L’intramontabile Lamborghini Miura

Si narra che da un diverbio con Enzo Ferrari germogliò in Ferruccio Lamborghini l’idea di realizzare auto da sogno. Siamo nel 1966, al Salone di Ginevra: la Miura catalizza le attenzioni di esperti e appassionati. È talmente innovativa che le "dream car" dell’epoca appaiono improvvisamente datate.
Lamborgini Miura - Foto Facebook Lamborghini
Gioie e Motori

Ferruccio Lamborghini era un uomo capace e intelligente. E sanguigno. Proprio come Enzo Ferrari. Si narra che da un diverbio tra i due germogliò in Ferruccio l’idea di cimentarsi nella realizzazione di auto da sogno. Lamborghini, nel secondo dopoguerra, aveva intuito il crescere della domanda di trattori e grazie alle doti tecniche congenite e pure acquisite durante il conflitto aveva costituito la “Lamborghini Trattori”, con sede a Cento, nel ferrarese, stessa provincia della sua nascita, a Renazzo.

Eravamo nel 1948, ma Lamborghini si affermò rapidamente, fino a diventare il punto di riferimento, con la sua azienda, della produzione di macchine agricole in Italia. Veniamo all’episodio cui abbiamo accennato. Appassionato di auto, si regala più di una Ferrari e di tutte lamenta problemi alla frizione. Contatta Enzo Ferrari per lamentarsene e riceve, più o meno, la seguente risposta: “Il problema è che tu sei capace a guidare i trattori e non le Ferrari”. Lamborghini si inalbera – sanguigno, ricordavamo – e decide di costruire auto sportive e eleganti insieme.

La prima nata è un prototipo, la “350GTV” del 1963, presentata al Salone di Torino, opera di mostri sacri come Giotto Bizzarrini, Gian Paolo Dallara, Paolo Stanzani e Franco Scaglione. Già la “350GTV” si segnala per una netta cesura degli schemi di un’auto sportiva. Ma è solo il preludio alla “Miura”, così denominata perché Lamborghini, del segno zodiacale del toro, intende celebrare un noto allevatore: una tradizione, la tauromachia, che da lì in avanti costituirà il simbolo della Casa.

Siamo nel 1966, al Salone di Ginevra. La Lamborghini Miura catalizza le attenzioni di esperti e appassionati. È talmente innovativa che le dream car dell’epoca appaiono improvvisamente datate. La Miura stabilisce nuovi standard, come ricorda il Marchio. I padri sono sempre Bizzarrini, Dallara e Stanzani, cui si aggiunge un designer all’esordio o quasi: Marcello Gandini, per Bertone, che diventerà anch’egli un mostro sacro delle quattro ruote.

I quattro rappresentano la summa dell’auto sportiva. Gandini è ispirato e rilascia il suo progetto in soli quattro mesi. Lamborghini pensava di costruirne una cinquantina: saranno 763, nelle varie versioni. Le dimensioni sono estreme: lunghezza 4.390 metri, larghezza 1.780 e soprattutto altezza che si limita a 1.100. Il motore, un dodici cilindri centrale da 3.900 cc. per una potenza di 350 cavalli, rende la Miura l’auto più veloce del mondo: velocità pari a 280 chilometri orari, accelerazione da 0 a 100 chilometri orari in 6”7.

E le linee catturano, ammaliano. All’anteriore, l’ampio cofano spiovente si giova di fari dal taglio inedito “a ciglia” e di prese d’aria orizzontali. In prossimità del parabrezza inizia un lieve declivio verso il posteriore, sul quale campeggia l’iconico lunotto nero a bande, e che termina con una coda tronca sensibilmente obliqua. Da quell’ormai lontano 1966, Case come Ferrari e Maserati devono raccogliere e accettare la sfida di un nuovo concorrente. Smentendo la battuta prima rammentata di Enzo Ferrari, Lamborghini non sa guidare solo i trattori. Non più.

Una risposta

  1. Beh in quanto a bellezza non si può dire nulla, ancora oggi nonostante siano passati 60 anni dalla creazione, rimane una sportiva che fa girare parecchie teste …. Gli ingegneri odierni dovrebbero spunto dal passato, per creare Supercar che rimangano nella storia, e non semplici veicoli privi di stile !!!

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