Un mese fa Giacomo Agostini ha raggiunto il traguardo degli ottant’anni, peraltro in ottima forma. Con i suoi quindici allori mondiali è il pilota tuttora più titolato di sempre. Aveva iniziato a far parlare di sé nel 1961, con il secondo posto alla gara di velocità in salita “Trento – Bondone”, alla guida della mitica “Settebello”. Già l’anno successivo, la prima vittoria alla “Bologna – San Luca”.
Il talento smisurato di “Mino” gli spiana la strada per il primo contratto da professionista con la Moto Morini. Ma la svolta avviene nel 1965. Incontra il Conte Domenico Agusta e inizia un sodalizio unico e irripetibile. Agostini coglie immediatamente il secondo posto nel Campionato Mondiale sia nella classe 350 che nella 500, quest’ultima vinta dal compagno di squadra Mike “The Bike” Hailwood, un campione già affermato. La stella è sbocciata.
L’anno successivo Hailwood passa alla Honda e la rivalità tra i due diventa incandescente, ma l’inglese si dedicherà poi prevalentemente alle quattro ruote. Agostini conosce la maturazione definitiva. Con la MV Agusta costituisce un connubio imbattibile, nonostante una concorrenza agguerrita. I titoli mondiali fioccano nella 350 e nella 500, assumendo una connotazione quasi scontata. Il mito di “Ago” è planetario.
A nostro parere, soltanto un pilota avrebbe potuto impensierirlo e, anzi, già gli aveva dato filo da torcere: questo pilota era Jarno Saarinen. Purtroppo, il finlandese perde la vita a Monza, nel 1973. In quella stessa gara, muore anche Renzo Pasolini, altro contraltare di Agostini. Due piloti molto diversi, diremmo agli opposti. Pasolini non conosceva le mezze misure, o la va o la spacca. Un uomo generoso e sanguigno, cui si contrapponeva l’alone di campione platinato di Agostini, la cui fama ormai trascendeva l’ambito dello sport.
Il suo fascino lo avvicina al mondo dei fotoromanzi e del cinema. “Ago” è un personaggio a tutto tondo, protagonista ovunque si muova. Un talento incredibile e un carisma decisamente oltre l’ordinario lo rendono un raro caso di uomo che segna un’epoca, un principe degli anni sessanta e settanta del secolo scorso. I suoi successi sono il frutto della classe cristallina e di un controllo ossessivo su ogni dettaglio. Senza dimenticare la sua lotta per ottenere una maggiore sicurezza sui circuiti.
Vince il Tourist Trophy, una prova pericolosissima, per ben dieci volte, ma dopo la morte del collega e amico Gilberto Parlotti comunica che non lo correrà più, e manterrà la parola. L’ultimo titolo mondiale, con la Yamaha, intuendo la potenzialità del due tempi, nel 1975. Qualche esperienza con le quattro ruote e poi altri successi come manager. Grazie “Ago”, ci hai fatto sognare. Cento di questi giorni.