Uno dei maggiori obiettivi che spingono le persone a voler intraprendere un percorso terapeutico è il desiderio di apprendere a gestire le emozioni. Niente di più sbagliato.
Controllare per esempio l’ansia non è possibile, in quanto si tratta di una reazione fisiologica, questa avviene quando si è creato un disequilibrio, l’emozione è quella cosa che ci permette di adattarci a ciò che è accaduto. Quindi per fare un esempio pratico se provo paura il mio cervello mi farà scappare, se provo rabbia mi farà attaccare, se provo vergogna il mio cervello mi dirà di non fare più quella “roba lì”, se provo disgusto mi dirà di allontanarmi con un senso di repulsione.
Pensate alle persone che non accettano il proprio corpo, quando si trovano davanti allo specchio cosa pensano e cosa fanno? Molto verosimilmente si allontanano e iniziano a criticarsi. Questi in psicoterapia vengono denominati come comportamenti automatici e proprio per la loro natura legata all’automatismo sono difficili da modificare. Difficile non impossibile. Ma come fare?
È necessario cambiare obiettivo, se infatti il mio scopo è quello di eliminare l’ansia, andrò dritto dritto verso il fallimento, se invece il mio obiettivo è quello di evitare che si manifestino quei comportamenti automatici che abbiamo visto prima, allora in questo modo sarò sulla strada giusta. La Mindfulness è una pratica meditativa che ci aiuta in tal senso. Deriva dagli insegnamenti del buddismo e da altre pratiche meditative; intorno agli anni ’70, il medico statunitense Jon Kabat-Zinn, l’ha riadattata e resa utilizzabile da alcune discipline mediche e psicoterapeutiche, per alleviare la sofferenza emotiva.
La Mindfulness è la capacità di essere presenti, consapevoli di quello che stiamo facendo.
La nostra mente è continuamente attratta da diversi stimoli, al mattino ci porta alle mille cose che dobbiamo fare durante la giornata, alla sera ci porta a ripensare alle cose fatte. Pensiamo alle preoccupazioni che ci affliggono, a ciò che è accaduto al lavoro, rimuginiamo sulle cose che ci mancano per essere felice, addirittura riusciamo a pensare, quando ci mettiamo nel letto, “… e se adesso non dormo?”, attivando così i meccanismi della veglia. Niente di più assurdo perché il sonno è il momento in cui sarebbe necessario lasciarsi andare, per recuperare le energie della giornata. Il nostro cervello elabora informazioni ininterrottamente, è normale, si tratta di un organo pensante, di un risolutore di problemi. Riflettiamoci un attimo, come saremmo riusciti a inventare la ruota, a scoprire il fuoco e per arrivare ad un tema più attuale, a mandare una foto di quello che stiamo mangiando con un semplice “clic”, senza il nostro generatore di pensieri?
Purtroppo l’essere umano è così contorto che, quello che è effettivamente una risorsa, l’ha fatta diventare un problema. Infatti il nostro pensare costante rende impossibile vivere pienamente il presente, siamo ininterrottamente con la testa altrove. Determinando in noi una fonte di stress cronico. Il nostro cervello vive in allerta.
Un concetto cardine della Mindfulness è l’attenzione e la cosa più importante è che questa può essere allenata, quindi è possibile arrestare la mente quando questa pensa in modo distruttivo e non funzionante.
Come spiegavo prima l’emozione è una reazione fisiologica che ci fa adattare a ciò che ci è accaduto; quindi c’è uno stimolo seguito da una risposta, spesso accade che queste risposte siano automatiche. Per poter modificare quest’ultime è necessario porre attenzione, diventare consapevoli dell’intervallo che ci sta tra i due. Nell’intervallo ci sono i pensieri, le credenze, le sensazioni, i sintomi fisiologici. A volte rispondiamo in modo aggressivo oppure una frase detta da un nostro amico ci fa star male e ci modifica il tono dell’umore per l’intero arco della giornata. Tante volte facciamo o diciamo delle cose, di cui poi ci pentiamo, portandoci a rimuginarci sopra. È importante porre attenzione ai pensieri ridondanti che abbiamo ogni giorno e che ci condizionano. Per esempio una delle maggiori fonti di stress e di frustrazione è la tendenza alla lamentela, quando ciò avviene vuol dire che ci stiamo focalizzando sugli aspetti negativi e sulle cose che ci mancano. In realtà se ci accorgessimo che stiamo provando come emozione la frustrazione e come comportamento la lamentela, invece di agire come se avessimo un pilota automatico dentro che ci fa autocommiserare, potremmo scegliere un comportamento diverso, per esempio ampliando il proprio focus di attenzione, permettendoci di osservare anche gli aspetti positivi di quella data situazione.
Diventare consapevole di ciò che stiamo vivendo ci mette nella condizione di poter scegliere il comportamento da emettere in modo più adattativo. La Mindfulness ci permette di vedere come reagiamo ai nostri pensieri.
Per riprendere la definizione di Jon Kabat-Zinn la Mindfulenss è il “prestare attenzione in maniera volontaria al momento presente, senza giudizio”. Un modo per far questo è utilizzare tutti i 5 sensi per prendere consapevolezza di ciò che stiamo facendo e di quello che abbiamo attorno a noi.
Provate a mangiare usando i 5 sensi. Usate il gusto, ma anche l’odore, il rumore del cibo sotto i denti, il contatto della lingua con gli alimenti e i denti durante l’atto della masticazione. È un’esperienza totalmente differente dal nostro tipico ingozzarci, perché presi a guardare la televisione o dalla costante fretta che ci perseguita. Tutto ciò a discapito non solo della digestione, ma anche della percezione del senso di fame e di sazietà.
È importante rendersi conto dei danni di una mente sempre piena, i costi sono notevoli e tante volte vengono sottovalutati: tensioni fisiche (dolori, contratture), stress cronico, difficoltà nel concentrarsi, prendere decisioni, stanchezza, comportamenti impulsivi, cattive abitudini, bisogno di tenere tutto sotto controllo, incapacità di viversi il momento attuale.
Chiunque può praticare la Mindfulness e chiunque ne può trarre beneficio.
Per ulteriori informazioni:
Nicoletta Savoye