Tempus Venit: “Le indagini sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta non sono finite”

Si sospetta l'esistenza di un'intera "locale" 'ndranghetista in Valle che agirebbe in autonomia. Questo è emerso dalla serata organizzata ieri da Libera, con ospiti il giornalista Giuseppe Legato e il tenente colonnello Guido Di Vita.
Società

L’operazione Tempus Venit, che qualche mese fa ha fatto emergere alcune estorsioni ‘ndranghetiste ai danni di due imprenditori edili valdostani, va avanti. Questo emerge dalle considerazioni del giornalista de "La Stampa" Giuseppe Legato. Da anni, Legato si occupa del fenomeno delle infiltrazioni mafiose in Piemonte ed è intervenuto ieri sera nel salone conferenze di palazzo regionale, in un incontro organizzato da Libera Valle d’Aosta.

"L’impressione – afferma il giornalista – è che sia stato chiuso solo un filone dell’indagine, per arrestare Giuseppe Facchinieri e Giuseppe Chemi ed evitare, quindi, che l’imprenditore Giuseppe Tropiano (uno dei due estorti, anche lui successivamente indagato per favoreggiamento e concorso esterno, ndr) finisse in guai seri"". "C’è dell’altro però": Legato si dimostra sicuro di questa tesi.

A sostenere queste impressioni, le dichiarazioni lapidarie del tenente colonello dei Carabinieri Guido Di Vita, che, intervenendo nella serata, si limita a ricordare come "ci siano pentiti che hanno parlato di una locale ‘ndranghetista in Valle d’Aosta e la locale agisce sempre in autonomia". Una locale è una colonna ‘ndranghetista, composta da almeno 49 affiliati, provenienti da diverse ‘ndrine, ovvero famiglie.

"In alcune indagini precedenti – afferma Legato – emerge come in Valle ci sia una realtà eterodiretta: dal Piemonte il boss di turno viene qui e fa i suoi interessi, sempre però sotto l’egida delle ‘ndrine torinesi". "Ci ho dovuto credere – continua – perché le carte dicono questo, ma da giornalista non sono convinto, perchè ho visto solo alcune estrapolazioni: ci sono ancora molti altri elementi in mano alle forze dell’ordine".

Sono noti, infatti, alcuni fatti inquietanti che fanno sospettare che la Valle sia più di un semplice pied-à-terre per la ‘ndrangheta. "In un’intercettazione – spiega Legato – anche un boss di Cuorgnè parla di una locale in Valle d’Aosta". Poi c’è la telefonata di Giuseppe Nirta, uomo di ‘ndrangheta arrestato nel 2009, dopo aver vissuto anni in Valle d’Aosta, nella quale afferma che "i tempi migliori sono stati quelli di Aosta".

"Il fatto che uno della famiglia Nirta passi tanti anni in Valle – spiega Legato – dimostra l’esistenza di un appoggio logistico potente, per tenere un latitante, infatti, non basta una stanzetta con le tendine: questo si deve confondere con la gente".

Emblematico il caso di Franco Di Donato, nipote di Nirta e condannato ad otto anni di carcere per traffico di droga: "chiedete – conclude Legato – ai genitori dei ragazzi del Saint-Christophe calcio, che erano allenati da Di Donato, se si erano accorti di qualcosa".
 

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