Gabriele Thiebat e quel “pezzettino di medaglia” anche da casa
Ve lo ricordate Lost in Pontboset, la versione ironica del documentario Lost in La Mancha, un “articolo sul non essere riuscito a fare un’intervista”? Sicuramente no. Poco male. Anche questo è un articolo diverso da come doveva esserlo in partenza. Perché la partenza per Pechino del protagonista non c’è stata: la positività di un contatto stretto, il timore di risultare a sua volta positivo in Cina, dove le restrizioni sono ferree, lo hanno convinto a restare in Italia e fare una eventuale quarantena tra le mura di casa, facendo sfumare la tripletta olimpica dopo Sochi e PyeongChang. Però, in un certo senso, anche stavolta Gabriele Thiébat ce l’ha fatta: “Anche in questa medaglia c’è un mio pezzettino, anche da casa”, mi dice. “Omar [Visintin] un mese fa era in sala operatoria con me, ed ora è bronzo!”.
Ci eravamo accordati per sentirci da Pechino – o al ritorno – per parlare di questa ennesima esperienza olimpica come medico della nazionale di snowboard. Alcune foto dal villaggio, con i divisori inquietanti in sala mensa ed altro, mi avevano fatto pensare che il 42enne di Aosta si stesse acclimatando. Poi mi arriva un video tramite messaggio: “La Cina me la ricordavo un po’ diversa”. E l’inquadratura vira sulla compagna e le due figlie sedute al tavolo della cucina di casa.
Tutto era pronto, alle 13 di martedì 1° febbraio Thiébat sarebbe dovuto essere in aeroporto. Tre ore prima, però, l’esito del PCR del contatto stretto e la scelta prudente di non partire. “Avevo fatto tutto, il tampone a 96 ore ed il tampone a 72 ore. Le valigie erano chiuse, avevo lasciato fuori solo un bellissimo piumino”, racconta. “Avevo scaricato l’app ufficiale – che però è in cinese. Me la sono dovuta far tradurre dal mio parrucchiere, non sto scherzando…”.
Il dispiacere per non essere partito è stato sicuramente mitigato dallo splendido e quasi insperato risultato di Visintin visto dal divano di casa. “Le Olimpiadi sono già complicate normalmente, in queste condizioni ancora peggio. Ho passato i primi due giorni attaccato al telefono, soprattutto con il fisioterapista Marco Proserpio, che è i miei occhi e le mie orecchie e sta facendo una grande lavoro”. In mezzo c’è anche stata la delusione di Michela Moioli, che non ha replicato la medaglia d’oro di quattro anni fa in Corea. “Si riprenderà, sabato mattina c’è l’evento a squadre e possiamo puntare in alto”, dice Thiébat.
“Sono contentissimo per Omar, si è davvero meritato questa medaglia di bronzo. Era in credito con la fortuna, dopo averlo portato via in sedia a rotelle a Sochi, dopo essere stato buttato fuori alla prima curva in Corea, è stata una grande gioia”. Con lui, spiega il valdostano, il rapporto non è solo sportivo e professionale: “Ci scambiamo opinioni su tante cose, soprattutto consigli di lettura. Ho visto in televisione il suo infortunio a dicembre. Si è lussato il gomito e ha detto ‘Se operando guadagniamo tempo, operiamo’. Ha tenuto il tutore dieci giorni, ha lavorato tantissimo, e questi sono i risultati. Speriamo che non sia finita qui”.