Gentile assessore
Abbiamo appreso che il Consiglio regionale ha approvato nei giorni scorsi la sua proposta di avviare uno studio finalizzato alla realizzazione di due funivie: la Aosta-Pila-Cogne e la Ayas-Cervinia.
Vorrei esprimere le mia perplessità sulle motivazioni, da Lei esposte ultimamente in più sedi, che stanno alla base di quei progetti e che rappresentano una precisa visione del futuro turistico della valle d’Aosta.
Sorvolo sulle modalità con cui Lei si pone durante le sue arringhe e sulla brutta abitudine di attribuire a tutti quelli che non la pensano come Lei la qualifica di “portatori di una posizione ideologica”. Vorrei ricordarle che la tecnica della delegittimazione dell’avversario è stata praticata ampiamente negli ultimi mesi da un ben noto rottamatore nazionale, ma non gli ha portato fortuna. Per dimostrarle che anche la sua posizione potrebbe essere considerata “ideologica”, vorrei avanzare alcuni ragionamenti e riflessioni all’insegna del buon senso. La sua scelta di puntare per il futuro della Valle d’Aosta soprattutto sullo sci e sulle grandi infrastrutture non mi convince per una serie di ragioni.
In un periodo di rapidi cambiamenti climatici e di riscaldamento delle temperature investire grosse somme sulla neve e promuovere la Valle come un’unica grande stazione sciistica è una scelta che suscita grosse perplessità perché potrebbe comportare dei rischi economici nel futuro.
Lei sostiene che anche le altre forme di turismo (naturalistico, culturale, gastronomico, …) sono positive ma che lo sci deve restare il settore trainante. In particolare ritiene che sia vincente la formula per cui agli sciatori vengono offerte delle opportunità anche nel campo culturale e naturalistico e, viceversa, ai turisti interessati agli altri settori viene data la possibilità di usufruire anche dello sci. Ora, se da una parte è vero che può essere utile avere un’ampia e diversificata offerta e se, in teoria, è vero che un turista della neve potrà sempre approfittare dell’offerta culturale (e viceversa), l’esperienza ci insegna che pochissimi delle migliaia di turisti che ogni fine settimana salgono a Cervinia si sono mai fermati a vedere le bellezze naturalistiche di Cheney o il patrimonio storico-architettonico di Petit Monde a Torgnon. E non credo che i turisti che vengono per vedere Aosta e i mercatini o i castelli o quelli che vanno a Cogne per vedere il Parco Gran Paradiso si lascino tentare dalle piste da sci. I turisti hanno in genere gusti ben precisi e differenziati, come ben sanno gli operatori turistici che si rivolgono in genere ad un target ben preciso nelle loro promozioni. In particolare, ai grandi operatori interessa riunire le masse in alcuni luoghi (magari portandoli sul posto) e non si occupano delle piccole località. Gli interessi dei grandi imprenditori non coincidono con quelli dei piccoli/medi albergatori e con quelli dell’economia diffusa sul territorio.
I progetti funiviari vengono pubblicizzati nell’ambito della mobilità come una soluzione di trasporto multimediale. E’ vero che l’Europa incentiva la mobilità nell’ottica di sviluppare un sistema integrato, che abbia però come perno un sistema ferroviario efficiente (in quanto si tratta del sistema di trasporto sicuramente meno inquinante), al quale sistema devono raccordarsi le altre forme di mobilità in un’ottica di efficienza. Ora, già è difficile considerare queste funivie un sistema di mobilità, perché, anche nel momento in cui colleghino luoghi e vallate diverse, il loro scopo non è quello di permettere alla gente di spostarsi ma bensì quello di portare gli amanti dello sci da discesa a sciare (cosa interessante ma non così necessaria!). Ancora di più appare assurdo creare un sistema di “trasporto multimediale integrato” sulle creste delle montagne quando non esiste un sistema di trasporto efficiente che porti la gente ai piedi delle montagne. Forse è il caso di spiegare, anche nei confronti dell’Europa, che far arrivare sulle cime grandi masse utilizzando solo il mezzo privato (dal momento che non esistono mezzi di trasporto collettivo efficienti) significa intasare di strade, parcheggi, inquinamento il fondo valle
E, a proposito di inquinamento e delle altre forme di degrado della natura connesse a tali interventi (penso in particolare al sito naturale, protetto proprio dalla Comunità europea, in val d’Ayas), voglio ricordarle che entrambe i progetti proposti devono superare la Valutazione di Impatto Ambientale secondo le indicazioni fornite dall’Europa con la Direttiva 2011/92/UE. Direttiva che prescrive che “al pubblico interessato vengono offerte tempestive e effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale, quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione” (art. 6 c.4). E all’art. 7 prevede che qualora un progetto coinvolga un altro Stato (penso alla Svizzera nel caso del collegamento Ayas-Cervinia-Zermatt) è necessario che tale Stato sia informato del progetto (che potrebbe avere ripercussioni sul suo territorio) e che gli venga fornita la possibilità di partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale.
Dal momento che questi grandi progetti infrastrutturali, per la quantità di fondi che drenano e per l’impatto sulle scelte globali dello sviluppo della regione, andranno a condizionare la politica turistica ed economica del prossimo futuro in modo forse irreversibile, penso che tutti i valdostani debbano potersi esprimere in proposito. Anche quei valdostani che, in virtù di queste scelte, si ritroveranno a piedi (cioè senza mezzi di trasporto efficienti) condannati a respirare l’inquinamento prodotto dalle masse dei turisti giornalieri di passaggio. Non penso che un questionario, compilato solo dai diretti interessati delle località turistiche coinvolte, sia sufficiente a sbandierare quella alta adesione della popolazione ai progetti, così come ci viene proposta dai media.
In conclusione penso che siamo di fronte a scelte impegnative, che condizionano lo sviluppo futuro della regione e che distolgono fondi che potrebbero essere usati ben più proficuamente per lo scopo vero a cui dovrebbero essere destinati (la mobilità all’interno della regione e il suo collegamento con l’esterno anziché quella sulle alte cime).
Scelte a cui tutti i valdostani devono poter partecipare. Mi permetto quindi di suggerirle di voler fare un’indagine presso la popolazione, prima che qualcuno pensi a proporre un Referendum. Non vorrei doverle ricordare (forse lei era troppo giovane all’epoca) che negli anni ’80 i valdostani hanno rifiutato le Olimpiadi. Può darsi che abbiano cambiato idea. Sarebbe meglio verificare.
Aosta 14 dicembre 2016
Rosetta Bertolin
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Condivido completamente il pensiero di Rosetta Bertolin. E di più, anche i non residenti, che frequentano la valle in maniera continuativa (e la amano) dovrebbero potersi esprimere sulle scelte impattanti della politica regionale. Non solo perché le montagne non appartengono solo a chi le abita ma sono un patrimonio di tutti. Ma anche perché sono i turisti non residenti che portano le risorse e il denaro in valle e oggi potrebbero non essere più d’accordo con i megainvestimenti devastanti.