È Oliviero “Braccio di Ferro” Bosatelli il settimo Re dei Giganti
Con il tempo di 75 ore, 10 minuti e 22 secondi Oliviero Bosatelli vince a mani basse il settimo Tor des Géants. Una fuga iniziata, di fatto, ad Eaux Rousses, dopo aver percorso i primi tratti in compagnia dell’amico Alexander Rabensteiner, che di lui dice: “Non pensavo andasse così forte. Ha un passo regolare, lungo, e soprattutto non molla mai”. Un passo che a Bosatelli, classe 1969, sembrava troppo lento e, complice il ritiro di Gianluca Galeati, lo ha portato in testa, irraggiungibile per tutti, anche per lo specialista delle rimonte Oscar Perez (transitato per secondo a Bosses alle 11.27, cinque ore e trentuno minuti dopo Bosatelli). Battaglia aperta per il terzo posto, con il francese Eric Ressencourt avanti di pochi minuti su Pablo Criado. Dietro di loro una monumentale Lisa Borzani, prima delle donne. Attenzione anche ai tedeschi Jens Lukas e Thomas Bohne, in grande spolvero.
A sorpresa, al Jardin de l’Ange di Courmayeur c’è anche Bruno Brunod, bandiera dei trail che non ha bandiere: “È stato bravissimo”, il suo commento sull’impresa di Bosatelli. Il “Bosa” ha, in effetti, compiuto un mezzo miracolo. Un passato nella corsa e nella maratona, si è “convertito” ai trail solo da un paio di anni, convinto soprattutto dall’amore per le sue montagne del bergamasco: un secondo posto all’Orobie Ultra Trail nel 2015, diventato poi primo quest’anno, a fine luglio; in mezzo, un primo posto anche all’Adamello Ultra Trail del 2015.
L’impresa è ancora più sensazionale quando si confronta il tempo del neofita Bosatelli – alla sua prima partecipazione al Tor des Géants, abituato a distanze di 180 km al massimo – con i tempi delle passate edizioni del Tor: 5° miglior tempo assoluto, dietro a Karrera e Perez nel 2013 e Collé nel 2014 e 2013. Va anche tenuto conto che quest’anno, oltretutto, il tracciato ha subito qualche modifica, allungando di qualche chilometro.
Ad attenderlo al traguardo ci sono una cinquantina tra amici, colleghi e compagni dei suoi due team, arrivati appositamente da Bergamo e che hanno creato il fan club “Braccio di Ferro”, vista la sua somiglianza con il personaggio dei cartoni animati. “Più che braccio di ferro, direi stomaco di ferro: va avanti a pasta asciutta e birra”, dice di lui Giorgio Pesenti, patron del team Valetudo.
E infatti al Rifugio Bertone, a pochi chilometri dall’arrivo, ha fatto una sosta più lunga del previsto: “Ho avuto un calo e mi sono dovuto fermare a mangiare un risotto alla parmigiana e bere una birra”. Bosatelli non ha dormito per niente, ma mantiene ancora una certa lucidità: “Il mio lavoro come vigile del fuoco mi abitua a turni massacranti, e sono comunque una persona molto dinamica. Quando mi siedo o mi sdraio crollo, perché il mio corpo capisce che se mi fermo è perché sono stanco. Adesso mi tiene in piedi l’adrenalina”. Durante il tragitto è sempre stato ugualmente lucido, al punto di essere lui a preoccuparsi per la moglie Nadia e chiederle se avesse dormito e mangiato. Anche sul palco dell’arrivo si invertono i ruoli, con lei: “Come ha vissuto quest’esperienza?”, le chiede scherzosamente.
Ha però qualche sassolino – anche metaforico – da togliersi dalle scarpe: “C’è chi è portato per la matematica, io sono portato per la fatica e l’attività fisica. Questo non vuol dire che chiunque faccia questo tipo di gare sia dopato”, si difende da alcune insinuazioni che ha sentito.
Qual è stato il momento più difficile e quando hai capito di aver vinto? “A Rhêmes ho avuto una piccola crisi, perché ho patito parecchio il caldo e mi ero idratato poco. Quando mi hanno detto che avevo tre ore di vantaggio su Perez a una sessantina di chilometri dal traguardo ho capito che potevo gestirmela con più tranquillità”.
Adesso la moglie e le Alpi Orobiche possono attendere: il suo programma è di fermarsi in Valle d’Aosta e farsi ospitare dai colleghi Vigili del Fuoco, per godersi le montagne della nostra regione senza lo sforzo della gara.