Una cassetta di legno da far rivivere. Un simbolo prima ancora che un oggetto a sé stante: simbolo di scambi economici, culturali e sociali da disassemblare per dar vita al cambiamento che si auspica per il mondo e da utilizzare come tramite per immaginare un nuovo valore attraverso esperienze creative nel mondo del design.
A cimentarsi con questa sfida lanciata dal contest nazionale Rilegno più di 500 progetti candidati, presentati da studenti, designer e architetti provenienti non solo da tutta Italia, ma anche da altri 14 Paesi (Belgio, Germania, Kosovo, Portogallo, Polonia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Turchia, Cina, Colombia, India, Messico, USA). Tante idee interessanti per dare nuova vita alla cassetta di legno, l’imballaggio più utilizzato nel settore ortofrutticolo, sostenibile e green, che è metafora di un processo: dall’utilizzo delle materie prime naturali al riciclo, vero esempio di economia circolare.
Se i progetti erano oltre 500, il vincitore assoluto è stato però solo uno e parla anche valdostano: Niccolò Foy, di Donnas, in tandem con Cecilia Veglio, hanno portato a casa premio e gloria, per un’idea che è tanto semplice (a pensarci!), quanto geniale e ben eseguita: Inchino, un appendiabiti che ha vinto, come si legge nella menzione della giuria, perché “sfrutta la flessibilità del legno e trasforma in pochi gesti i componenti della cassetta di partenza in una serie di manufatti in equilibrio tra funzione ed estetica. Le singole parti che compongono Inchino creano una struttura in tensione che, fissata a muro, può accogliere abiti e accessori”.
Tutto è partito da un annuncio di bando visto sui social e dalla voglia di impegnarsi nella creazione di qualcosa che potesse valorizzare l’economia circolare di un oggetto: “Abbiamo saputo del contest attraverso Instagram – racconta Niccolò -, tramite i profili di alcuni dei giurati del concorso, professionisti di cui già conoscevamo il lavoro. Il brief stimolante e fuori dagli schemi ci ha indotti a partecipare”. Ciò che il bando di concorso richiedeva ha fatto il resto, ha cioè dato una spinta ulteriore alla voglia e alla creatività dei due giovani che si sono messi in gioco per portare a casa il premio, ma soprattutto per avvicinarsi a una forma di design sempre più di tendenza e virtuosa: “Il contest richiedeva di trasformare la cassetta di legno ortofrutticola, che dopo l’utilizzo normalmente viene dismessa, in un nuovo oggetto utile al contesto domestico. Il nuovo prodotto doveva essere facilmente replicabile da chiunque attraverso gli utensili di cui si dispone in casa quindi senza l’utilizzo di attrezzi elettrici come il trapano, ma solamente manuali, in un’operazione di fai da te dal risultato più finemente disegnato, lontano dalla canonica estetica degli oggetti figli del bricolage. Il nostro progetto è un appendiabiti a parete che sfrutta la flessibilità degli assi da 2 mm della cassetta. Uno di questi assi, dalla punta a semicerchio, viene piegato e fissato tramite un pezzo di legno nervato, ottenuto scavando sui lati un regolo triangolare della cassetta di legno; con una cassetta si possono realizzare fino a 4 appendiabiti. Eravamo fermamente decisi a realizzare un prodotto che uscisse dalla funziona contenitiva, già propria della cassetta di legno”.
Se il design è sempre più votato al riutilizzo e alla realizzazione a partire da materiali esausti, Niccolò Foy non sente che sia compito esclusivo del designer di fare da capofila per una vera e propria rivoluzione green del settore: “Non credo che il designer possa indossare la fascia del caposquadra nella partita per la sostenibilità, forse è un ruolo che dovrebbero ricoprire più altri attori del settore, come le aziende. Detto ciò, il designer può e deve sicuramente fare la sua parte, facendo del buon design: il buon design è sostenibile in maniera intrinseca perché usa la minor quantità di materia prima possibile ed evita gli sprechi; inoltre promuovere certi tipi di iniziative di riuso, come Rilegno ha fatto, può essere una buona pratica”.
La vita di Niccolò Foy è al momento a Milano ed è nella città lombarda che i suoi progetti prendono vita, affiancando già nomi importanti del settore, anche se il giovane non disdegnerebbe, un giorno, di lavorare per clienti valdostani, ma soprattutto di mettere in pratica il suo sapere per migliorare l’estetica e la funzionalità di alcune zone valdostane, anche in ottica di sviluppo turistico: “Per la Valle D’Aosta amerei molto riuscire a realizzare degli oggetti in legno con qualche azienda locale, magari rivisitando gli archetipi tradizionali. Ancora più interessante sarebbe però disegnare delle installazioni per attirare pubblico nei tanti posticini impregnati di bellezza che abbiamo, ma che per vari motivi sono conosciuti solo dagli occhi di pochi e non riescono a incanalare un buon flusso turistico. Un esempio ne è il borgo del mio paese natale Donnas, dal grande potenziale un po’ sprecato. Mi piacerebbe molto fare qualcosa lì”.