Carne coltivata? “Un’occasione da non sprecare assolutamente”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un lettore che spiega: "La carne coltivata potrebbe sostituire tutta la carne a basso costo di cui sono inondati i frigoriferi dei supermercati. Carne carica di acqua, antibiotici, 'bombata' da steroidi", senza minacciare le eccellenze italiane ed evitando "la brutalità degli allevamenti intensivi".
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I lettori di Aostasera

Recentemente il governo Meloni si è pronunciato a sfavore della possibilità di introdurre, nel nostro paese, la vendita di carni coltivate. Avete letto bene, carni coltivate in laboratorio: un processo all’avanguardia della tecnologia che da semplici cellule staminali di bovini, suini, caprini, ovini, pollame e quant’altro, con l’aiuto di bioreattori (che abbiamo già conosciuti durante pandemia perché macchinari in grado di produrre i famosi vaccini ad mRNA) è in grado di far letteralmente crescere della carne sana e gustosa, eliminando la presenza in essa di antibiotici o steroidi, spesso presenti nella carne di allevamento, azzerando praticamente le emissioni nocive per l’ambiente derivanti dagli allevamenti intensivi di bestiame da macello, restituendo il 70% delle terre coltivabili della Terra alla coltivazione di ortaggi e cereali per uso umano e non per la creazione di foraggio da bestiame e, ultimo ma forse più importante, eliminando l’uccisione di miliardi di capi di bestiame e la brutalità degli allevamenti intensivi.

Il governo ha proposto questa decisione come grande vittoria ma dovete sapere che la legiferazione in merito non spetta ai singoli stati nazionali ma all’Unione Europea che non si è ancora espressa sull’argomento.

Vorrei chiarire che le grandi eccellenze italiane legate alla carne non risulterebbero in pericolo, in nessun modo, con l’avvento della carne coltivata. Chianina, Podolica, Cinta Senese, Fassona, Vitellone Bianco dell’Appennino e molte altre razze meritoriamente assunte nel gotha delle migliori razze di carne mondiali sono infatti, quasi sempre, esonerate dall’allevamento intensivo e proprio per questo fatto sono annoverate tra le migliori carni in vendita. La loro produzione è ristretta e “coccolata”. Cioè gli animali, prima di raggiungere il macello menano una vita tranquilla, all’aperto, nei pascoli a loro dedicati.

La carne coltivata potrebbe sostituire tutta la carne a basso costo di cui sono inondati i frigoriferi dei supermercati. Carne carica di acqua, antibiotici, “bombata” da steroidi che accelerano la crescita del bestiame. Sostituirebbe carne malata e insalubre con una migliore offerta, soprattutto per ciò che concerne le qualità nutrizionali. La carne coltivata, infatti, può essere fatta sviluppare seguendo ricette mirate per diete diverse: in essa può essere deciso il livello di grassi e proteine che deve contenere e ad essa possono essere aggiunte vitamine o altri nutrienti che spesso mancano nella dieta quotidiana dell’italiano medio.

Insomma, la decisone del governo, per quanto illegittima perché spettante alla UE, non mi pare che sia stata presa con cognizione di causa. In questo periodo di transizione ecologica avere modo di poter abbassare i livelli di emissioni di CO2 relativi agli allevamenti intensivi (15% delle emissioni totali di CO2 annue sul pianeta, non proprio nulla) mi pare un’occasione da non sprecare assolutamente.

Risulta chiaro che per il momento la carne coltivata ha ancora prezzi molto elevati, che possono raggiungere i 400 euro al chilo, ma sappiamo bene che la tecnica umana più si affina e prende piede nel consumo quotidiano, più si abbassa di prezzo. Incrociamo le dita gettando lo sguardo al futuro dei nostri figli che speriamo meno inquinato e meno carico di violenza. Anche contro gli animali.

Francesco Corniolo

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