La popolazione valdostana all’estero ringiovanisce, quella della regione invecchia. È la fotografia della Valle d’Aosta che emerge dall’ultimo rapporto Italiani nel mondo elaborato dalla Fondazione Migrantes, presentato ieri sera, lunedì 13 maggio, al salone ducale del Municipio di Aosta, insieme al rapporto Immigrazione 2024, elaborato dalla fondazione insieme alla Caritas. L’incontro è stato organizzato dalla Fondation Émile Chanoux.
Il dato, aggiornato al 1° gennaio 2024, parla di 8.228 valdostani iscritti all’Aire, l’Anagrafe degli italiani iscritti all’estero, l’equivalente del 6,7% della popolazione della regione. Se dal 2006 ad oggi la presenza degli italiani nel mondo è quasi raddoppiata – crescendo del 97,5% con 6,1 milioni di cittadini iscritti all’Aire – quella valdostana è cresciuta del 132%. Non solo. Il 19% dei valdostani residenti all’estero ha meno di 18 anni – la media nazionale è del 14,6% – mentre il 16,6% (media italiana 21%) ha più di 65 anni. “Ciò significa che la popolazione di origine valdostana all’estero si sta svecchiando sempre di più”, dice Delfina Licata, sociologa della mobilità e curatrice del rapporto Italiani nel Mondo.
Le mete più scelte dai valdostani che partono all’estero sono la Francia (29,8%), la Svizzera (24,1%) e il Regno Unito (6,7%). Seguono la Spagna (4,6%), l’Argentina (4,5%) e la Germania (4,3%). I comuni con la percentuale più alta di iscritti all’Aire rispetto alla popolazione residente sono Gressoney-Saint-Jean (10%), Pré-Saint-Didier (9,4%) e Verrès (9,2%), ma il fenomeno incide maggiormente nei comuni di Rhêmes-Notre-Dame (17 iscritti su 76 residenti), Valsavarenche (34 iscritti su 153 residenti) e Saint-Rhémy-en-Bosses (74 iscritti su 334 residenti).
Nel suo intervento, Licata punta il dito contro “una narrazione strumentale e insufficiente” dei flussi migratori. “Spesso sentiamo parlare di cervelli in fuga, di persone altamente qualificate che hanno una vita semplice all’estero ma questa è una minima parte – spiega -. La maggioranza di chi parte ha un titolo di studio medio alto, ma non è altamente qualificato e raggiunge l’estero per un desiderio di una realizzazione del sé“. E aggiunge: “Ciò è dovuto all’inesistenza di un ascensore sociale che un tempo permetteva di crescere come persona all’interno del nucleo familiare. Un ragazzo o una ragazza che oggi vuole crescere va all’estero, dove si riesce a trovare un lavoro in linea con ciò che si è studiato, una retribuzione migliore rispetto a quella che si ha in Italia”.
Tra le motivazioni che spingono i giovani a lasciare l’Italia, c’è anche “la realizzazione della genitorialità – afferma la sociologa -. I giovani sentono di dover partire all’estero per diventare padri e madri e questo ci deve interrogare e chi parte non torna perché il nostro paese non è attrattivo. L’Italia è malata perché il nostro processo migratorio è unidirezionale, si parte e non si torna. Il processo migratorio perfetto è circolare: alle partenze devono corrispondere i ritorni”. Per Licata, diventa indispensabile compiere “quel salto culturale secondo cui chi parte non è lo stesso di quando torna perché è arricchito dal processo migratorio, dal punto di vista linguistico ad esempio”.
Il rovescio della medaglia è rappresentato da chi arriva in Valle d’Aosta. Secondo i dati illustrati da monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, sono 5,3 milioni i cittadini stranieri residenti in Italia (+3,2% rispetto allo scorso anno). In Valle d’Aosta risiedono 8.663 stranieri, 200 in più rispetto allo scorso anno. “L’incidenza sulla popolazione residente è del 7% ed è inferiore alla media nazionale”, dice Felicolo. Le donne immigrate in Valle sono 4.594 e superano gli uomini che sono 4.069. Provengono principalmente da Romania, Marocco, Ucraina, Albania e Tunisia e contribuiscono per il 9% alle nascite della regione. La percentuale sale al 18% se si considerano i nati di cui almeno un genitore è straniero. In Valle, la presenza di cittadini stranieri “contribuisce a sostenere la struttura demografica della popolazione con un impatto significativo sul mondo del lavoro e dell’istruzione”, dice Felicolo.
A tirare le somme dei flussi migratori della più piccola regione d’Italia è Andrea Gatto, direttore della Caritas diocesana di Aosta, che ne analizza gli effetti sulla denatalità. “Quindici anni fa i bambini nati in Valle d’Aosta erano tra i 1.400 e i 1.500, nell’ultimo anno sono stati meno di 700 – dice -. Ci sono gli stranieri si potrebbe dire, ma i nati stranieri quindici anni fa erano 159 e nell’ultimo anno 67. Questo è un dato che mi preoccupa molto e che ci deve far riflettere. Ci stiamo impoverendo”.
Per il sindaco di Aosta, Gianni Nuti, “è importantissimo raccogliere dati su un fenomeno naturale che è fatto di persone” e che “l’uomo ha la possibilità di governarli affinché non si disumanizzi”. Il vescovo di Aosta, Franco Lovignana, si sofferma sull’importanza dei dati per “guardare con una certa oggettività a questi fenomeni che purtroppo spesso vengono strumentalizzati e ideologizzati”.