Oggi, lunedì 11 gennaio 2021, con lo zaino in spalla compaiono anche i più grandi; non tutti ancora, per adesso le scuole superiori sono piene al 50%. Per la maggior parte di loro questo è un avvicinamento alla normalità che per due mesi è stata sostituita dalla didattica a distanza totale, attenuata solo negli istituti professionali, dove una volta a settimana i ragazzi si recavano a scuola per svolgere le materie pratiche.
Scuole aperte grazie al potenziamento dei trasporti
Se sui marciapiedi è agevole tenere le distanze dagli altri, sui mezzi pubblici è necessario impegnarsi a selezionare i posti. Si cerca di disporsi a scacchiera, sul treno.
“Penso che queste intensificazioni dei trasporti siano utili” dice Marco Mattiello, che frequenta l’ultimo anno del Liceo Artistico di Aosta. Con la riduzione dei posti, però,“non sono sicura di questo servizio per raggiungere la scuola” racconta Rebecca, alunna di quarta della stessa scuola “Mia sorella, che ha dodici anni, da settembre è stata lasciata a piedi per ben tre volte”. “Non ho mai sentito nessuno che non è potuto salire sul mezzo perché era pieno” riferisce invece Lucia, studentessa diciassettenne dell’Istituto Alberghiero di Chatillon. Tuttavia “i posti ridotti non sono sempre rispettati” ammette Rhémy Jeantet, che frequenta il penultimo anno di meccanica al Don Bosco “sul pullman alcuni ragazzi si siedono sempre vicini, e l’autista non ha sempre la mascherina”. “Ho paura di non stare distanziata abbastanza e di toccare cose sul treno, di contagiare qualcuno o di essere contagiata” confessa Anna Chiara, alunna di diciassette anni del Liceo Musicale.
In classe a turni
Per la disposizione di “dimezzamento” gli istituti hanno escogitato diverse organizzazioni: in alcuni le classi si alternano a settimane, in altri a giorni.
I turni suscitano difficoltà tra i pendolari. “Magari qualcuno fa l’abbonamento mensile e poi scopre che il giorno dopo non si va più” osserva Sofia Augugliaro, alunna di quarta dell’Istituto Turistico di Saint-Vincent “Fare un giorno in presenza e uno in DAD è confusionario e stressante. Nei giorni in cui siamo a scuola ci hanno fissato tantissime verifiche.” “Scombussolerà tutti i ritmi naturali: un giorno mi devo alzare alle 6, e quello dopo alle 7.30” aggiunge Ilaria Sbizzera, studentessa di quinta del Liceo Linguistico di Verrès “Abbiamo tutte le verifiche e interrogazioni ravvicinate, anche due o tre in solo giorno. La vedo molto dura.”
Qual è la didattica preferita dagli studenti?
“Sono contentissima di tornare a scuola. Non ce la facevo più a stare rinchiusa in casa.” dichiara Lucia. Al contrario, Rebecca annuncia : “Non sono contenta di tornare in presenza perché il rischio di contagio è alto, la distanza di un metro dei banchi non è garantita e molti miei coetanei non seguono le regole”. “Era una modalità anomala, ma adesso che mi sono abituata preferisco di gran lunga la DAD” ammette al contrario Sofia “Sto molto meglio a casa, ho più tempo e sono meno stressata”. Molti, come la diciassettenne, ammettono di essere più rilassati e che l’assenza del viaggio salva loro parecchio tempo. Ma “in presenza è una cosa diversa” riconosce Rhémy. “E’ decisamente meglio. Si possono fare sempre domande, si può andare alla lavagna a fare un esercizio se non si è capito e io mi impegno anche di più” afferma Margherita Iorio, alunna di terza del Liceo Scientifico di Verrès. “Il risultato è veritiero” dice Anna Chiara. “Quello che rimane impresso nella DAD è minore” osserva Lucia, mentre Sofia ha trovato addirittura più utile la DAD: “Siamo andati più avanti con i programmi”. “E’ difficile organizzarsi con pranzi e trasporti e con le mascherine è davvero pesante” valuta Ilaria “però la didattica è molto meglio a scuola. Le spiegazioni sono più chiare e c’è un confronto diretto.” Secondo Rhémy, i due tipi di didattica sarebbero efficaci uguali se “non ci fossero problemi di connessione e i miei compagni partecipassero di più”.
Quasi tutti gli studenti confessano di distrarsi molto di più a casa, ma se per le lezioni teoriche è sufficiente concentrarsi, con quelle pratiche gli ostacoli tecnici sono più difficili da risolvere. Così Anna Chiara racconta le lezioni di strumento a distanza: “A volte si blocca l’audio, il suono si distorce e non avendo la professoressa vicino non si riesce a capirsi e confrontarsi. Non riuscivo a lavorare bene come avrei voluto”. Rhémy testimonia: “A volte abbiamo dovuto svolgere delle parti pratiche a distanza con un simulatore, non mi è piaciuto”.
Le lezioni frontali sono ritenute generalmente più proficue ma “la scuola non è solo studiare” dice Margherita. “E’ tutto più chiaro, immediato, non c’è nessuno che può tenere la telecamera e il microfono spento” riferisce Anna Chiara. “Mi erano mancati i miei compagni” dice Misia Ugonino Gralino, al primo anno al Maria Adelaide. “la cosa che mi è piaciuta di più oggi è stata rivederli”.
La DAD in una parola?
Secondo Ilaria è noiosa, per mancanza di interazione, ma elastica. Sofia usa la parola comodità e Rhémy interattiva. Per Anna Chiara è sperimentale, “sia a livello di mezzi nuovi, sia emotivo”. E’ soddisfacente per Rebecca e faticosa per Misia. La chiama imitatrice Marco, Lucia si serve del termine piano B e per Margherita costituisce un metodo “che va usato solo se è indispensabile, perché la didattica in presenza è meglio”, specifica.
E io aggiungo libera, inteso sia in termini di autonomia che di vuoto.