Manduria, ai ragazzi d’oggi mancano adulti autorevoli
Poche settimane fa scrivevo un tributo ai giovani di oggi, e sono ancora convinta della bellezza di questa generazione. Una generazione, però, colma di luci e ombre. Oggi, attraversiamo quelle ombre. Manduria, una baby-gang di 14 ragazzini, di cui 12 minorenni, 8 sono già stati arrestati, alcuni di loro pare non abbiano compiuto direttamente le azioni, ma hanno solo ricevuto i video sul cellulare.
“Solo”?? La madre di uno di questi ragazzini, che giura di non aver mai partecipato a questa azione degenerata in omicidio, ma di aver solo ricevuto il filmato via chat, dichiara: “Come avrei potuto accorgermi di una cosa così? Come fai a sapere cosa succede dentro quel telefonino?”
Come fai a saperlo? Presidiando quello che fa tuo figlio online, controllando (sì sì, proprio andando a leggere cosa si scrivono, soprattutto nei gruppi), dando regole chiare di utilizzo dello smartphone, spiegando (ma quante volte dovrò ancora dirlo) che anche se ricevi un video con delle violenze, o con immagini hot, un video dove un bullo tortura una vittima, minore o adulta che sia, tu sei responsabile. Tu, ragazzo, sei responsabile (ed anche tu genitore): di ciò che vedi, di ciò che possiedi sul tuo cellulare, di ciò che stai omertosamente nascondendo. Anche tu stai commettendo un reato. Certo meno grave di chi sta agendo calci, pugni e sevizie dirette. Quei ragazzi che sapevano di quelle torture, che a detta degli inquirenti duravano da tempo, hanno sulla coscienza un morto. Evitabile, se solo avessero parlato di quei video terribili. Chiusa parentesi sulla questione digitale (ma ogni tanto va ricordata, ai ragazzi e ai loro genitori).
Questa madre, fa ammenda dicendo: “Mi sento responsabile dell’assenza di umanità dimostrata da mio figlio, anche solo per aver condiviso un video girato da altri. Evidentemente non sono stata capace di insegnargli la differenza tra il bene e il male”. E qui si apre il capitolo dell’educazione morale. Anche se, a detta dei giornali, erano tutti “bravi ragazzi” (che poi un bel giorno dovremmo parlare di cosa diavolo si intenda per “bravo ragazzo”) evidentemente un vuoto educativo nella vita di questi ragazzi c’è stato! Soprattutto in coloro che hanno agito, seviziato, torturato, picchiato fino alla morte un anziano, per giunta inerme e fragile a causa della sua malattia mentale.
Chiariamo il punto: lo sapete, lo dico spesso, non c’è una legge lineare causa-effetto in educazione. L’adolescenza è una fase difficile, c’è la voglia di sfidare l’autorità, il bisogno di trasgredire, per cui se i nostri figli fanno delle azioni scorrette in adolescenza, se fumano, se non studiano abbastanza, se arrivano una volta a casa da una festa ubriachi, se anche vengono beccati una volta a imbrattare dei muri vicino ad una stazione, non dobbiamo immediatamente auto-distruggerci come genitori; certo dobbiamo intervenire severamente in questi casi, sanzionando (e dialogando), educando alla responsabilità, tornando a limitare la libertà concessa, chiedendo loro gesti riparatori, verso oggetti o persone. Non dico che dobbiamo minimizzare, anzi! Ma ci sono azioni che stanno dentro i confini della “normale trasgressione” in adolescenza, e azioni che varcano pericolosamente quel confine.
A Manduria il confine si è drammaticamente superato. C’è una funzione psicologica che potremmo definire “il NO introiettato”, che è quello che ti permette, crescendo, di auto-limitarti nel compiere azioni pericolose, per te o per altri, o azioni lesive della morale altrui. Ma qualcuno te lo deve insegnare, attraverso la funzione normativa che educa alle regole, al rispetto e all’assunzione di responsabilità in caso di trasgressione; insomma, ti insegna ad autodisciplinarti, coltivando al contempo valori positivi. Forse un tantino di carenza di funzione normativa era presente nella vita di questi ragazzini.
Abbiate pazienza, so che molti vogliono mettere alla gogna questi minorenni, ma non posso non avere anche un sguardo di compassione verso questi ragazzi: ci pensate che vita vivranno da oggi in poi? E che colpa hanno loro? Se non quella di non aver ricevuto un’adeguata educazione morale, che ti insegna dove sta il confine tra uno scherzo e un reato, che ti insegna dove sta il limite tra una bravata scherzosa tra amici e azioni come la tortura e l’omicidio.
Il profilo psicologico di chi diventa un ‘bullo seriale’ è sempre quello di essere tendenzialmente carente di empatia. Incapace di mettersi nei panni dell’altro. Mi chiedo se quegli 8 ragazzini che sembrano aver riempito di calci e colpito a sprangate il povero sig. Antonio Stano, siano mai stati educati a coltivare l’empatia, l’attenzione e il rispetto per il diverso, la necessità di aiutare il prossimo e soprattutto le persone più deboli. Forse no.
Come ha detto bene Il Professor Daniele Fedeli in un suo post a commento della vicenda, citando Simon Baron-Cohen e il suo libro ‘La scienza del male’, “non dobbiamo mai dimenticarci di nutrire nei bambini le loro innate tendenze prosociali. Usando le sue parole, dobbiamo sempre riempire la loro pentola d’oro interiore di emozioni positive ed empatiche. Se questa pentola si svuota di emozioni positive, allora il rischio è che venga riempita in altro modo: e spesso con le condotte più estreme e violente.”
Non pensiamo che quei 14 ragazzini siano altro da noi; ne incontro spesso, nel mio lavoro, di ragazzini carenti di autostima e di empatia, che non trovano altra strada che emulare il modello del mini-gangster stile serie TV per sentirsi qualcuno. Spesso, hanno amici che li spalleggiano nelle azioni da branco, amici provenienti da ‘brave famiglie’, dove non solo c’è carenza educativa, ma dove forse ci sono troppi soldi, troppa libertà, poco studio, poco sport, poco volontariato, poca educazione all’impegno, dove ci sono dei ‘vuoti di noia’, che vengono poi riempiti con azioni folli come questa.
L’articolo 2048 del Codice Civile, ossia la Culpa in Educando, richiama i genitori alla responsabilità educativa verso le azioni commesse dai figli. Quell’articolo sta sempre di più gridando, al contempo, a tutti noi. Noi adulti, come quelli di Manduria, che sapevano e vedevano da anni quel branco che si aggirava per la città vessando il sig. Antonio, ma non hanno fatto niente. O troppo poco.
Noi adulti, che quando sappiamo di quel ragazzino nel paese che sta prendendo una brutta strada, ce ne stiamo zitti perché “meglio farsi i fatti propri, che provare a parlare con quei genitori”.
Noi adulti, che se siamo insegnanti a volte mal sopportiamo i ragazzini casinisti e problematici in classe, che non ci permettono di lavorare, che disturbano. E che, invece, avrebbero bisogno il doppio degli altri delle nostre attenzioni, per sopperire ad una famiglia che, forse, non sta educando abbastanza.
Ecco di cosa mancano alcuni ragazzini di oggi. Di adulti presenti. Che presidiano. Di adulti autorevoli. Che alternano amore e dialogo alla fermezza educativa e alle regole.
Non date la colpa a dei ragazzini, per favore.
Rimbocchiamoci tutte le maniche e torniamo ed educare.