Una bella sciacquata e una bella birra sono stati i due desideri espressi all’arrivo dal meranese Ulrich Gross, dopo quasi 80 ore di corsa lungo 330 chilometri e un dislivello di 24 mila metri. E’ lui il vincitore del Tor des Geants e ieri sera ha tagliato a Courmayeur il traguardo alle 18.27 con un distacco di oltre 5 ore dal secondo arrivato. L’ultramaratona più dura del mondo, che si svolge lungo le più alte cime che incoronano la Valle d’Aosta, ha visto arrivare al traguardo 220 dei 310 concorrenti partiti. Gross si è lasciato alle spalle lo spagnolo Calvo Redondo e il francese Guillaume Millet.
Gross ha ben gestito la sua gara, con una tattica ben studiata, non ha voluto strafare e quando è stato il momento, complice una prestazione interrotta solo da poche decine di minuti di sonno qua e là, ha accelerato diventando in alcuni punti del percorso, come la fase finale verso l’arrivo, un vero e proprio cerbiatto. In famiglia Gross le soddisfazioni arrivano anche per il risultato della sorella di Ulrich, Anne Marie, che ha conquistato il quarto posto assoluto, e il 1° posto tra le donne. Come il fratello anche lei fa parte della Nazionale degli Ultramaratoneti ed è fra le migliori 10 atleti al mondo. Se Ulrich Gross oggi si prende il meritato riposo, altrettanto non avverrà per le altre decine di concorrenti che ancora sono in gara e che cercheranno di chiudere il percorso che si sviluppa lungo le due alte vie alpine valdostane, fra l’area del Monte Rosa e quella del Cervino, entro le ore 16 di sabato 18 settembre.
Il segreto dell’altoatesino Ulrich Gross, sposato con 2 figli, è stata la resistenza al sonno: ha dormito un’ora e mezza dalle 10 di domenica mattina alle 18,27 di ieri. Tra le sorprese di questa super gara c’è quella della presenza in gara della guida alpina valdostana, ormai noto per aver conquistato gli Ottomila del mondo, Abele Blanc, 56 anni, alla sua prima esperienza di una gara del genere.
Il primo endurance trail in montagna in un’unica tappa che percorre l’intera regione si caratterizza per 330 km di sentieri alpini, 24.000 metri di dislivello positivo, 34 comuni coinvolti, 25 colli al di sopra dei 2.000 metri, 30 laghi alpini, 2 parchi naturali, da 300 a 3.300 metri di altitudine, 7 basi vita, 43 punti di ristoro. Su un percorso così non è solo la prestanza fisica e l’allenamento che vengono fuori ma tanti altri aspetti legati alla condivisione di una passione, di uno sport, con momenti di solidarietà che sono parte integrante della gara. Così i concorrenti procedono in gruppetti per sostenersi e spronarsi reciprocamente quando la crisi potrebbe minare la motivazione a proseguire. Faticoso e fondamentale è anche il lavoro dei molti volontari, che di notte e giorno, si alternano per garantire senza soluzione di continuità cibo sempre disponibile e caldo e i servizi sempre pronti per offrire ai trailer ogni supporto. Il servizio medico, presente in ogni base vita con diversi addetti volontari, non rileva nulla di significativo, salvo molti massaggi per aiutare il recupero delle contratture muscolari. Il disturbo più frequente è rappresentato da vesciche e abrasioni ai piedi, mentre nessuno tra i concorrenti in gara mostra segni di disidratazione o problemi di alimentazione errata, segno di buona esperienza e abitudine a prestazioni sulle lunghe distanze.