Dopo una sfolgorante carriera costellata di oltre 200 doppiaggi, Valentina Favazza ha prestato la propria voce all’iconica Marilyn Monroe nel film Blonde. Presentato nel settembre di quest’anno al “Festival del cinema di Venezia”, il biopic che con gli occhi del regista statunitense Andrew Dominik rivede la star nella sua più umana fragilità è il frutto per la doppiatrice valdostana di un complesso lavoro di studio e preparazione.
“Una delle migliori interpretazioni”
Se l’attrice principale del film, Ana De Armas, ha avuto modo di approfondire il proprio personaggio per circa un anno prima di cimentarsi nella sua interpretazione, Valentina è stata costretta alle tempistiche maggiormente stringenti del doppiaggio.
“Eccezionalmente ho potuto visionare il progetto prima di entrare in sala, comparandolo con alcune delle più celebri biografie del personaggio girate in passato e arrivando a realizzare quanto la mia performance fosse legata più a Norma Jean che non alla sua maschera Marilyn – racconta la doppiatrice -. Dopo circa 17 anni all’interno di questo campo, durante i quali ho comunque vissuto esperienze fantastiche, posso senz’altro dire che questa è una delle migliori interpretazioni assegnatemi, la quale mi ha affiancata a doppiatrici storiche che con le proprie voci coccolano gli italiani da quasi 100 anni”.
“Una emozione infinita”
Fan del doppiaggio dall’età di 7 anni, Valentina ammette di non aver ancora trovato il coraggio di rivedere Blonde, pur avendone dovuto riascoltare alcuni brani e pur avendone ricevuto ottimi feedback da pubblico e colleghi.
“Non si tratta soltanto della severità con la quale giudico il mio operato o della necessità di tempo per metabolizzare il fatto di essere divenuta la voce moderna di Marilyn – commenta la donna -. Questo film tocca per me corde particolari e importanti perché, se da un lato rievoca quella bambina sognatrice che ero un tempo regalandomi una emozione infinita, dall’altro lato esso va a inserirsi per me in un periodo molto difficile durante il quale ho assistito mia madre negli ultimi giorni della sua vita, spentasi troppo presto per poter riuscire a veder concluso il frutto del mio impegno”.
“Un biopic incentrato sulle debolezze”
Una delle maggiori difficoltà riscontrate dalla doppiatrice valdostana nel percorso di Blonde è quella relativa al lavoro sulle voci delle sue colleghe del passato.
“Ho cercato nei vecchi film su Marilyn certe immancabili e memorabili note da tentare di replicare senza scadere nell’imitativo e nell’antico bensì andando a ricercare una sorta di equilibrio ambedue vocale ed emotivo – spiega Valentina -. È stato strano ritrovarmi all’interno di un biopic incentrato sulle debolezze nel quale a emergere non è tanto il carattere forte e reattivo della protagonista bensì le sue incertezze e la sua delicatezza”.
Storia di una carriera
Dopo i primi esordi torinesi nella soap opera “Tempesta d’amore” a soli 19 anni, Valentina si lancia in un autentico salto nel buio nel mercato di Roma, ricco di prodotti interessanti che le permettono di formarsi e raggiungere una maturità artistica altrimenti impossibile.
“È nella capitale che ho potuto affacciarmi per la prima volta al grande cinema, sempre spronata e supportata dai miei genitori Grazia e Beppe, due dei punti di riferimento più importanti della mia vita che mai hanno smesso di credere in me – dichiara la doppiatrice -. Dopo una sorta di gavetta, il mio giro di boa è stato rappresentato da “La teoria del tutto”, nel quale ho prestato la voce a Felicity Jones, a oggi parte integrante di quella rosa di attrice che interpreto più di frequente”.
Dopo altre pellicole di spessore e altri colossal tra i quali il lungometraggio targato Marvel “X-Men”, Valentina inizia ad affiancare autentici professionisti del mondo del doppiaggio tra cui Fiamma Izzo e Rodolfo Bianchi.
“Tra le serie televisive che maggiormente hanno saputo darmi lustro vi è uno dei prodotti di punta di “Sky”, “Westword” – resoconta la giovane -. Nella crescente molteplicità di piattaforme a oggi presenti, sto attraversando un periodo professionale molto intenso e, accanto ad alcuni progetti sui quali sono costretta a mantenere la riservatezza, presto avrò modo di iniziare l’elaborazione della quinta e ultima stagione de “La fantastica signora Maisel”, serie che mi ha permesso di dare sfogo alla mia vena più comica”.
“Mesi artisticamente ricchi e stimolanti”
Tra i ruoli cardine della sua carriera, Valentina non manca di citare “The Danish Girl”, biografia del primo transgender della storia, Lily, del quale ha interpretato la moglie.
“Sento ancora nell’anima la magia di quella elaborazione, sulla quale ho avuto la rara occasione di poter trascorrere davvero molte ore, un tempo spesse volte messo da parte a favore della sola produttività – rammenta la donna -. Sto vivendo mesi artisticamente ricchi e stimolanti durante i quali ho l’occasione di esprimermi in maniere differenti, come accaduto con il lavoro parallelo su “Blonde” e “Gli anelli del potere”, film della saga tratta dai miei amati romanzi di Tolkien nel quale ho vestito di panni della forte e inattaccabile regina del fantasy Galadriel”.
“Un forte legame che viene dalla terra”
Per Valentina la Valle d’Aosta rappresenta oramai il piacevole ma lontano ricordo di una cittadina romana che tra le montagne ha lasciato il proprio cuore.
“Anche se nel tempo mia sorella, mio zio e i miei amici sono venuti a trovarmi a Roma, sono almeno 8 anni che non frequento la mia regione natia – ammette la ragazza -. Con la mia Valle d’Aosta sento un forte legame che viene dalla terra, una radice che prescinde dalla costanza con cui ritrovo questo posto a me così caro”.
“Poter divenire chiunque”
La passione di Valentina per il doppiaggio trae origine dalle fiabe sonore che da bambina ascoltava assieme al nonno, le quali le hanno permesso di affinare il proprio orecchio tanto da riuscire a riconoscere le voci dei vari doppiatori anche se associati a personaggi diversi.
“È così che, iniziato a registrarmi mentre recitavo i miei cartoni animati e film preferiti, ho scoperto di poter divenire chiunque indipendente dalla mia fisicità arrivando addirittura a prendere parte alle grandi produzioni americane – conclude la doppiatrice, che ha potuto perfezionare il proprio grezzo talento di ragazza autodidatta grazie a esperienze teatrali giovanili di carattere amatoriale -. Essere un doppiatore è molto più di possedere una voce dal bel suono e, in effetti, non è così dissimile dall’essere un attore che, pur restando dietro le quinte, emoziona e appassiona lo spettatore con la medesima e soddisfacente intensità”.
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