Chi soffre di attacco di panico è possibile si sia imbattuto in quello che viene chiamato attacco di panico notturno, risveglio improvviso seguito da un forte senso di angoscia, accompagnato dal timore di avere un infarto, di perdere il controllo o addirittura di morire. Tale aspetto fa capire quanto siano forti ed invalidanti. Se ne parla poco, ma colpisce il 50-70% delle persone con disturbo di attacco di panico e solo il 10% è colpito esclusivamente dalla forma notturna. Da un punto di vista sintomatologico sono molto simili, la persona si sveglia con tachicardia, sudorazione, tensione muscolare, tremori, sensazione di soffocamento, testa leggera, ma da un punto di vista emotivo sono più impattanti. Svegliarsi in piena notte, all’improvviso senza che ci sia stato un incubo o un motivo scatenante è assai invalidante e spaventoso. La sensazione è di maggiore vulnerabilità, il senso di confusione e di paura è maggiore proprio perché avviene di notte. Chi soffre di attacco di panico sa che spesso arrivano in modo inaspettato, ma è consapevole di vivere le situazioni con una certa ansia, di notte è difficile capirne il significato, in quanto non ci sono pensieri e si sta dormendo.
Tale disturbo è spesso conseguenza di un organismo che ha richiesto troppo a sé tesso, non è raro, infatti, che proprio il primo attacco avvenga dopo un anno difficile oppure in seguito a dei cambiamenti nella propria vita, come un trasloco, un nuovo lavoro, oppure l’aver affrontato un anno difficile all’università o la tendenza a mettere costantemente davanti i bisogni dell’altro ai propri, dimenticandosi della propria persona.
Gli individui, che in generale, soffrono di ansia mirano a tener tutto sotto autocontrollo (obiettivo irraggiungibile perché siamo circondati da variabili esterne a noi), a portare l’attenzione sul fallimento invece che sulla riuscita, su quello che non sono capaci piuttosto che sulle loro risorse, sul sentirsi responsabili degli altri e la paura del giudizio. Questo modo di affrontare la vita porta l’individuo a percepire il pericolo anche dove non c’è e a mantenere il sistema costantemente in allerta, in questo modo, a lungo andare, il corpo va in “tilt”, manifestando l’esplosione della sintomatologia tipica dell’attacco di panico.
Gli attacchi notturni, oltre ad essere invasivi ed impattanti, portano con sé conseguenze importanti. È facile, infatti, che si sviluppi come disturbo secondario una problematica legata al sonno. Quando arriva la sera la persona inizia a temere che gli possa accadere nuovamente, inizia a preoccuparsi e a pensarci costantemente, in questo modo invece di attivare il sistema del sonno, attiva il sistema della veglia. Un cervello preoccupato non permette all’organismo di lasciarsi andare, unico atteggiamento indispensabile per accedere al sonno. Spesso accade che la persona per affrontare questo tipo di insonnia faccia uso di farmaci, col rischio che una volta sospesi quest’ultimi, il problema si ripresenti.
È importante intervenire il prima possibile e sapere cosa fare nel momento in cui si presentano.
Subito dopo il verificarsi di uno di loro è utile alzarsi dal letto, perché in seguito alla grossa attivazione, diventa difficile il successivo addormentamento e, se si rimane nel letto, si corre il rischio di iniziare a pensare in modo ansiogeno su quello che è successo. Potrebbe essere di aiuto lavarsi la faccia, bere una tisana, ascoltare musica rilassante, da evitare l’uso della televisione o dello smartphone, in quanto attivano il cervello.
Molto utile risulta l’apprendimento di tecniche di respirazione e di rilassamento, come quello muscolare. Queste abilità, che si possono imparare con un semplice training, agiscono sul sistema nervoso autonomo e disattivano l’organismo da un punto di vista fisiologico.
Quando però ci troviamo di fronte ad una situazione che si è già cronicizzata, risulta necessario l’intervento terapeutico che va a lavorare da un punto di vista cognitivo. In questi casi il terapeuta aiuta la persona a ristrutturare i pensieri ansiogeni, a riconoscere gli schemi mentali rigidi che mantengono il problema e, se è il caso, lavorare sul disturbo del sonno che nel frattempo si è sviluppato.
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Nicoletta Savoye
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