Memoria senza titolo
Sulla mia bio di Instagram ho scritto che scatto fotografie perché ho la memoria corta e la luna storta. In effetti è vero, per entrambe le cose, c’è un cordone ombelicale che le tiene insieme come se sapessi che un giorno le perderò in un battito d’ali, come se sapessi che sono fragili e periture. E succederà. Da quando sono piccolo le chiavi di casa le tengo legate a un moschettone, non mi è mai capitato di perdere nessun tipo di oggetto, cerco di farci attenzione anche quando le nubi si fanno pesanti in testa e i vizi mi corrodono la posizione eretta. Nonostante ne abbia poca, ho un gran rispetto della memoria, ne deriva l’educazione. Eppure se mi guardo intorno e altrove, non ne vedo molta, la devo cercare con la lanterna: sembra sopraffatta da un ideale di progresso che poco mi piace, nascosta da visioni di un futuro che probabilmente non se la merita, un monumento che viene abbattuto per far spazio all’ennesimo outlet, unica vera unità di misura di quella presunta felicità che le persone ricercano nel fine settimana, perché consunte e assorbite da una settimana di tragitti casa-lavoro-casa che però permette loro di esprimersi nell’acquisto dell’ennesimo capo di abbigliamento che tra qualche mese sarà solamente spazio da liberare nell’armadio. Credo nella memoria cerebrale perché nell’epoca delle “memorie digitali”, così effimere come lo sforzo che facciamo per riempirle, ci fa soffermare sulla mancanza anziché sull’abbondanza, e credo che abbiamo bisogno di mancanze per poterci rendere conto di quello che abbiamo, per farlo risplendere, per esaltarlo. La sovrabbondanza di ricordi liquidi agevola un’esercizio presuntuoso di possessione, sappiamo che sono lì, e sappiamo che possiamo accederci quando vogliamo: è proprio questa arroganza che ci limita l’esercizio del pensare, del ricordare. Non riusciamo più ad abbandonarci ai ricordi perché ne abbiamo talmente tanti che ne siamo quasi sommersi. Basterebbe davvero poco per farci ricordare della memoria: una maglietta, ad esempio. Vero Matteo? O un rullino in bianco e nero in autunno.