“Togliete quei telefonini dalla letterina per Babbo Natale”

"Se vostro figlio scrive ancora la letterina per Babbo Natale, molto probabilmente è ancora un bambino. Se è un bambino, non ha bisogno del cellulare": Licia Coppo affronta con decisione il tema nella sua rubrica "Basta un po' di educazione"
smartphone bambini
Basta un po’ di educazione, Società

Abbiamo appena tolto ragnatele finte e zucche illuminate, è già ci stressi con il Natale? Non sono io a farlo: generalmente mi rendo conto che sta arrivando Natale verso il 10 dicembre, quando notoriamente sono già finiti tutti i giocattoli trendy di quell’anno. Ma con grande sgomento, entrando ieri in un supermercato, sono stata abbagliata da luci, nastrini, abeti finti, decori da presepe e orde di peluche giganti. Per il commercio il Natale è già alle porte, e allora dobbiamo parlarne, perché so bene che molti genitori, che pianificano e organizzano con più anticipo di me, si stanno già muovendo.

Il problema è capire “in quale direzione”: quali regali e quanti regali? Giocattoli o cose utili? Come facciamo a far uscire i nostri figli da una logica solo materiale e consumistica del Natale? Troppi quesiti, da affrontare oggi; per queste risposte, vi lascio sospesi un paio di settimane. Mentre una cosa la vorrei dire a gran voce già oggi, sperando di frenare chi, con l’avvicinarsi del Natale, magari ci sta facendo un pensierino. Se vostro figlio scrive ancora la letterina per Babbo Natale, molto probabilmente è ancora un bambino. Se è un bambino, non ha bisogno del cellulare.

Se vi sta chiedendo se può inserire il cellulare nella letterina per Babbo Natale, l’unica riposta di senso da dare è NO. Se rincalza la dose e prova a chiedervelo allora per la sua comunione che ci sarà la primavera prossima (si sa, loro sono bravissimi a portarsi avanti), l’unica risposta di senso da dare è sempre NO. E’ evidente, ormai mi state “sgamando”: come per un bambino il Natale è solo un pretesto per possedere l’agognato smartphone, e si appella ai vostri buoni sentimenti e al fatto che “a Natale siamo tutti più buoni”, anche io sto utilizzando la festività in arrivo come un pretesto per condividere con voi una mia preoccupazione e perplessità, sperando anche io di trovare un varco a cui appellarmi per farmi ascoltare: ma cosa ci fanno tutti quei bambini di 8 o 10 anni già col cellulare personale?

Dobbiamo avere il coraggio di farci queste domande, provando a dare delle risposte, magari facendo una virata se ci siamo resi conto che stiamo prendendo la direzione sbagliata. I dati sono allarmanti: 8 bambini su 10 lo possiedono in quarta elementare! Se li guardate, mentre telefonano, fanno foto o, peggio, si fanno dei selfie, sembrano dei piccoli manager o delle mini modelle; in modo tenero e ridicolo, emulano gli atteggiamenti dei grandi, inconsapevolmente. Ma siamo noi che li abbiamo erroneamente “adultizzati”, perché quello smartphone nelle loro mani lo abbiamo messo noi, consapevolmente.

Lo so, mi sto addentrando in un terreno spinoso, sono pronta a orde di detrattori che mi obietteranno la necessità del cellulare, che i tempi ormai sono questi, che “non puoi mica far rimanere tuo figlio l’unico senza telefono nella classe”. E invece sì; dobbiamo avere il coraggio di scelte forti, controtendenza, difficili. Nostro figlio maggiore lo ha avuto a 13 anni, mentre il minore di 11 anni è già sanamente rassegnato alla lunga attesa. Eppure stanno bene, hanno costruito amicizie nella classe, non sono psicologicamente traumatizzati. Si può fare: è faticoso, ma si può fare. E potremmo risparmiarci tanta fatica se ricominciassimo a dialogare tra adulti e a confrontarci.

Perché se magari invertissimo la tendenza, decidendo insieme, come genitori del gruppo classe, che nessuno di noi acquisterà quel telefono per tutte le scuole elementari, faremmo un gesto di coraggio e di salute per i nostri figli. Anche se prendono un pullman, o si spostano a piedi per una città, non sarà un cellulare a salvarli dai pericoli (non so se voi avete trovato in commercio degli smartphone multifunzione tipo coltellino svizzero, con eventuali oggetti contundenti per sventare qualche aggressione, io non ancora…).

Ma torniamo a parlare dei nostri bambini, perché almeno loro vanno tutelati da uno strumento che può solo peggiorare la qualità della loro vita, e della nostra. Possiamo uscire da questo masochismo schizofrenico? A chi mi dice “gliel’ho preso per essere tranquilla, quando devo lasciarlo un’oretta da solo a casa o quando va a piedi da solo in palestra” rispondo: benissimo, allora non prendetegli un “suo smarthphone personale”; basta avere un cellulare di servizio per quelle occasioni, possibilmente uno vecchio coi tasti, che svolga le uniche e necessarie funzioni primarie: telefonare e inviare sms.  A chi mi obietta “eh, ma qualcosa di tecnologico deve pur averlo, senno si sente troppo diverso dagli altri” rispondo: certo, ma potete acquistare un tablet di famiglia, che diventa così uno strumento condiviso, maggiormente presidiabile, che non ti porti a spasso nel taschino. Tanto, alla fin fine, quello che a loro interessa, è avere qualche gioco elettronico. Questo sì che è un bisogno dei nostri tempi, al quale si può rispondere con le consolle in commercio, o con un tablet da bambini, se proprio lo ritenete necessario. Insomma, la scelta è ampia e variegata. Ma il cellulare personale no, vi supplico.

Ma soprattutto, se ormai il vostro bimbo è già “cellularizzato”, o se per mille ragioni avete valutate che quel telefono proprio glielo dovete comprare, almeno fateglielo usare con buon senso; per esempio, non installate whatsapp su quel cellulare, perché chattare non è per nulla un bisogno di un bambino delle elementari. Non mettete la connessione a internet, perché la rete è opportunità, ma anche pericolo, si sa. Non permettete che installino qualunque giochino, perché non tutti i giochi e le App sono adatte ai bambini. Lo so, mi farò una serie di nemici, con questo articolo, solleverò polemiche. Ma è una questione di etica professionale, dalla quale io non posso e non voglio esimermi; non posso dirvi che va tutto bene, perché un po’ di “buon senso pedagogicamente orientato”, purtroppo, lo stiamo perdendo. Allora ricominciamo dal Natale, che è il classico momento dei buoni propositi, regalandoci la fermezza educativa di dire “no, il cellulare non si chiede a Babbo Natale”. Tra l’altro, pare che la cosa sia apprezzata anche al Polo Nord: vi immaginate la fatica di quel vecchio barbuto ad orientarsi tra tutti i nuovi modelli di smartphone in commercio?

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