Lotta al cancro, la sfida di Sara Zanivan: ricercatrice valdostana in terra scozzese
Sara Zanivan sin dai tempi del Liceo culla il sogno di diventare, un giorno, ricercatrice. Forte della sua passione per la biologia, dopo il diploma, decide di iscriversi alla relativa facoltà presso l’Università degli Studi di Torino. Al quarto anno, grazie alla grande passione trasmessale durante le lezioni della sua Professoressa di Biologia cellulare, Sara capisce che è quella la strada giusta da perseguire. A conclusione del percorso universitario, decide di dedicarsi ad una tesi di ricerca che svolge a Candiolo, il centro oncologico piemontese, punto di riferimento nazionale e internazionale. A tesi completata, viene offerta a Sara la possibilità di fermarsi per un Dottorato di ricerca, un progetto nuovo e multidisciplinare che coinvolge molteplici figure, come fisici, matematici e biologi: “il mio obiettivo era quello di conoscere meglio la tecnologia della spettrometria di massa al fine di poter studiare come le proteine contenute nelle cellule ne regolano la funzione”. In quel periodo iniziavano in effetti ad uscire varie pubblicazioni, prodotte da alcuni ricercatori, incentrate proprio su quella tecnologia.
Al fine di approfondire l’utilizzo della spettrometria di massa, l’allora responsabile di Sara le concede la possibilità di andare in Sardegna in un centro di ricerca specializzato.
Forte di quest’esperienza, Sara mette nel mirino un laboratorio, al Max Planck Institute di Monaco di Baviera, tra i più evoluti al mondo per lo sviluppo della spettrometria di massa e, grazie al supporto del supervisor che l’assiste, riesce a trovare i fondi utili a finanziare il proprio post-doc in Germania. Il trasferimento in terra tedesca, nonostante le evidenti difficoltà di comunicazioni in lingua, generano grande entusiasmo e aspettative per Sara, sia in termini lavorativi che di vita quotidiana, in un ambiente diverso rispetto a quello cui era abituata.
Quest’esperienza di tre anni e mezzo, accresce ulteriormente la passione di Sara, che, nel frattempo, fissa il l’obiettivo successivo: diventare group leader, posizione che le permetterebbe di poter sviluppare le proprie idee e portare avanti le proprie ricerche. Ed è esattamente quello che fa, trasferendosi e stabilendo il suo gruppo di ricerca a Glasgow, in Scozia.
Non appena arrivata nel Regno Unito, Sara percepisce immediatamente la grande attenzione che il paese ripone nella ricerca e di conseguenza le grandi opportunità presenti. In Gran Bretagna vi sono ingenti risorse dedicate alla ricerca scientifica e ciò permette ai ricercatori di affrontare le sfide che si pongono loro davanti con un altro atteggiamento. Se le Istituzioni investono molto, anche le persone comuni riservano un’attenzione particolare a questo tema, partecipando, in prima persona, attraverso numerose e ingenti donazioni o, addirittura, destinando la propria eredità a questa finalità: “tutti nutrono grande speranza nel nostro lavoro e questo ci dà una forza incredibile. Per coinvolgere le persone e dar loro la possibilità di vedere da vicino i nostri laboratori organizziamo delle “open evening” in cui apriamo le porte ai visitatori”. L’attività di ricerca portata avanti da Sara viene finanziata, in particolare, dalla charity Cancer Research UK, una delle più grandi al mondo e prima in Europa per il finanziamento della ricerca sui tumori.
Altro aspetto che Sara definisce eccezionale è la realtà lavorativa: il clima di collaborazione è ottimo, ma si registra anche una notevole autonomia organizzativa, in quanto ogni gruppo e ogni leader è indipendente.
Nel corso di questi primi 11 anni trascorsi in terra scozzese, Sara, con il supporto del suo team, si occupa della ricerca di base e, in particolare, di studiare come le cellule non tumorali supportano il tumore stesso a svilupparsi e a creare metastasi, con l’obiettivo di riuscire a migliorare l’efficacia dei trattamenti di contrasto.
Grazie alla specializzazione acquisita negli anni per quanto concerne la spettrometria di massa, a partire dal 2015, Sara si occupa, unitamente ad uno specifico team, di sviluppare la tecnologia e di metterla a disposizione dell’intero Istituto. Un lavoro molto importante, giacché proprio questa tecnologia, dal 2020, Sara ha iniziato ad utilizzarla anche per individuare i marcatori tumorali presenti nel sangue, al fine di poter diagnosticare la malattia in una fase iniziale.
Si tratta di un progetto molto ambizioso, non solo in termini di diagnosi precoce, ma anche per quanto riguarda le modalità di esecuzione dell’esame, che prevede l’analisi di una sola goccia di sangue.
L’esperienza scozzese di Sara è molto positiva, non solo in termini lavorativi: “all’interno dei laboratori le persone provengono da ogni parte del mondo e questo permette confrontarsi con culture molto diverse dalle proprie. È possibile imparare molto ed il confronto consente di imparare ad accettare e ad interagire con persone molto diverse da noi”. Nonostante questa varietà di culture, Sara costruisce le amicizie più salde con i connazionali che, in fin dei conti e inevitabilmente, rimangono coloro con i quali mantiene più caratteristiche in comune.
Nel tempo libero, anche per staccare la spina e scaricare le fatiche, Sara pratica molto sport. Mentre nel suo trascorso in Italia e Germania si dedicava all’arrampicata sportiva, a Glasgow invece, visto il clima e la conformazione territoriale non favorevoli, Sara ha iniziato a praticare l’Aerial (circo acrobatico) in una scuola frequentata anche da professionisti di quest’attività, con i quali, ogni tanto, si esibisce in piccoli “spettacoli”.
Nonostante Sara si definisca una “orgogliosissima italiana”, non ha al momento intenzione di fare ritorno in patria: “la poca meritocrazia e soprattutto la mancanza di fondi destinati alla ricerca, non rappresentano le condizioni ideali per un eventuale rientro”. Ciò nonostante, Sara spende parole molto positive per quanto concerne l’istruzione e la cultura al lavoro del nostro paese: “noi italiani possiamo contare su un’ottima istruzione a 360° a livello teorico e abbiamo un’importante cultura del lavoro, perché ci piace lavorare tanto e bene, che è un aspetto per nulla scontato e comune”. La porta non è però chiusa: essendo oltre che ricercatrice anche professoressa, ogni volta che fa rientro in Italia, Sara coglie l’occasione per far visita in qualche Università e centro di ricerca. Chissà che, presto o tardi, in uno di queste sedi, non decida di fermarsi.