Se la notte dopo la regionale è quella della fatica e della spossatezza, nei giorni successivi al combat final la stanchezza lascia spazio a particolari che non pensavi nemmeno di ricordare. Rianalizzando a distanza la domenica della Croix-Noire subentrano dei “frame” che a caldo ci si era quasi scordati di aver vissuto. Tutti ricordano le emozioni delle tre finali, ma spesso passano in secondo piano – o si scordano del tutto – altri episodi che hanno la sfortuna di essere andati in scena troppo presto.
Un esempio: le avete viste le lacrime di Massimiliano Garin per la vittoria della sua Rubis? Chiunque era all’arena le ricorda, anche perché le foto dell’allevatore che si inginocchia e abbraccia il muso della sua regina ha fatto il giro del web. Ma ve lo ricordate, qualche ora prima, cosa faceva Massimiliano Garin?
Un londinese proveniente da Cogne
Figura slanciata, camicia a quadri (con diverse tonalità di blu), Massimiliano Garin dava l’impressione di essere più un londinese che osserva i bambini giocare nel parco piuttosto che un allevatore intento a inseguire il sogno di portare per la prima volta il bosquet a Cogne. Rubis aveva già vinto alla Croix-Noire, ma era successo nella notte di Ferragosto e non è la stessa cosa. Partita con i favori del pronostico, Rubis è stata accompagnata in arena dal suo proprietario quasi con fare distaccato. Sempre piuttosto lontano dalla bovina, Massimiliano Garin è rimasto sempre in piedi ad osservare le gesta della sua protetta, non facendo mai trasparire emozioni nonostante la lunga serie di successi inanellati da Rubis. Sembrava su un altro pianeta, Garin: altri allevatori – pur non esultando come il più esaltato dei calciatori – dimostrano empatia, magari soltanto camminando come ossessi vicino al combat o andando a smaltire la tensione dialogando con i rabatteurs o gli avversari. Garin è rimasto sul suo pianeta fino a quando Zara di Claudio Berthod si è voltata e ha deciso di arrendersi. Lì si è arreso anche Garin, cadendo sulle ginocchia, baciando la sua regina e togliendosi probabilmente dallo stomaco il “peso” di dover vincere. Le lacrime sono scese copiose, forse ne è scappata qualcuna anche al più freddo dei suiveur delle reines. E’ anche per momenti come questo che vale la pena aspettare che venga notte alla Croix-Noire in una fredda (ma non troppo) serata di fine ottobre.
Doues caput mundi
Cogne ha il bosquet – chissà come si sarà festeggiato questo record a Veulla e dintorni? Conoscendo lo spirito dei cogneins non sappiamo se sia meglio restare con questo dubbio o ricevere la telefonata che lo fuga del tutto – ma vogliamo parlare di cosa ha fatto la piccola Doues? Lasciando da parte il fatto che questo Comune vanta da poco meno di mese un Deputato, nel più spartano panorama delle reines il centro del Grand Combin ha rischiato di far saltare il banco e di mettere “dietro la lavagna” paesi ben più grandi e abituati alla ribalta della Croix-Noire. Alla fine finisce con il secondo posto di Zara di Berthod, il terzo di Bataillon dei fratelli Abram e il quinto di Lion di Giulio Péaquin: una serie bellissima, alla quale manca solo il bosquet. Forse sarebbe stato chiedere troppo, ma durante il derby di semifinale di secondo peso tra Zara e Bataillon qualcuno ha sognato anche la vittoria finale.
Il Presidente senza reines ma comunque soddisfatto
Il risultato di Doues è – ai punti – migliore di quello della famiglia di Gildo Bonin di Gressan. Il team del presidente dei combats (Roberto altri non è che il figlio di Gildo, e con il fratello Sandro accompagna le reines in campo) è stato meno nutrito del solito e rispetto al recente passato chiude la Regionale senza il bosquet. Una pecca? No, più che altro la conferma che le stagioni – anche tra le reines – sono diverse l’una dall’altra. Pur senza la ciliegina sulla torta il bilancio dei Bonin ha un che di clamoroso: con tre sole regine alla Regionale si portano a casa tre campane (un terzo e due quinti posti).
