Quando il talento si mescola alla passione, alla determinazione e alla testardaggine, il risultato è pressoché garantito. Giovanni Marelli, nato a Gallarate nel 1940 e scomparso nei giorni scorsi, personificava la sintesi di tutte queste doti.
Testardaggine perché, appassionatosi già in tenera età al mondo dei motori, viene inviato dal padre industriale tessile a studiare a Padova, lontano dalle sirene monzesi. Ma il talento si manifesta inarrestabile. Giovanni si laurea presto in Ingegneria meccanica e Enzo Ferrari, noto per il fiuto infallibile nell’assumere i suoi collaboratori, lo chiama al Cavallino.
A Maranello segue il mondo delle corse a trecentosessanta gradi, assumendo il ruolo di direttore tecnico-sportivo. Inizia con la Tasman Cup, all’epoca gara di grande prestigio, contribuendo al successo della Ferrari Dino 246: è il 1969. Successivamente, ecco Marelli alle prove in salita. È parte integrante del trionfo di Peter Schetty con la Ferrari 212 nel Campionato Europeo della Montagna.
In Formula Uno, è tra gli artefici dell’alettone, con Mauro Forghieri. E siamo negli anni settanta del secolo scorso. Marelli approda all’Alfa Romeo di Giuseppe Luraghi, il promotore dello sviluppo del Biscione nei suoi quattordici anni di dirigenza. Sono i tempi gloriosi della categoria Turismo, con la GTAm e Toine Hezemans che si fregia dell’alloro europeo.
Nel 1975, eccolo protagonista della vittoria nel Mondiale Marche, per Sport Prototipi. L’Alfa 33TT12 viene schierata prima dalla Scuderia di Willy Kauhsen poi in veste ufficiale e conquista sette gare su otto. Marelli torna alla Formula Uno quando la Brabham di Bernie Ecclestone decide di affidarsi, per la fornitura dei propulsori, al dodici cilindri dell’Alfa.
Alfa che successivamente costruisce una monoposto in proprio, chiamata Alfa – Alfa. Con gli anni ottanta Giovanni Marelli diventa imprenditore, creando la “MCM”. Il colpo di genio è la realizzazione di un telaio in materiali compositi, ideato e costruito da tecnici e maestranze tricolori, che si aggiudica il Campionato Cart americano nel 1984 con la Lola del Team Newman – Haas Racing.
A cavallo degli anni ottanta e novanta, progetta il telaio che ospiterà la First Racing di Lamberto Leoni e in seguito il motore Life. Ma non dimentichiamo – anzi, sottolineiamo – l’eclettismo dell’ingegnere milanese. Un eclettismo a tutto tondo. Claudio Zampolli lo invita a collaborare alla produzione della Cizeta V16T, con motore monstre a sedici cilindri, una autentica dream car.
Marelli collabora poi con Tullio Abbate, guru della motonautica, sul fronte sicurezza. Ancora, lo troviamo antesignano della svolta elettrica, con i primi furgoni, e addirittura a sviluppare componenti in carbonio per la radioterapia.