Andrea de Adamich ci ha lasciato la scorsa settimana a ottantaquattro anni a Varano de’ Melegari, dove aveva stabilito il suo ubi consistam, a due passi dall’autodromo dedicato a Riccardo Paletti divenuto da oltre trent’anni scenario del Centro Internazionale di Guida Sicura, dallo stesso de Adamich fortemente voluto e curato fino all’ultimo.
De Adamich era nato a Trieste, terra di frontiera, dall’anima mitteleuropea, aperta e accogliente, gravida di storia anche drammatica e di grande e cosmopolita cultura. Gli inizi vedono Andrea impegnato nelle gare di velocità in salita, ma la consacrazione lo attende in Formula Tre, titolo italiano a soli ventiquattro anni.
Consacrazione che prosegue successivamente nella categoria Turismo, nella quale conquista il Campionato Europeo per due anni consecutivi, 1966 e 1967. Il binomio de Adamich – Alfa Romeo Giulia GTA è inscindibile e diventa presto leggenda.
Binomio che si estende ad altre attività del Biscione, sotto l’egida della Autodelta di Carlo Chiti. È il periodo glorioso della “33”, affidata a de Adamich fin dallo stato embrionale.
Nel 1967, in coppia con Nanni Galli, rileva la macchina di Zeccoli – Bussinello e coglie un ottimo quinto posto alla “1000 Km del Nürburgring”. Gli Sport Prototipi sono la terra di elezione e il 1971 rappresenta la stagione d’oro, con le vittorie alla “1000 Km di Brands Hatch” con Henri Pescarolo e alla “6 Ore di Watkins Glen” con Ronnie Peterson: la macchina è la “33/3”.
De Adamich è meno fortunato in Formula Uno. La Ferrari nel 1967 gli regala il quarto posto nel Gran Premio di Spagna, gara fuori Campionato. Poi, la malasorte al Gran Premio del Sudafrica a Kyalami e alla Race Of Champions, due incidenti, soprattutto il secondo, che pregiudicano l’annata 1968.
Il richiamo dell’Alfa lo porta prima in McLaren e poi in March, che utilizzano il motore del Portello. La quarta piazza a Zolder con la Surtees – Ford per il Gran Premio del Belgio 1972 viene brutalmente compensata dall’incidente al Gran Premio di Gran Bretagna 1973, quando resta bloccato nella sua Brabham e accusa parecchie ferite.
Chiude con la massima formula e di fatto con la prima vita, quella da pilota. La seconda lo vede brillante conduttore televisivo, sempre ovviamente nel campo dei motori. Le sue cronache dei Gran Premi sono un misto di competenza tecnica, signorilità e grande padronanza dello schermo, il tutto compendiato in una forte carica di empatia.
La terza vita, lo accennavamo, è il Centro Internazionale di Guida Sicura: sul circuito di Varano si formano generazioni di piloti e di semplici appassionati desiderosi di apprendere le necessarie nozioni per sentirsi sereni al volante della propria vettura. E a Varano, vicino all’autodromo, si è chiusa la parentesi terrena di un campione che per tutti era sinonimo di automobilismo sportivo.
