È passato un mese dalla scomparsa di Giulio De Angelis e la motonautica nazionale e internazionale piangono un altro lutto. Se n’è andato a settantotto anni Renato Molinari, lariano di Nesso, figlio di un lago che nella seconda metà del secolo scorso era il baricentro della disciplina, grazie all’artigianalità di famiglie come gli Abbate e i Molinari.
Ci ha lasciato in punta di piedi, fedele a quella ritrosia che ne è stata la cifra iconica di una vita. E dire che la sua statura di fuoriclasse avrebbe potuto inghiottirlo in una dimensione da star patinata. Renato, invece, preferiva restare concentrato sulle gare e sulle prestazioni, sul dato tecnico, scevro da tentazioni mondane.
Il suo destino appare segnato fin da ragazzo. Il DNA non mente. Il padre Angelo, autentico, geniale, pioniere, nel 1949 si accorge di un’imbarcazione statunitense che corre a Como. Da lì, l’ispirazione del “Tre Punti”: lo scafo tocca l’acqua soltanto in punti essenziali, in virtù di due galleggianti a mo’ di siluro che caratterizzano la prua della barca fino alla sua metà.
A diciotto anni, Renato è già immerso nel mondo della motonautica fino al midollo. Da quel momento, allori a ripetizione che lo conducono dagli specchi d’acqua direttamente alla leggenda. Si concede un poker alla 24 Ore di Rouen e alla 6 Ore di Parigi, si aggiudica due volte la 9 Ore di Parker e in un’occasione il Trofeo Duca di York a Bristol. Ma il suo talento lo spinge oltre.
Per tre stagioni, 1981, 1983, 1984 è campione mondiale di Formula Uno. Nel 1985 è General Manager di Team Nordica ma si regala ancora una sfida, a bordo del catamarano da lui stesso progettato, il Falcon 46, con cui nel 1986 vincerà il quarto Gran Premio di Monaco. L’anno dopo è direttore tecnico delle Formule 1,2 e 3 del circuito.
In sintesi, numeri da favola: diciotto titoli mondiali, tredici europei, quattro nazionali, undici primati mondiali. Pur avendo vinto ovunque e sempre su traguardi prestigiosi, Molinari conservava una gara del cuore. Era la “Pavia-Venezia”, come dargli torto. “Il Raid” per eccellenza, la prova più lunga al mondo in acque interne, 413 chilometri, con la mitica Coppa “Theo Rossi di Montelera”.
Molinari la doma per tre edizioni e la definisce, senza riserve, “la gara più bella del mondo”: nel 1979, segna la media pazzesca di 176.6 chilometri orari. Il suo cursus honorum folgorante gli vale riconoscimenti prestigiosi quali, nel 2015, la piastrella nella Walk of Fame al Foro Italico e, nel 2018, il Collare d’Oro al Merito Sportivo, massima onorificenza dello sport italiano. Si aggiudica, inoltre, il premio “Chevron Sportsman dell’anno” per cinque volte. Nel 2016, a Monte Carlo, davanti ad un pubblico entusiasta, riceve lo “Stefano Casiraghi Memorial Trophy”, riconoscimento alla carriera attribuito dalla Federazione Internazionale. Un altro “laghée” che se ne va, attore protagonista di un mondo lontano.