di incontrare professori che hanno saputo indirizzare questa mia attitudine, ma è lì che mi sono innamorata della fisica delle particelle”, dice.
Da lì la decisione di iscriversi a fisica all’Università La Sapienza, frequentando anche la scuola superiore di studi avanzati. “È un percorso parallelo a quello universitario dove fai corsi, progetti di ricerca e progetti interdisciplinari in più rispetto al percorso universitario – spiega Pariset -. In un’università che conta più studenti degli abitanti della Valle d’Aosta frequentare la scuola di superiore di studi avanzati mi ha permesso di far parte di una piccola comunità di circa 150 ragazzi che studiavano qualsiasi cosa. Vivevamo tutti insieme in una residenza e ritrovarmi a condividere il pranzo o la cena con persone che studiano tutt’altro mi ha arricchita molto”.
Un’esperienza che le è rimasta nel cuore. Al punto che sarebbe rimasta volentieri nella capitale anche dopo la laurea. “Fare ricerca è sempre stato il mio sogno e ho fatto domanda per diversi dottorati, anche a La Sapienza – spiega -. Quando mi è arrivata l’offerta dal Mit ho accettato perché era un posto in cui ad un certo punto sarei voluta andare. C’era l’opportunità adesso e l’ho colta”.
Il primo aereo per Boston l’ha preso lo scorso aprile. “Negli Stati Uniti, a differenza dell’Italia e dell’Europa, i dottorati durano dai 4 ai 6 anni e, prima di iniziare, ti pagano un volo e un albergo per farti vedere l’università e farti conoscere i professori, gli studenti, gli altri dottorandi. La cosa che mi ha impressionata è che tutti erano entusiasti e felici di parlare di ciò che stavano facendo. Tutto ciò è stato travolgente”.

Dallo scorso agosto, Pariset è entrata nei laboratori del Mit come dottoranda, occupandosi di materia oscura. Si divide tra lezioni e esperimenti. “Nella fisica delle particelle abbiamo delle domande ancora aperte – dice – e la materia oscura – ovvero l’esistenza di qualcosa che non sappiamo ancora cosa sia – è una di queste. Ci sono tanti modelli teorici che tentano di spiegare la materia oscura ma manca la prova sperimentale e il lavoro dei fisici delle particelle sperimentali è cercare di costruire degli esperimenti che provino la materia oscura. Noi vogliamo cercare gli assioni, ipotetiche particelle candidate di materia oscura”.
Boston le piace. “Tutti mi dicono che è la città più europea degli Stati Uniti. Quando cammini per strada vedi tanta gente seduta nei dehors dei bar a bere e mangiare qualcosa, questa è un’abitudine europea che negli Usa non è frequente. Poi ci sono talmente tante opportunità e tante cose da fare – dallo sport, ai corsi di ballo ai seminari – che diventa difficile scegliere”.
Nel tempo libero, Pariset si dà alla corsa e alla chitarra cercando di colmare vuoti lasciati dall’Italia. Prima di tutto gli affetti, poi il cibo. “Con i dazi i prodotti italiani sono molto costosi”, dice con un po’ di rammarico. Questo non è l’unico effetto della politica di Trump che la preoccupa. Complice il taglio dei fondi, anche la ricerca scientifica – da sempre fiore all’occhiello degli Usa – sta vivendo un periodo di incertezza.
“Mi dispiace molto essere capitata qui in questo periodo – dice -. Al momento, come dottorandi, ci garantiscono lo stipendio per cinque anni, poi vedremo. C’è incertezza ed è più difficile avere i visti. Speriamo che le cose non peggiorino e vadano meglio. Me lo auguro non solo per gli Stati Uniti, ma per la politica mondiale”.

Una risposta
Frassiney e non Frassineto.