Ed eccoci qui, a due centimetri dal coprifuoco e a uno dal contagio.
Oggi ho deciso di uscire, avevo un paio di sci da recuperare in macchina e un affitto da pagare, stare a casa non avrebbe risolto nessuna di queste due situazioni. Qualche settimana fa invece è uscito il nuovo disco di Marracash che al primo ascolto mi è sembrato il mio migliore amico e al secondo la mia migliore seduta dallo psicologo. Dentro il suo viaggio interiore c’è questa frase che dice così: sai com’è, fai casa e chiesa ma poi ti frega il tragitto.
FAI
CASA
E
CHIESA
MA
POI
TI
FREGA
IL
TRAGITTO.
L’importanza del viaggio, dello spostamento, del: da A a B. La questione è tutta lì, negli ostacoli, nelle aspettative, nelle sorprese, nella buona e nella cattiva sorte, nella frase finale prima di baciarsi sull’altare. Nonostante tutto avevamo una vita “presque parfaite” fino all’altro ieri, fatta di abitudini e passioni, di lavoro e di vizio, di situazioni più o meno floride ma sicuramente risolvibili, magari non tutte ecco, di certezze e imbarazzi, una vita fatta anche di compassione e accettazione, perché a seconda della nostra forma mentis riuscivamo a riconoscere certe decisioni come dettate dal destino, o a riconoscerle e basta, nella buona e nella cattiva sorte, appunto. E sapete perché? Avevamo scelta e ce ne siamo accorti da un giorno all’altro, come tutte le cose belle ci manca quando è assente, ci manca perché era normale andare al bar sgomitando al bancone e guardarsi intorno cercando occhi amici o una donna con bellissime gambe pronte a stringerti qualche ora dopo. Era normale rifugiarsi nella solitudine di casa con libri e superalcolici, musica con la quale sfogarsi dopo otto ore di lavoro, ma non perché ce lo diceva un decreto, semplicemente questi momenti ci rendevano felici senza regole. Lo sentite anche adesso quel profumo lì? È rimasta la sua coda che sa di tossico deodorante del discount ma sono sicuro che presto tornerà ad essere la base del tutto. E adesso come stiamo? Adesso abbiamo lo stesso valore del nostro peggior nemico, siamo tornati alunni a un metro di distanza, equi e solidali, lontani perché ci è impedito di star vicini, ingoiamo il rospo come il caviale più pregiato perché non abbiamo scelta, perché nonostante tutto abbiamo rispetto e paura verso di noi e gli altri.
Gli altri, ve li ricordate gli altri?
Quelli che prima non dovevano varcare il “suolo italiano” siamo diventati noi, un contrappasso che solo il migliore Dante avrebbe potuto immaginare. Ci hanno rifiutato e respinto nonostante l’American Express e il Rolex al polso, nonostante il Made in Italy e la Monna Lisa. Lo hanno fatto perché andava fatto. Non per un capriccio o una manciata di voti, non per ignoranza o paura della propria ombra. Lo hanno fatto perché andava fatto. Così come me, che oggi ho deciso di esplorare una parte di Aosta che non conoscevo, quattro passi dietro il mio bar di fiducia, scoprendo un tesoro di quelli che vorresti chiamare tutta la compagnia per condividere la scoperta, un posto senza tempo, pieno di storia e di archivi riguardanti la mia regione, un posto che meriterebbe una visibilità da far invidia alla Ferragni.
L’ho fatto perché andava fatto, quel cartello lo avevo annusato troppe volte e questo pomeriggio ci ho trovato un nuovo profumo da non rendere segreto. O forse sì.