Le premiate che non ti aspetti
I nipoti di Gildo Bonin hanno una certa affinità con il giro d’onore sul campo alla Croix-Noire: per certi versi mettendo a confronto le “foto di rito” delle premiazioni che si sono susseguite nel corso degli anni ci si può rendere conto di quanto crescano in fretta i bambini (ma anche di quanto invecchiano, bene o male, gli adulti). Altre famiglie non hanno questa stessa fortuna, ma poi quando arrivano al traguardo – importa poco la dimensione del carreau che viene dato in dote – parte il cerimoniale più bello del mondo. Vestizione della campana, foto di gruppo (ma quanto sono belli i bimbi piccoli messi a cavalcioni sulla reina?), giro di campo salutando amici e parenti presenti all’arena. Giovanni Thomasset di Aymavilles ha potuto vivere questa emozione domenica insieme a Joseph, Nadège e al piccolo André, che tra qualche anno potranno guardare con orgoglio la foto che li ritrae con Contessa. Nessuno si aspettava questa regina a questi livelli, partita tra le comprimarie (con il suo numero 100, anonimo solo tra le reines) e finita a un passo dalla semifinale di seconda categoria, contro le corna di Bataillon degli Abram. Poco male: nel suo palmares di giornata Contessa ha gli scalpi della “vecchia” Coudra di Jean-Antoine Maquignaz e di due delle papabili favorite per il titolo, ovvero Vedette di Clelia Bich e soprattutto Belville dei fratelli Cunéaz. Ogni volta che entrava in campo Contessa sembrava avere il destino segnato, ogni volta lei smentiva con i fatti i suoi detrattori. Regina giovane, Contessa, come tante altre che abbiamo visto domenica: il futuro delle reines è assicurato.
La sorpresa Falchetta e la gioia di Italo Arlian
Tra le giovani annoveriamo Falchetta, la reina di terza categoria. Se Bataille in prima e Rubis in seconda erano nomi chiacchierati alla vigilia della finale di domenica, quello di Falchetta non era mai stato preso in considerazione. Talmente “sottotraccia” che chi scrive, nel compilare affannosamente il suo tabellone, agli ottavi l’aveva data come sconfitta nella sfida degli ottavi contro Iena di Stefano Meccheri. A parziale discolpa in quel momento il campo era in pieno fermento e – ammettiamolo – in pochi seguivano questo match. Così, poco dopo, aspettando il rientro in campo della 164 Iena ci si è parata di fronte la numero 99 Falchetta. A quel punto un po’ di credito glielo si è dato: ben riposto, considerando come con il suo abile gioco con le corna la reina di Nus abbia letteralmente messo fuori gioco prima Negrò di Stefano Charrier, poi Perla dei fratelli Béthaz e infine Baronne di Edy Gontier. Nota di colore: nella sfilata mattutina verso il peso Falchetta era accompagnata da Italo Arlian, istituzione dello sci valdostano. Per intendersi, Italo Arlian è l’allenatore che ha messo sugli sci da fondo Federico Pellegrino: forse solo quando Chicco ha vinto il Mondiale di Lathi nel 2017 Italo Arlian si è emozionato come domenica alla Regionale.
L’esperienza conta comunque
La terza sembra il peso delle sorprese, ma in realtà era la categoria delle conferme. Le quattro semifinaliste dell’anno scorso erano tutte presenti, e chi più chi meno si sono confermate ad alto livello. Riepiloghiamo: Reinette dei Bonin – la regina uscente – out in semifinale, Negrò (terza nel 2021) comunque quinta. Chi è mancata è forse Genève di Corrado Diémoz di Doues, terza l’anno scorso e out al primo combat contro Tormenta di Mauro Chatrian: l’eccezione che conferma la regola, per i doyard, considerando che la seconda classificata della Regionale di un anno fa – Baronne di Davide Grimod – è caduta proprio per colpa di una reina del paese del Grand Combin, Lion di Giulio Péaquin. Restando ai comuni, Aymavilles ha sperato in Edy Gontier (e nella sua inconfondibile capigliatura, aggiungiamo noi), ma il bosquet non è arrivato. Sarebbe stato l’unico per l’Envers delle reines, il “cuore pulsante” dei combats che va da Brissogne a Jovençan (per l’occasione aggiungiamo il paese del Grand Paradis): la geografia delle regine cambia di nuovo, a riprova che questo mondo così legato alle tradizioni è in continua evoluzione.
La bellezza dei combats
Chiudiamo con alcune considerazioni più leggere. Alle 11.04 di domenica la prima bovina a scendere in campo alla Regionale è stata Cardiff di Romeo Thomasset di Saint-Nicolas, impegnata nel primo sessantaquattresimo di finale di terzo peso contro Briga di Gianni Champion. La sua citazione non è solo legata all’inaugurazione del campo: bella regina, Cardiff, battagliera come la gente della città di cui porta il nome. Per la cronaca è arrivata agli ottavi, dove ha mandato in sofferenza Reinetta dei Bonin. Visto che siamo in tema “citazioni”, una la merita Poudre di Enzo Marcoz, protagonista sabato dell’interregionale: la sua stoicità faceva parlare gli appassionati anche domenica, e di certo se i suoi proprietari l’avessero riportata in arena questa bella primipara avrebbe dato ancora battaglia.
E’ una battuta, neanche così originale. Un allevatore non riproporrebbe a così breve distanza una regina dopo una fatica come quella affrontata da Poudre sabato. A questo proposito, possiamo confermare come sia sempre crescente la sensibilità dei protagonisti umani dello spettacolo delle batailles: un fattore importante, che da credibilità all’intero ambiente.