“Una persona sui cinquant’anni mi diceva pochi giorni fa: "ero venuta a Saint-Vincent circa 30 anni fa. Era un paese nel quale si stava bene. Sono venuta in questi giorni, mi hanno subito offerto un biglietto per entrare a giocare al Casinò. Sono inoltre rimasta un po’ sconcertata dal numero di prostitute lungo le vie che nemmeno nel mio quartiere di Milano, che non è dei più nobili, sono così numerose”. E’ questa una delle riflessioni con cui don Giulio Vuillermoz, parroco di Saint Vincent, vuole far ragionare su che come è diventata la cittadina termale negli ultimi anni. Lo fa dalle pagine dell’ultimo numero del bollettino parrocchiale ripreso a tutta pagina dal settimanale diocesano “Corriere della Valle” nel numero in edicola oggi. Ed è una riflessione amara quella di don Giulio che vede un paese malato di un benessere distorto, di prostituzione, di gioco d’azzardo, di un eccesso diffuso nell’uso dell’alcol anche da parte dei più giovani.
Si legge ancora nell’articolo di don Giulio: “Più di una giovane coppia di turisti con i figli che passeggiavano la sera per le vie della nostra cittadina, erano sconvolte dall’alto numero di donne di strada presenti in attesa dei clienti. "Cosa diciamo ai figli che ci interrogano? Dobbiamo rimanere chiusi in casa o forse è meglio andare in un altro paese?".
Sul gioco d’azzardo cita il cardinale Angelo Bagnasco che, alcuni mesi fa, ha descritto il fenomeno come un’emergenza sociale. Da qui lo spunto per riflettere su quella che qualche anno fa è stata una svolta per la casa da gioco valdostana: l’apertura delle porte anche ai residenti, anche se in maniera limitata. “È ancora più triste il fatto – si legge ancora nello scritto di don Vuillermoz – se pensiamo che il Casinò dipende dall’Amministrazione Regionale che dovrebbe preoccuparsi del bene dei cittadini, delle persone. Un bene che non consiste solo ad avere più denaro, e così invoglia anche la popolazione che dovrebbe servire, aprendo le porte anche ai valdostani alla casa da gioco”.