Anno 2019, pari (o dispari) opportunità: un bilancio
Si sta per chiudere questo 2019 e mentre ci avviamo a grandi passi alle festività di fine anno cogliamo come associazione Dora donne in Valle d’Aosta lo spunto per fare un piccolo bilancio, una breve analisi di quanto accaduto nell’anno appena trascorso.
Quando si parla di pari opportunità il pensiero corre immediato alle donne, alle penalizzazioni e ai licenziamenti sul mondo del lavoro, alla violenza di genere, ma in realtà ben più complesso è oggi il quadro della difesa della diversità: il contrasto all’omofobia, alle discriminazioni di razza e di religione, al bullismo, oltre ovviamente a quelle legate al genere, è il terreno su cui si devono muovere oggi le politiche, gli interventi legislativi, le azioni di promozione sociale e gli interventi culturali.
La lotta alle disuguaglianze è un terreno molto scivoloso che vede talvolta accendersi gli animi a partire a pensieri e ideologie differenti e attualmente, sebbene possa sembrare anacronistico, nel nostro Paese la difesa dei diritti acquisiti dalle donne e la loro estensione ad altre categorie è causa di una guerriglia quotidiana, determinata dal manifestarsi di posizioni ultra tradizionaliste, di rigurgiti xenofobi e omofobici. Ne deriva il ritratto di una società culturalmente e politicamente schizofrenica.
Mentre infatti a marzo veniva approvata la direttiva 2/2019 – Misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare i Comitati Unici di garanzia nelle amministrazioni pubbliche -, nella quale le amministrazioni pubbliche sono tenute a garantire ed esigere l’osservanza di tutte le norme vigenti (compresa la Costituzione) relative al divieto di discriminazioni e impongono azioni positive, si svolgeva a Verona il congresso mondiale delle famiglie con il patrocinio della presidenza del Consiglio e con tutto il seguito di polemiche legate ai relatori intervenuti.
Contemporaneamente il movimento femminista Non una di meno ha organizzato una manifestazione alternativa, transfemminista, che ha contrapposto alla visione della famiglia cosiddetta “naturale”, che ripropone per le donne un ruolo subordinato e subalterno agli uomini, la rivendicazione del diritto all’autodeterminazione, alla libertà femminile. È stato fondamentale scendere in piazza e lo hanno fatto 100.00 persone per la salvaguardia dei diritti conquistati dalle lotte delle donne: il divorzio, l’aborto e la riforma del diritto di famiglia.
L’anno che sta per concludersi, inoltre, ha visto con il Governo Conte 2 la reintroduzione del Ministero per le Pari opportunità, accorpato a quello della famiglia e affidato ad Elettra Bonetti. Una novità importante, ma la speranza che questo comporti nuove battaglie per i diritti civili è tutta da verificare.
A livello elettorale, il voto alle elezioni europee, conferma la tendenza degli italiani a premiare il centro destra e quei movimenti che proclamano una visione fortemente tradizionale e retrograda delle donne. Le analisi del voto confermano una crescita di questi partiti anche nel voto femminile, segno che ancora molto resta da fare a livello di informazione per rendere comprensibili messaggi che a volte restano nascosti nelle pieghe dei programmi elettorali.
Sul versante del lavoro è stata introdotta una nuova flessibilità nel congedo di maternità dando alle madri la possibilità di lavorare fino al giorno del parto e di fruire successivamente dell’intero congedo, previa certificazione del medico che attesti la non pericolosità per la salute di madre e bambino. Sebbene si tratti di un provvedimento che incontra il favore di molte donne riteniamo che sia niente di più che un palliativo quando occorrerebbe invece una vera riforma del congedo parentale che aumenti in modo sostanziale il diritto dei genitori ad accudire il bambino nei primi anni di vita, salvaguardando il posto di lavoro e la retribuzione. Ben altre sono le politiche per il sostegno alla genitorialità che andrebbero introdotte e dovrebbero essere oggetto di interventi finanziari di portata notevole, necessari anche per contrastare il pesantissimo calo demografico che sta interessando il nostro Paese, che a fronte anche di politiche sull’accoglienza dei migranti completamente sbagliate, porterà le prossime generazioni ad avere grandi difficoltà a sostenere, ad esempio, il sistema pensionistico.
In merito alla violenza di genere i dati segnalano che in Italia sono circa 6 milioni le donne che nel corso della vita subiscono maltrattamenti e altre forme di violenza e in 8 casi su 10 muoiono per mano di un partner, ex partner o di un familiare. Appare evidente che, nonostante siano ormai imponenti le campagne di informazione, il principale destinatario di interventi di prevenzione debba essere il nucleo familiare, ampiamente inteso, con specifica attenzione alla cultura maschilista che ancora permea le relazioni tra uomini e donne. Va creato e potenziato un sistema di accoglienza delle donne in fuga da situazioni di violenza maschile, ma i fondi scarseggiano e nel 2019 quelli nazionali non sono stati nemmeno ripartiti. Bisogna dare slancio alle attività che creano occupazione, che danno una prospettiva, un futuro alle donne vittime di violenza e ai loro figli, un sistema virtuoso che valorizzi le risorse pubbliche e private messe in campo.
Tra spinte regressive ed esempi significativi di “resistenza” delle donne, il 2019 verrà comunque ricordato come l’anno di Greta Thumberg, la sedicenne che da mesi guida il movimento globale di lotta per il cambiamento delle politiche sul clima e si chiude con l’elezione a primo ministro in Finlandia di Sanna Marin, figlia di una famiglia arcobaleno, che guida a soli trentaquattro anni un governo composto prevalentemente da donne. Sono segnali questi che qualcosa sta cambiando, ma non con l’urgenza che occorrerebbe per ridurre le diseguaglianze tra donne e uomini e contrastare efficacemente la violenza maschile di cui troppe donne nel nostro Paese e nel mondo continuano quotidianamente a essere vittime.
Katya Foletto