“Sicuramente il fatto che oggi se ne parli di più crea maggiore consapevolezza, ma vedo ancora tanta confusione. Ci sono ragazze giovani che faticano a comprendere che determinati comportamenti possano essere violenza o abuso”. Sono 70 i nuovi accessi registrati finora, nel 2025, al Centro donne contro la violenza di Aosta. Al dicembre 2024 erano stati 72. “Manca ancora un mese e ci aspettiamo un aumento” racconta la presidente del Centro, Anna Ventriglia.
Oltre agli accessi, si sommano le numerose chiamate con richieste di aiuto o informazioni. “Spesso ci richiamano in un secondo momento, perché non sono ancora pronte a fare il passo successivo”.
Anche nel 2025, “la stragrande maggioranza” delle donne che si sono rivolte al Centro sono italiane, vittime di maltrattamenti da parte di connazionali. L’età è varia, ma sono sempre più frequenti i casi che coinvolgono giovani. “Anche quest’anno abbiamo accolto alcune minorenni accompagnate dai genitori” spiega Ventriglia. “Sono spesso loro ad avere più difficoltà a riconoscere determinati comportamenti come violenza. Ci raccontano quello che hanno subito, ma ci chiedono se si sono rivolte al posto giusto”.
Non sono mancate anche quest’anno i casi di giovani donne che riferiscono di aver subito violenza sessuale. “La pornografia gioca un ruolo importante – racconta Ventriglia – è di per sé una forma di violenza, e oggi se ne fa un uso incredibile. Se deleghiamo completamente l’educazione sessuale alla pornografia, diventa difficile distinguere ciò che è una sana relazione da ciò che la supera”.
Da qui nasce il nuovo progetto del Centro: “Il ruolo della pornografia nella violenza contro le donne”, che partirà a breve in collaborazione con alcune associazioni giovanili. “È un tema ancora difficile da affrontare apertamente, ma nei racconti delle giovani emerge chiaramente l’influenza delle piattaforme e degli atteggiamenti che veicolano”.
Un tema che si intreccia al dibattito nazionale sull’educazione affettiva nelle scuole. “È necessario che si facciano determinati percorsi a scuola con figure esperte e formate, anche senza il consenso dei genitori. Alcune famiglie possono avere strumenti adeguati, altre no. Se il femminicidio è la punta dell’iceberg, le radici sono nella cultura patriarcale e nei comportamenti che apprendiamo inconsapevolmente fin da piccoli”.
Le donne che si rivolgono al Centro ricevono supporto psicologico e legale. “Apriamo percorsi personalizzati, cuciti addosso alla persona, con le nostre operatrici. Il nostro approccio è diverso da quello istituzionale: puntiamo sull’autodeterminazione. Non consideriamo la violenza una questione privata o neutra. Per noi è un problema sistemico, culturale e pubblico. Il nostro è un atto politico, di riconoscimento e contrasto alla violenza e al patriarcato”.
