Ha voluto portare un po’ di sole all’Ospedale Parini, a chi in questi giorni di emergenza Coronavirus lavora senza sosta, chiuso fra le quattro mura di un reparto, cercando di combattere contro un nemico invisibile. L’ha fatto con i mezzi e il savoir faire che aveva a disposizione. Venerdì mattina, davanti alla macchinetta del caffè all’ingresso del Parini di Aosta, Silvia Colle, 35 anni di Gignod è riuscita a far arrivare le prime 50 mascherinecolorate da lei cucite e confezionate. A portarle un operatore sanitario che poche ore dopo ha documentato con una foto inviata a Silvia, come il gesto fosse stato apprezzato: le mascherine erano andate a ruba. Un’operatrice ha voluto poi ringraziare Silvia sui social.

“Non mi aspettavo tutta questa notorietà” racconta Silvia, abbandonando per un momento la macchina da cucire per rispondere al telefono. “Sono sveglia dalle 5 – dice – ho più male alla schiena ora, dopo aver cucito 9/10 ore, che quando facevo la cameriera”.
Da lunedì scorso la ragazza è a casa. Il bar dove lavorava a Bourg-Saint-Pierre in Svizzera ha chiuso, così come tutte le altre attività non essenziali. Il futuro è incerto anche per lei, ma non per questo Silvia si è chiusa, assieme al figlio di 11 anni, nel suo piccolo appartamento “al buio e senza balcone”, piangendosi addosso. La 35enne si è messa fin da subito a dare il suo contributo, sfruttando un’arte e una passione che nella sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. La prima macchina da cucire la ragazza l’ha avuta in dono a 18 anni e da quel momento non si più fermata: dai cappellini, ai vestitini per bambini fino al costume delle landzettes.
“Ho iniziato facendo le prime due mascherine in cotone per mia cognata che lavora in farmacia”. Poi le richieste sono triplicate. “Dalle clienti della farmacia, alla panetteria fino ad una falegnameria. Per sdrammatizzare mi chiedevano mascherine con i topini o con le ballerine”. Poi l’idea della donazione al Parini, accompagnata dall’hashtag #solealparini.
“Mi sono chiesta: io cosa posso fare in questa situazione? Non potendo donare soldi, ho fatto quello che meglio so fare e in questo momento può essere utile”.
Dopo le prime 50 mascherine, Silvia è al lavoro per portarne a termine altre 30 per l’ospedale Beauregard. Inoltre è stata contattata da un gruppo di sarte valdostane, che da alcuni giorni si era già messo al lavoro. “Sabato mi è stato consegnato il primo pacco di materiale, cotone bianco ed elastici, per realizzare altre 250 mascherine, questa volta bianche”.
Non cerca ringraziamenti Silvia, “il mio è davvero un piccolo gesto” dice, ma spera che in tanti seguano il suo esempio.
“Vedo tanti in casa a lamentarsi, a criticare tutto e tutti. Se anziché stare fermi, ci mettessimo tutti a disposizione, ognuno con le proprie abilità e capacità? Tutti possiamo dare il nostro contributo”. E forse, allora, il sole dentro dell’Ospedale Parini splenderà più forte.
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Fatemi capire. Senza nulla togliere all’encomiabile dedizione e buona volontà di questa ragazza, chi certifica la sicurezza di tali mascherine? Quale garanzia e da chi é fornita a chi le indossa? È di pochi giorni fa la denuncia pubblica di un professionista del Parini sulla inutilità delle mascherine provenienti dalla Protezione civile. Da tale articolo pare che ognuno di noi possa cucire una mascherina e risolvere il problema della mancanza di fornitura alla sanità pubblica. Cerchiamo di dare informazioni complete e serie, grazie.