Nella giornata di oggi, venerdì 13 marzo, il Regno Unito ha preso, di fronte alla pandemia del coronavirus, una posizione abbastanza clamorosa ed incredibile: non fare niente. Sir Patrick Vallance, una delle due massime autorità mediche del governo di Boris Johnson, ha rivelato che la strategia di Downing Street sarà quella di far ammalare il 60% dei britannici per far sviluppare loro una sorta di “immunità di gregge” per essere protetti nel caso di un futuro ritorno del Covid-19.
“Dal loro punto di vista sembra che il danno economico sia considerato peggiore di quello sociale. Non stanno facendo niente: negozi, scuole, università, uffici, è tutto aperto. C’è una situazione di tranquillità ed indifferenza preoccupanti, sono tutti rilassati e non ci pensano”. Stefano Massetto, informatico valdostano giramondo, si è trasferito da qualche anno nel Regno Unito, nel borough di Ealing, vicino a Londra. Parla come sempre con ironia e ridendo, ma al telefono si sente che non sono risate a cuor leggero. “Da italiano seguo con apprensione le notizie che mi arrivano. Anch’io, all’inizio, pensavo fosse una semplice influenza, ma quando ho iniziato a capire quello che stava succedendo ho iniziato a preoccuparmi. Così come sono preoccupato dall’impasse britannica: tergiversano, sembrano rimandare il problema e non prendono alcuna misura. Per una volta che l’Italia sarebbe stata d’esempio, loro sono andati per la loro strada”.
Tutto aperto, quindi, e bisogna portare i bambini a scuola e lavorare, perché nessun sostegno è stato pensato, in una nazione dove il welfare prevede pochi aiuti per chi si ammala: “Lavoro part-time in un negozio che vende prodotti italiani e studio Applied Project Management alla facoltà di ingegneria informatica dell’Università di West London. Mi hanno detto di stare a casa una settimana. Ma qui se non lavori non guadagni: al massimo ti danno un sussidio di 90 sterline a settimana, che non è una cifra con cui puoi sopravvivere”.
Secondo Massetto, tanto sta facendo la Brexit: “Sono ancora impegnati a leccarsi le ferite, anche se non vogliono ammetterlo. Chiudere un posto come Londra sarebbe per loro economicamente disastroso, quindi hanno pensato a quest’idea “darwiniana” dell’immunità di gregge. Ma il loro sistema sanitario è penoso e non potrà reggere: se la media italiana è di 12 posti in terapia intensiva ogni 100.000 abitanti, nello UK sono la metà. Per di più, alla settimana scorsa ne risultavano occupati l’82%”.
Massetto espone altri numeri: “Nel mio borough di Ealing ci sono 200.000 abitanti, ed altrettanti ne transitano dall’aeroporto di Heathrow qui vicino. Ebbene, secondo i dati ufficiali ci sarebbero stati solo 10 casi registrati. Se chiami l’111, il numero per le emergenze lievi, e non hai sintomi gravi o non sei tornato da poco dall’Italia non ti fanno neanche il tampone. Adesso pare che, dalla settimana prossima, il numero giornaliero dei tamponi aumenterà, e di conseguenza anche quello dei casi”.
All’aeroporto di Heathrow lavora anche sua moglie, Tatiana, a cui è stato vietato di indossare guanti e mascherine “perché spaventano la gente”.
Qualcuno, però, inizia a preoccuparsi e qualcosa si muove: “Nei supermercati sono finite le scorte di carta igienica, non chiedermi perché. Avevo comprato i biglietti per vedere Inghilterra-Italia di calcio a Wembley, dove non sono mai stato, e ieri hanno comunicato che la partita è stata annullata”. Nella Premier League inglese, tra l’altro, si stanno registrando i primi casi di positività, ma il campionato non si ferma.
“Non capisco se sia un Keep calm and carry on di facciata o se proprio non si rendano conto della situazione”. Un’idea di tornare nella sua Saint-Pierre non gli dispiacerebbe: “Ogni tanto ci penso. Questa situazione mi fa preoccupare. Stanno giocando col fuoco”.
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Confermo approccio UK, tuttavia personalmente non ci trovo molto di clamoroso o incredibile. Sono anche io un expat valdostana, in UK da quasi 7 anni, e la mia esperienza di vita in questo paese a contatto con gli inglesi non mi avrebbe fatto pensare a un approccio molto diverso – dal non fare granche’ per sfruttare il vantaggio tempoerale, all’indisponibilita’ di sacrificare l’economia.
Mi stupisco piuttosto dello stupore dei media italiani, a conferma che la percezione del Regno Unito preso l’Italia, su alcuni aspetti, e’ piuttosto lontana dealla realta’ – cosa che negli ultimi 7 anni ho fatto fatica a riportare presso i miei connazionali a casa.
Ho avuto anche occasione di dover necessitare cure presso NHS (sistema sanitario nazionale) anni fa, e proprio quetsa esperienza diretta, in prima persona, mi ha insegnato che purtroppo l’NHS e’ veramente al collasso, gia’ senza virus. Mancano personale, materiali, competenze, perche’ fondamentalmente mancano fondi causa anni da tagli alla sanita’ pubblica. Essere curati e’ difficile, e purtroppo si muore di malattie anche banali. Per cui che il governo metta le mani avanti e chieda di abituarsi a vedere la gente morire non stupisce.
A chiunque pensi di trasferirsi in UK – che rimane una buona scelta per questioni lavorative – consiglio di farsi da subito una buona assicurazione privata.
Come da articolo, confermo che con epidemia Covid in corso, l’111 fornisce diagnosi telefoniche e difficilmente, anche in presenza dei sintomi, porta all’effettuazione di un tampone – a meno che non si sia di rientro da zone a rischio o non si sia venuti a contatto con casi confermati positivi.
Riguardo il numero dei casi UK, personalmente ho l’impressione che siano in realta’ tenuti appositamente bassi per non diffondere il panico e tenere alto il morale – strategia condivisibile o meno. Questa e’ solamente una considerazione personale che pero’ mi sento di condividere, e nasce dalla mia esperienza di vita in UK.
Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni, la mia esperienza e’ che si va avanti. La mia azienda questa settimana si e’ attivata per incrementare la pulizia, di modo che includesse scrivanie, corrimani e maniglie, ma anche per farci lavorare da casa. Tuttavia si resta in attesa della scoperta del primo caso in ufficio per effettivamente entrare in azione. Una volta a casa, chiaramente si lavorera’ al meglio delle capacita’ logistiche. Di sti tempi non sara’ nemmeno troppo difficile restare in casa – il meteo non e’ dei piu’ favorevoli, e non c’e montagna, cielo azzurro, sole o neve a richiamarti all’esterno.
Personalmente cerco di non preoccuparmi e di stare molto attenta, ma non nascondo che l’idea di non poter contare sull’accesso alla sanita’, e su una sanita’ funzionante, mi rende un po’ nervosa, nel caso sfortunato in cui si dovessero avere complicazioni.
Aggiungo che sono stati giorni difficili, quelli dell’esplosione dell’epidemia in Italia, soprattutto per il generale accanimento verso l’Italia e l’incredulita’ verso un paese che sacrifica la propria economia per quella che sembrava ‘una semplice influenza’. Difficile e’ stato spiegare a colleghi e amici inglesi il diverso approccio. Tuttavia, quelle stesse persone sono ora passate dalla derisione al dire ‘dovremmo fare anche qui come l’Italia’, o ‘non siamo seri come l’Italia’, ma chiaramente inquadrano l’approccio del proprio governo come quello aspettatissimo del ‘least effort’, in vero stile british.