Giorno del Ricordo, parlano gli studenti dopo la visita a San Sabba e Basovizza
Si è concluso il viaggio dei quarantuno studenti delle scuole superiori valdostane che, in occasione del Giorno del Ricordo, si sono recati a Trieste dall’11 al 13 febbraio 2015.
I ragazzi, in rappresentanza dell’Istituto Regina Maria Adelaide di Aosta, dell’Istituzione scolastica di istruzione tecnica Manzetti di Aosta, del Liceo scientifico e linguistico Bérard di Aosta e dell’Istituto professionale salesiano Don Bosco di Châtillon, hanno visitato la Risiera di San Sabba – unico campo di sterminio italiano -, la Foiba di Basovizza – simbolo di tutte le atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie e dai fiancheggiatori del dittatore Tito – e Redipuglia, sacrario monumentale della prima guerra mondiale, dove sono sepolti più di 100.000 soldati.
L’iniziativa, organizzata per il sesto anno consecutivo dal Consiglio Valle, dalla Presidenza della Regione e dall’Assessorato dell’istruzione e cultura, era volta a promuovere un percorso di studio e di ricerca per ricordare il dramma dell’esodo della popolazione italiana dalle terre dell’Istria e Dalmazia e per ricordare la tragedia delle foibe.
Si è trattato senza dubbio di un’esperienza molto coinvolgente ed emozionante, come si evince dalle impressioni e riflessioni scritte durante il viaggio di ritorno dagli studenti, di cui si riportano alcuni estratti.
«La violenza esula dal concetto di patria, nazionalità o bandiera politica: essa va condannata a prescindere e la città di Trieste ne è l’esempio più lampante. Qui è impossibile porre su una bilancia le violenze commesse da una parte piuttosto che dall’altra; le atrocità e l’odio hanno segnato indelebilmente la storia di questi luoghi ma sono anche un grido di pace e di libertà che risuona ancora oggi.» (Alice e Luca, Matteo e Valerio delle classi 5aC e 5aA dell’Istituto Regina Maria Adelaide – Liceo Scientifico, Scienze applicate)
«Ciò che mi ha fatto riflettere molto sono state le storie degli italiani che dopo l’annessione di Trieste all’Italia, trovandosi sul territorio sloveno, sono stati costretti ad integrarsi in quella società, mentre altri hanno dovuto fare dei sacrifici per tornare nella loro terra. Questo spirito è ormai scomparso negli italiani di oggi. Tra i miei coetanei, quasi nessuno avverte più un legame affettivo con la propria terra e sono convinta sia un vero peccato. Noi italiani dovremmo essere orgogliosi di appartenere al nostro popolo e tutti noi giovani dovremmo aspirare a migliorare l’Italia, non scappare abbandonandola alle proprie sorti.» (Althea della classe 5aA AFM dell’Istituzione scolastica di istruzione tecnica Manzetti)
«La Risiera di per sé non comunica granché, non è altro che un vecchio edificio in mattoni rossi a vista, ma ecco che basta anche una minima rivelazione su quel che avvenne e tutto diventa ovvio: gli occhi si aprono su una realtà allo stesso tempo angosciante e disgustosa, ed è inevitabile non volgere uno sguardo all’indietro. Le celle, il buio, anche solo il fascino lugubre di quei muri spogli… ci si guarda attorno senza capire né perché né come sia stato possibile esaurire tale follia. Ma, fatto ancor più grave, quando si pensa che ormai il peggio sia passato, che sia stato solamente un passo falso dell’umanità, ci si rende conto che la caduta è appena iniziata. Come sia possibile che alla fine di un incubo ne nasca subito un altro è incomprensibile: osservare la progressione della Foiba di Basovizza ha suscitato qualcosa di indescrivibile; la quantità di vittime e la crudeltà colpiscono profondamente il visitatore.» (Matteo e Ivan dell’Istituto Regina Maria Adelaide – Liceo Scientifico, Scienze applicate)
«In un mondo in cui si continuano ad accentuare e strumentalizzare le differenze trasformandole in muri, esperienze come questa non sono solo mere occasioni di commemorazioni, ma soprattutto lezioni di libertà, di pace e solidarietà, necessarie per un futuro migliore, basato su valori di fratellanza e comprensione. Perché questo è e deve essere la vera memoria. Perché questo è e deve essere il vero ricordo.» (Marco del Liceo scientifico Edouard Bérard)
«Ricordare vuole dire non dimenticare le atrocità, la violenza, la follia, ma soprattutto quei giovani che per futili motivi si videro privati di tutto, purtroppo spesso anche della vita.» (i ragazzi dell’Istituto Don Bosco)
«E’ sorprendente come avvenimenti così drammatici e significativi abbiano cominciato ad essere presi in considerazione solamente da così poco tempo, dopo così tanti anni, non solo dalla popolazione, ma dalle stesse Istituzioni, anche se spesso il tempo di permette di guardare e valutare il passato.» (Ester dell’Istituto Regina Maria Adelaide)
«Il fatto di essere lì e calpestare quella terra che ha assorbito il sangue di milioni di uomini, ma anche giovani della nostra età, ci ha fatto molto riflettere sul valore della pace in cui viviamo. A quanto pare oggi, per noi giovani il "nemico" è la crisi economica, ma è più tragico studiare e cercare lavoro o essere obbligati ad andare in guerra senza poter decidere il nostro futuro?» (Samuel, Gianluca e Laurent dell’Istituzione scolastica di istruzione tecnica Manzetti, corso CAT di Châtillon)
«Dopo questo viaggio posso dire con certezza che per capire fino in fondo il significato di "trincea" o di "campo di sterminio" l’unico modo è quello di visitare direttamente i luoghi per noi oggi testimonianze del passato.» (Ylenia dell’Istituto Regina Maria Adelaide)
«Les émotions qui nous ont été transmises à travers la documentation visive ont été très intenses. Chacun de nous a pu reconstruire dans la mémoire une image personnelle des cruautés accomplies dans le vingtième siècle et y réfléchir. Surement, l’intérêt a été fort et l’efficacité de ces témoignages nous a permis d’enrichir notre répertoire historique.» (Joëlle Hélène de l’Institut scientifique des sciences appliquées, Henri e Thierry du Lycée scientifique Edouard Bérard)