Un autobus diretto da Odessa ad Aosta, preso insieme ai suoi figli per scappare dal conflitto appena scoppiato in Ucraina, il paese che prima non aveva praticamente mai lasciato. Così inizia la vita in Valle d’Aosta di Lyudmila, quarantunenne ucraina che abita ad Introd insieme al figlio Viktor da ormai due anni, anni in cui ha avuto modo per la prima volta di scoprire altre culture e di meravigliarsi della solidarietà che persone del tutto sconosciute possono dimostrare nei confronti di estranei.
È il senso di riconoscenza e di gratitudine per chi l’ha accolta e fatta sentire a casa, a spingerla a scrivere alcuni versi su whatsapp, inviati all’amica e mediatrice culturale Tatiana. Nati come sfogo dopo aver visto un notiziario sul procedere della guerra, quei versi sono stati l’occasione propizia per organizzare una festa di incontro e ringraziamento tra il popolo ucraino e quello valdostano, che si è tenuta l’altro ieri, venerdì 24 maggio, nella sala teatro della parrocchia di Saint-Martin-de-Corléans. Un momento fortemente voluto dai rifugiati ucraini in Valle d’Aosta, che per l’occasione hanno indossato abiti tradizionali, preparato dolci tipici — a partire dal Karavai, il pane per le occasioni importanti, di cui sono stati donati dei pezzi ai presenti al termine dell’evento — e condiviso alcuni dei simboli identitari della nazione ucraina.
Tra corone di fiori realizzate a mano coi colori delle bandiere ucraina, italiana e valdostana, Lyudmila sembra una ragazzina e quando parla di chi l’ha ospitata gli occhi le brillano. “Ho abitato un anno negli appartamenti della parrocchia di Introd, che è diventata una seconda famiglia per me. Ora abito da un’altra parte ma quando sono stanca o triste, vado lì nel prato, guardo fuori e prendo forza per il domani. Quando sono arrivata in Valle d’Aosta era notte e vedevo solo le stelle, ma il giorno dopo, quando mi sono svegliata e ho visto le montagne, ho pensato ‘che bellezza che ha fatto Dio per tutto il mondo!’. Prima non ero quasi mai andata fuori dall’Ucraina perché il mio paese è grande e non avevo visto ancora tanti posti, adesso però ho capito che il mondo è bello e che le persone sono come i fiori, tutte diverse ma belle”.
La gratitudine più grande è verso chi ha “dato ai nostri figli le ali per il loro futuro”, spiega Lyudmila, e lo conferma il figlio Viktor, diciannovenne e due grandi occhi azzurri, che lavora come operaio e vorrebbe fare l’elettricista. “In Ucraina c’è l’arruolamento militare, ma sono andato via perché non voglio morire. Mio papà non è potuto venire e potrà essere chiamato in guerra, ha solo 43 anni”.
Dopo un po’ di titubanza Viktor ha iniziato a uscire non solo con gli ucraini ma anche con gli italiani con cui lavora, che lo invitano in discoteca e a prendere un aperitivo. Ad Aosta gli sembra ci siano meno posti per divertirsi e gli piacerebbe un giorno andare a Milano o Torino. Quello che gli sembra più strano è lo stile di vita degli italiani: “Io ho 19 anni e lavoro già, qualcuno da voi vive ancora con i genitori fino a 30 anni, non lavora e non fa nulla. Mia madre mi ha avuto a 21 anni e quando ho detto ai miei colleghi che ha 41 anni per loro era assurdo”.
Nella sala si aggirano infatti diverse coppie ucraine di giovane età con figli, come Tatiana e la figlia Sonya, di 13 anni, che studia alla scuola media di Villeneuve e vorrebbe fare l’hostess, perché sa già parlare ucraino, russo, italiano e inglese. “Mi piace tantissimo la scuola qui, perché gli insegnanti sono gentili con noi, mentre in Ucraina sono molto più severi”.
Ma c’è anche chi, come Viktoria e Tatiana, era già in Valle d’Aosta prima della primavera del 2022 e ha fatto da mediatore per i nuovi arrivati. “Ho dato subito la mia disponibilità alla Protezione civile”, racconta Viktoria, “e all’inizio è stato durissimo accogliere le persone: la rabbia, il dolore e le emozioni sono a lungo rimaste incastrate dentro, poi pian piano è scesa la pressione. I nuovi arrivati hanno iniziato a lavorare, hanno capito come funziona il sistema e come viverci, e ora c’è molta meno richiesta”. Viktoria era in Valle d’Aosta dal 2015 e pensa che sia stato il destino a farla arrivare prima, “così da poter aiutare poi la gente nel 2022. Prima pensavo di essere l’unica o una dei pochi ucraini in Valle, con lo scoppio dell’emergenza invece ho conosciuto quelli che erano sparsi nei paesini e nei boschi valdostani e ho scoperto tantissime nuove persone”.
Anche Tatiana, mediatrice culturale di famiglia bielorussa trasferitasi dall’Ucraina in Valle d’Aosta 21 anni fa, ha avuto modo di fare nuovi incontri e nuove amicizie, a partire da quella notte di due anni fa in cui a Fénis ha accolto insieme alla Protezione civile e alla Croce rossa il primo pullman in arrivo dall’Ucraina. “È stato tutto così inaspettato. Due giorni prima dell’inizio della guerra non ci credevo ancora, il mio capo mi aveva avvisato ma io pensavo che Putin bluffasse, poi proprio il giorno del compleanno di mia figlia è scoppiato tutto”.
È stata Tatiana a tenere due corsi di italiano per i rifugiati ucraini ed è in quell’occasione che è nata l’amicizia con Lyudmila. “Penso che sia davvero un’artista. Quando mi ha scritto quelle frasi su whatsapp mi sono emozionata, poi ho provato a tradurle in italiano ed è nata l’idea di organizzare la festa. Lyudmila ha deciso di ordinare dall’Ucraina con i suoi soldi delle lastre su cui fare incidere le parole, che saranno appese nella nuova sede del CSV”.
Sul palco, Lyudmila si emoziona recitando la poesia che ha scritto per la Valle d’Aosta. Ma è anche il video realizzato dalla regista Alessandra Celesia e da Maryna, che insieme ad altre cinque ucraine è stata accolta in un suo alloggio, a far ridere ed emozionare i presenti in sala. Perché, come tutte le storie che hanno composto la giornata di ieri, racconta che un nuovo inizio è possibile anche in un posto dove non ci si sarebbe mai sognati di arrivare. “Mi manca il mio mare”, racconta Maryna, che, come molti ucraini approdati in Valle d’Aosta, viene da Odessa. “Quando non ne avevo ancora visti altri, pensavo che il mare fosse uguale ovunque. In realtà da voi è più bello, ma il mio mare è comunque il mio, e quando tornavo da un viaggio in un altro mare andavo dal mio e gli chiedevo scusa per averlo tradito”.
Marina preferisce ancora il mare alla montagna e i trail li lascia fare al capo dell’azienda dove lavora, ma ammette che “dopo due anni intensi, con risate e lacrime insieme, la mia vita è di nuovo simile a quella che avevo prima, una vita normale”. Una routine e una quotidianità, un posto dove sentirsi a casa: di questo hanno voluto ringraziare gli ucraini in Valle d’Aosta.