Gli antichi greci avevano una testa molto logica. Essi si sono domandati sulle cose essenziali appartenenti ad una città. E tra le risposte c’era anche questa: il bene di una polis dipende dal numero di quelli che la governano. Ed un’altra risposta veniva da uno dei saggi di quell’epoca: per essere sicuri che siamo nelle buone mani ci vuole la qualità di quelli che prendono sul serio le cose pubbliche, indipendentemente che siano molto o pochi. La stessa idea, quasi un secolo fa, lo ripeteva Max Weber “passione, senso di responsabilità e lungimiranza sono virtù indispensabili per chi ambisce al governo della cosa pubblica”. Ma queste belle parole restano oggi soggette all’usura del tempo ed esposte a palpabili ambiguità nella loro manipolazione.
Se si guarda agli scenari e ai protagonisti della politica valdostana di questi ultimi tempi, si sarebbe tentati di dire che mancano questi attributi. La gente comune sente distante il dibattito politico, non concentrato sui problemi reali delle famiglie (due giorni fa Mons. Delfini a Milano insisteva proprio sulla famiglia, da essa si deve partire poiché il resto: lavoro, salute, casa, giovani, scuola, sanità, anziani, dipende da come lei si mantiene sana).
Piuttosto domina nel dibattito pubblico regionale una guerra senza tregua, in nome di interessi individuali e di successi personali, che finisce per disgregare il tessuto sociale. Il panorama politico odierno denuncia l’assenza endemica di un ethos grazie al quale sarebbe possibile realizzare un progetto unitario. Direi che c’è un cinismo opportunista che fa leva sulle paure e sulle attese che attraversano tutto l’elettorato. Slogan, ricette semplici degli ultimi flussi elettorali hanno troppo rapidamente preso il posto della fondamentale volontà di vedere lontano, necessaria per il governo sia locale che centrale.
Parlavo di Max Weber, che riteneva fondamentale, alla sua epoca, quella attitudine alla lungimiranza, cioè la “capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore”, quella che può dopo produrre uno spazio di distanza riflessiva in vista di una migliore capacità valutativa e poi operativa (soprattutto questa, poiché con le parole siamo tutti capaci).
Un altro problema molto visibile sul palcoscenico politico della Valle è questa inflazione di parole disgreganti che hanno aumentato un dispiaciuto confronto tra amico e nemico in questa altalena di forze politiche. Invece di concentrarsi sul bene comune abbiamo una marea di cecchini nel campo politico che si posizionano per poter sparare sugli errori degli altri, creando spesso l’illusione che esistono due squadre: dei buoni e dei cattivi. Un buon cristiano ma anche un buon cittadino direbbe così: gli avversari politici non vanno mai considerati come nemici o concorrenti da eliminare, ma come la garanzia di confronto critico in vista del discernimento delle vie migliori per giungere alla realizzazione della dignità personale di ciascuno. Cari politici vi imploro: attenti alla persona umana!
Ripensare l’etica politica, con una quotidianità delle scelte a cui la realtà della Valle ci pone di fronte, questo ci vuole. Il buon politico (anche quello di turno) è chi sa rispondere efficacemente ogni giorno a quanto è richiesto dalla sua agenda (che siamo noi elettori, dobbiamo ripetere che l’uomo è la misura e la norma di tutte le attività politiche!). La giusta politica ha bisogno di uomini giusti, una condizione esigente, che non si verifica ut in pluribus. L’attuale crisi politica ci rimanda al primato dell’etica. Siamo di fronte alla situazione di Prometeo, quello a cui Zeus affidò la missione di creare gli uomini. Loro avevano già tutte le caratteristiche essenziali per la nuova specie, ma quando venivano messe insieme, la convivenza tra di loro era impossibile: mancava ii rispetto verso i dei e il rispetto verso il prossimo, cioè mancava la ragione e l’etica. Prometeo alla fine trovò la soluzione: fece un salto nel cielo e rubò le virtù che mancavano agli esseri umani. Anche oggi ci ritroviamo fermi nella notte politica, fino che a quando non ci ricorderemo dell’etica.
Ci tenevo a scrivere due pensieri per chi ancora vuol vivere insieme la propria fede ed il rispetto (e ancora un certo apprezzamento) per la politica locale.
Marian Benchea, parroco di Arvier, Avise e Valgrisenche